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26 novembre 2014

AI COMUNI 30 ANNI PER COPRIRE I BUCHI DA ENTRATE NON INCASSATE

Enti locali. Riscossione, ipotesi consorzio Anci-Equitalia

EQUILIBRI DI BILANCIO Mancati incassi, copertura del fondo crediti più lenta. Rivisto al rialzo il Patto di stabilità ma resta inferiore rispetto a oggi

MILANO. I Comuni avranno fino a 30 anni di tempo per coprire i buchi che si apriranno nel 2015 con la ripulitura dei bilanci dalle entrate non incassate, mentre sulla riscossione prossima ventura si profila un intervento che ritenta la strada del consorzio fra Equitalia e Anci. In fatto di mancati incassi diventa più lenta anche la copertura per il nuovo «fondo crediti», mentre si rivede al rialzo il Patto di stabilità che rimane comunque assai più generoso rispetto a oggi.

Il primo pacchetto di emendamenti del Governo al capitolo enti locali della legge di Stabilità 2015 conferma le anticipazioni della vigilia: fino a sera, poi, si è lavorato all'emendamento per dare la possibilità per i sindaci di non concentrare sulla spesa corrente tutti i tagli chiesti dalla nuova spending review (1,2 miliardi, più 300 milioni ereditati da manovre precedenti), rivolgendosi quindi anche agli investimenti. Gli effetti di quest'ultima norma, che l'associazione dei costruttori definisce «un brusco passo indietro perché senza gli investimenti il Paese muore», potrebbero però essere attenuati da altri due correttivi: i 125 milioni statali per pagare gli interessi su nuovi mutui dei Comuni, e la possibilità di stipulare finanziamenti fino a quando gli interessi non raggiungono il 10% delle entrate da tributi, tariffe e trasferimenti (oggi il limite è all'8%), mentre si permette anche di rinegoziare (senza però copertura statale) finanziamenti già ristrutturati, entro un orizzonte temporale di 30 anni. Per aiutare le fusioni spunta l'esenzione quinquennale dal Patto di stabilità ai Comuni che si uniscono.

Sempre per aiutare la quadratura dei conti comunali, si allungano al 2015 due norme "temporanee" che permettono di chiedere anticipazioni di tesoreria fino a 5/12 delle entrate accertate nel penultimo anno precedente (il limite ordinario è 3/12) e di utilizzare il 75% degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente. Via libera anche alla copertura statale da settembre delle spese di giustizia (con costi standard).

Sui bilanci, il cuore della manovra è nel dosaggio fra spesa corrente e investimenti. La prima versione puntava tutto sui secondi, tagliando del 70% gli obiettivi del Patto in cambio dell'obbligo per gli enti locali di accantonare nel nuovo «fondo crediti» risorse pari al 50% del tasso di mancate riscossioni degli ultimi cinque anni (per arrivare al 100% in tre anni). Gli emendamenti di ieri riaprono un po' sulla spesa corrente, limano l'obbligo di accantonamento dal 50 al 36% e offrono un maxi-sconto agli enti che già sperimentano la nuova contabilità: nel 2015 avrebbero dovuto congelare il 100% del tasso di mancate riscossioni, mentre con il correttivo si scende al 55%.

La stessa percentuale riguarderà tutti gli enti nel 2016, per crescere e arrivare al 100% solo nel 2020. I mancati accantonamenti hanno però un costo per i saldi di finanza pubblica, e per questa ragione l'obiettivo di Patto chiesto ai Comuni nel 2015 sale un po' rispetto al testo originario: per calcolarlo gli enti dovranno applicare un coefficiente dell'8,6% (invece del 7,71%) alla spesa corrente media 2010/12.
Testata: Il Sole 24 Ore
Autore: Gianni Trovati
 
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