Chi di voi non ha mai pensato di andarsene dall’Italia in cerca di fortuna all’estero? Beh se lo facciamo effettivamente non ci sono particolari problemi dal punto di vista fiscale. Tuttavia, le cose si complicano quando, invece, vogliamo soltanto spostare fittiziamente la nostra residenza in un Paese estero al solo scopo di eludere materia imponibile in Italia.
L’amministrazione finanziaria, infatti, ha sviluppato, soprattutto negli ultimi anni, un attività di controllo, necessaria alla repressione dei trasferimenti fittizi di residenza all’estero. In questi casi l’obiettivo è quello di individuare materia imponibile fraudolentemente sottratta cercando di individuare elementi giuridici che riconducono la residenza del soggetto in Italia. A questo punto, per il soggetto evasore possono scattare anche conseguenze di tipo penale.
Il concetto di residenza – Il concetto di residenza fiscale è molto importante in ambito tributario perché consente di esercitare la potestà impositiva dello Stato nei confronti dei soggetti ivi residenti. Ai sensi dell’art. 2 del TUIR sono “soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte all’anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza. Si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da pubblicare in gazzetta ufficiale”.
Le tre condizioni richiamate dalla norma per il concetto di residenza, ovvero, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, il domicilio o residenza nel territorio dello Stato, sono tra loro ipotesi alternative. Questo significa che è sufficiente il verificarsi anche solo di una di queste condizioni affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente nel territorio dello Stato. Tali condizioni, inoltre, risultano essere ancora più stringenti per i soggetti emigrati in paradisi fiscali. Tali soggetti, infatti, si considerano residenti fiscalmente in Italia, salvo loro prova contraria.
Per quanto riguarda gli enti diversi dalle persone fisiche il concetto di residenza è ricavabile dagli art. 5 e 73 del TUIR. In particolare, per le imposte dirette si considerano residenti in Italia gli enti che hanno la sede legale, amministrativa, o l’oggetto della loro attività nel nostro Paese. Pertanto se uno di questi elementi è in Italia è irrilevante che la società si sia costituita all’estero. Infine, anche per gli enti vi è una presunzione legale di residenza nel territorio dello Stato in capo alle società estere il cui controllo risulti riconducibile, anche indirettamente, a soggetti IRES italiani o amministrate da soggetti residenti.
La World Wide Taxation – La conseguenza dell’essere cittadini residenti fiscalmente in Italia è la soggezione alla cosiddettaWorld Wide Taxation, secondo la quale il cittadino italiano residente è tassato in Italia per i redditi ovunque prodotti, mentre il cittadino estero è tassato in Italia per i redditi ivi prodotti.
Da questo principio possiamo evincere che i soggetti non residenti titolari di redditi imponibili in Italia sono soggetti, ai seguenti obblighi fiscali:
- Presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini IRPEF (modello Unico P.F.) in Italia, a meno che non si rientri in uno dei casi di esonero;
- Se si possiedono immobili si è soggetti al pagamento delle imposte indirette gravanti su di esso, compresa la tassa sui rifiuti solidi urbani;
- In caso di successione, vi è l’obbligo di presentare la relativa dichiarazione.
Le principali contestazioni in caso di trasferimento della residenza all’estero – Una volta chiariti il concetto di residenza e la tassazione dei soggetti non residenti possiamo affrontare le principali contestazioni che l’Amministrazione finanziaria contesta ai soggetti che hanno trasferito all’estero la propria residenza.
Come sappiamo negli ultimi anni le attività di controllo fiscale si sono intensificate e hanno interessato anche i soggetti che hanno cercato fraudolentemente di trasferire all’estero la propria residenza alla ricerca di un risparmio fiscale, altrimenti indebito. Tra i tanti anche molti sportivi e cantanti sono balzati alla cronaca per casi di questo tipo, trovandosi di fronte a dover pagare con sanzioni e interessi tutta la materia imponibile sottratta ad imposizione nel nostro Paese.
Le possibili contestazioni che il Fisco può contestarci in situazioni di questo tipo possono essere così riassunti:
- Omessa presentazione della dichiarazione – viene contestata quando il soggetto viene ritenuto residente in Italia, non avendo percepito redditi nel nostro Stato, non ha presentato alcuna dichiarazione. In questo caso sono previste sanzioni amministrative che vanno dal 120 al 240% dell’imposta evasa, con un minimi di 258 euro.
- Dichiarazione infedele – si verifica se il contribuente, ritenuto residente in Italia, nel nostro Stato ha comunque dichiarato redditi, nonostante la sua posizione di non residente. In questo caso la dichiarazione è infedele in quanto non comprende anche gli altri redditi percepiti all’estero. In questo caso sono previste sanzioni amministrative che vanno dal 100 al 200% dell’imposta evasa.
Conseguenze penali in caso di fittizia residenza estera – Il soggetto a cui viene contestata la fittizia residenza estera può rischiare anche la contestazione di reati penali di tipo tributario. Stiamo parlando dei casi di omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs 74/2000), dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs 74/2000) e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs 74/2000).
- Omessa dichiarazione – questa fattispecie punisce con la reclusione da 1 a 3 anni, chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore a 30.000 € per singolo tributo. Ne deriva che, se un soggetto trasferisce fittiziamente la propria residenza all’estero, omettendo di presentare la propria dichiarazione dei redditi, qualora l’ammontare dell’imposta evasa superi la soglia prevista dall’art. 5 D.Lgs 74/2000, il contribuente andrà incontro, oltre che all’applicazione della sanzione amministrativa, anche al procedimento penale. Naturalmente per calcolare l’imposta effettivamente evasa si dovrà tener conto sia degli elementi attivi non dichiarati da soggetto, ma anche degli elementi di reddito negativi che egli ha sostenuto assieme alle relative imposte pagate all’estero;
- Dichiarazione infedele – questa fattispecie punisce con la reclusione da 1 a 3 anni, chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando congiuntamente: l’imposta evasa è superiore a 50.000 € e l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore del 10% degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque è superiore a 2 milioni di Euro. Se il contribuente risiede fittiziamente all’estero ma, disponendo di redditi prodotti in Italia, ha comunque presentato una dichiarazione, se pur infedele, qualora si verifichino le condizioni appena viste, potrà vedersi contestato, oltre alla sanzione amministrativa, anche questo reato.
- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici – la norma punisce con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni, chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un valore inferiore a quello effettivo, o elementi passivi fittizi, ove congiuntamente: l’imposta evasa è superiore a 30.000 € e l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore del 5% degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque è superiore a 1 milione di Euro. L’elemento qualificante della condotta che segna il discrimine con la dichiarazione infedele, è la fraudolenza. Il delitto in questione, infatti, ricorre quando la dichiarazione inveritiera abbia luogo sulla base di una falsa rappresentazione degli elementi attivi e passivi delle scritture contabili obbligatorie avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento. In pratica, il soggetto dichiarante deve aver operato sulle varie voci contabili in modo da fare apparire corretti gli elementi attivi dichiarati, in realtà di importo inferiore al reale. Nel nostro esame è palese che il trasferimento fittizio di residenza all’estero rappresenti un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento, ma in questo caso il delitto in esame può prefigurarsi solo nel caso in cui il soggetto svolga un’attività economica nel nostro Paese.
- FONTE: FISCOMANIA