In un articolo firmato dagli Avvocati Alessio Foligno e Nicola Ricciardi la questione è approfondita con chiarezza, un testo molto utile per imprese e commercianti che devono pagare questa tassa.
Vari Comuni hanno adottato un proprio regolamento per l’applicazione del “canone patrimoniale concessorio non ricognitorio” ex art. 27 del d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada) che dispone sia stabilita dall’ente proprietario della strada “per l’uso o l’occupazione delle strade e delle loro pertinenze”. In attuazione di tali regolamenti, alcuni Comuni hanno emesso i correlativi avvisi di pagamento, soprattutto nei confronti delle imprese che gestiscono servizi a rete, prevedendo nei propri bilanci le corrispondenti entrate correnti, spesso di entità non esigue. Nel contempo, alcuni enti gestori dei servizi le cui reti interessano le sedi delle strade comunali e le rispettive pertinenze hanno proposto ricorso ai Tribunali Amministrativi Regionali per l’annullamento dei regolamenti in materia.
In quali casi occorre pagare il canone non ricognitorio
Come specifica l’Avvocato Nicola Ricciardi, il canone patrimoniale concessorio non ricognitorio non è alternativo alla TOSAP e al COSAP, e può aggiungersi a questi, secondo le modalità di legge, e qualora il Regolamento sia correttamente adottato anche sotto il profilo dei criteri di applicazione del canone e dei criteri di determinazione delle somme dovute in relazione “alle soggezioni che derivano alla strada”, nonché “al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l’utente ne ricava”.
Il problema ha già formato oggetto di esame da parte del Giudice Amministrativo che lo ha costantemente risolto nel senso della cumulabilità della tassa con il canone concessorio (Cons. St., Sez. V, 26 marzo 2003 n. 1751; Sez. IV 22 aprile 1996 n. 524; TAR Emilia Romagna – Parma – 7 giugno 2001 n. 309; 18 ottobre 1999 n. 651; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 9 gennaio 1995 n. 26; TAR Toscana, Sez. I, 3 maggio 1995 n. 296; Consiglio di Stato 25/2/2013 n. 5).
Tale orientamento si fonda sulla considerazione della diversità di natura dei due istituti. Mentre il canone di concessione trova la sua giustificazione nella necessità per l’ente pubblico proprietario del terreno di trarre un corrispettivo per l’uso esclusivo e per l’occupazione dello spazio, concessi contrattualmente o in base a provvedimento amministrativo a soggetti terzi, la tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche è istituto di diritto tributario, dovuta al Comune quale ente impositore al verificarsi di determinati presupposti, ritenuti dal legislatore indici seppure indiretti di capacità contributiva.
Ne consegue che al canone concessorio non può essere attribuita natura di prestazione patrimoniale imposta, e quindi non ha fondamento la censura di violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost.
La delineata differenziazione sostanziale tra i due istituti si riflette nella diversità della disciplina riguardante la determinazione della misura dell’uno e dell’altro provento. Mentre, a mente dell’art. 38 e seguenti del d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507, disciplinanti la TOSAP, la discrezionalità dei comuni risulta fortemente limitata dalla suddivisione degli stessi in cinque classi per numero di abitanti e dalla fissazione di un minimo e un massimo, oltre che da disposizioni particolari per occupazioni permanenti e temporanee e altre ipotesi particolari (ad es. per gli spazi soprastanti e sottostanti il suolo, ecc.), i principi relativi al canone di concessione dettati dall’art. 27 d.lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada), che riproduce la corrispondente norma del r.d. n. 1740 del 1933 (art.8), assumono tutt’altro tenore, denotando il conferimento di un’ampia area di discrezionalità all’ente concedente. Il comma 8 recita infatti che “Nel determinare la misura della somma (dovuta per l’occupazione) si ha riguardo alle soggezioni che derivano alla strada o autostrada, quando la concessione costituisce l’oggetto principale dell’impresa, al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l’utente ne ricava. “ (Consiglio di Stato sez. V 4/6/2003 n. 3063; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2277).
Anche la Cassazione ha affermato che la Tosap e il canone di concessione possono coesistere, senza dare luogo a duplicazione d’imposta, essendo diversa la natura giuridica (tassa e canone di concessione) e il fondamento da cui traggono origine (fonte legale per la Tosap, atto amministrativo per il canone).
Con la sentenza n. 23244 depositata in data 27/10/2006, la tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche trova la sua ratio nell’utilizzazione che il singolo fa, nel proprio interesse, di un suolo altrimenti destinato all’uso della generalità dei cittadini (Cassazione, sentenza n. 11665 del 9/11/1995), ovverosia nel venire meno, per la collettività e per l’ente che la rappresenta, come conseguenza di detta utilizzazione, della disponibilità di porzioni di suolo altrimenti inglobate nel sistema viario (Cassazione, sentenza n. 4124 del 22/3/2002). La norma, poiché prescinde dalla “natura” dell’occupazione, non fa alcun riferimento agli atti di concessione, i quali, quindi, per il legislatore fiscale, sono del tutto irrilevanti, visto che l’imposizione colpisce anche le occupazioni senza titolo (Cassazione sentenze n. 2890 del 27/2/2002 e n. 255 del 22/2/2002) l’obbligazione tributaria relativa alla richiesta di pagamento della Tosap discende direttamente dalla legge, la quale ne determina rigidamente il contenuto sulla base di criteri oggettivi prestabiliti, senza lasciare alcun margine di discrezionalità all’ente impositore e senza riconnettere alcuna importanza ai motivi che determinano l’occupazione (Cassazione, sentenza n. 6058 del 20/5/1992).
