Si sono perse le tracce del decreto ministeriale che dovrebbe individuare i
comuni montani nei quali i terreni agricoli continueranno a non pagare l'Imu. A
poco più di un mese dalla scadenza per il versamento della seconda rata
dell'imposta municipale, quindi, l'incertezza continua a regnare sovrana. E a
rimetterci rischiano di essere ancora una volta i municipi.
L'art. 22, comma 2, del dl 66/2014 ha previsto che, con un decreto del
Viminale, siano individuati i comuni nei quali, a decorrere da corrente anno di
imposta, si applica l'esenzione per i terreni agricoli sulla base della loro
altitudine, diversificando eventualmente i terreni posseduti da coltivatori
diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza
agricola.
Dal provvedimento è atteso un maggior gettito pari a 350 milioni di euro,
che saranno recuperati dalle assegnazioni del fondo di solidarietà a favore dei
comuni esclusi dall'ambito di applicazione dell'esenzione. Ma dopo un passaggio
in Conferenza Stato-città ad agosto, il testo è sparito dalla circolazione.
Poiché il varo non è avvenuto in tempo utile per produrre effetti già in
vista della scadenza del 16 giugno per il versamento della prima rata, l'intera
partita è stata rinviata alla scadenza prevista per il versamento del saldo,
ossia al 16 dicembre. Entro tale data, tutti i contribuenti i cui terreni
saranno ubicati nei comuni non più inclusi nel nuovo elenco (che sostituirà
quello allegato alla circolare del Mef n. 9/1993) dovranno pagare l'intera
imposta dovuta per il 2014.
Ricordiamo che, in base alle regole attuali, in montagna l'Imu non è dovuta
né sui terreni agricoli né su quelli diversi (ad esempio quelli incolti). Per
contro, l'art. 22 sembra nuovamente circoscrivere l'esclusione ai soli terreni
«agricoli».
Il ritardo allarma soprattutto i sindaci, che temono di perdere risorse:
mentre, infatti, i tagli al fondo saranno automatici, le maggiori entrate
tributarie rischiano di essere aleatorie: in effetti, si tratta di portare alla
cassa contribuenti che finora non hanno mai pagato né l'Imu né l'Ici.
Non a caso, l'Anci, già all'indomani della pubblicazione del dl 66, aveva
espresso «forti preoccupazioni per l'ulteriore instabilità che esso induce nel
sistema di determinazione delle risorse comunali». In particolare, sui terreni
agricoli e sulla relativa struttura proprietaria non sono disponibili dati
certi e l'innovazione introdotta dall'art. 22 costituisce un rischio rilevante
per i comuni di minor dimensione demografica e con ampie estensione
territoriali, sui quali una determinazione inesatta delle nuove basi imponibili
può risultare di grande impatto sulle risorse. Per questo, era stato chiesto di
rinviare tutto al 2015. Ma se così fosse, il buco si aprirebbe nei conti dello
Stato.
Fonte: Italia Oggi
Autore: Di Matteo Barbero