Occorre rammentare che i comuni e le province, in base all’autonomia regolamentare loro attribuita dall’art. 52 del D. Lgs. n. 446 del 1997, possono, a norma dell’art. 63 del medesimo decreto legislativo, escludere l’applicazione, nel proprio territorio, della TOSAP assoggettando le occupazioni di spazi e aree pubbliche al pagamento del COSAP da parte del “titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa”.
Si deve precisare che l’alternatività tra i due sistemi impositivi è giustificata dal fatto che il COSAP ha natura patrimoniale, poiché “è stato concepito dal legislatore come un “quid” ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo (t.o.s.a.p.) in luogo del quale può essere applicato, e che lo stesso, nel solco di un processo politico-istituzionale inteso a una sempre più vasta defiscalizzazione delle entrate rimesse alla competenza degli enti locali, risulta disegnato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici.” (Corte di Cassazione 19 agosto 2003, n. 12167; si veda anche il Parere del Consiglio di Stato 30 luglio 1998, n. 815).
La sentenza della Corte Costituzionale n. 64 del 14 marzo 2008 ha poi definitivamente sancito definitivamente la natura di entrata patrimoniale del COSAP.
Anche in merito alla compatibilità dell’applicazione del COSAP e del Canone di cui all’art. 27 del C.d.S. vi è la conferma della giurisprudenza. Il Consiglio di Stato sezione V con Sentenza 13 luglio 2007 n.6800 ha stabilito che “E’ agevole notare infatti che mentre per il COSAP, l’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 impone la determinazione del canone ponendo l’accento su criteri legati alla utilizzazione in via esclusiva dell’area pubblica da parte del concessionario, con sottrazione del bene alla collettività, sicché assumono rilievo l’ampiezza, la modalità e il valore economico dell’occupazione, anche in funzione della classificazione delle strade, il canone ex art. 27 del c.d.s. prescrive criteri che fanno riferimento a parametri di altra natura, quali le soggezioni che derivano dalla collocazione dell’impianto, il suo valore economico, il vantaggio che l’utente ne ritrae.
La Circolare MEF n.1 del 20 gennaio 2009 è intervenuta chiarendo, stante la compatibilità, i corretti parametri di applicazione tra le imposizioni determinanti l’occupazione del sottosuolo e il Canone ex art. 27 del Codice della Strada. Il secondo periodo del comma 3 dell’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997, prevede per la TOSAP e il COSAP che per le occupazioni del territorio comunale il canone sia commisurato forfettariamente in relazione al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle specifiche classi di comuni in relazione al numero degli abitanti. Inoltre, la stessa norma dispone che dalla misura complessiva del canone ovvero della tassa “va detratto l’importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi”.
Tale norma risponde all’esigenza di evitare una duplicazione di oneri connessi alla stessa occupazione.
Tra detti oneri, specifica la richiamata circolare: “deve essere sicuramente annoverato il canone previsto dai commi 7 e 8, dell’art. 27 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, recante le disposizioni sul codice della strada, che disciplinano le formalità per ottenere il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni richieste per le occupazioni che interessano strade non statali, prevedendo il pagamento di una somma che, come affermato da costante giurisprudenza (Cfr. ex multis: Corte di Cassazione, sez.V, sentenze 27 ottobre 2006, n. 23244 e 31 luglio 2007, n. 16914), deve essere corrisposta anche nel caso in cui per la stessa occupazione viene pagata la TOSAP o il COSAP.
Pertanto, la lettura coordinata delle norme innanzi richiamate comporta che, ferma restando la debenza del canone del codice della strada per l’intero ammontare, è solo dall’importo dovuto a titolo di TOSAP (ovvero di COSAP) che va detratto quello del canone del codice della strada.
A titolo meramente esemplificativo si può ipotizzare il caso in cui:
− l’importo della TOSAP è pari a € 2000;
− la somma dovuta a titolo di canone del codice della strada è pari a € 2300;
il contribuente è tenuto al pagamento di € 2300 per il canone del codice della strada, mentre nulla deve versare a titolo di TOSAP, poiché la differenza tra gli importi dovuti per la TOSAP e per il canone del codice della strada (€ 2000 – € 2300) è pari a – € 300 e non dà quindi luogo a nessun debito o credito di imposta.
Viceversa se:
− l’importo della TOSAP è pari a € 1500;
− la somma dovuta a titolo di canone del codice della strada è pari a € 1300;
l’interessato è tenuto al pagamento di:
− € 1300 a titolo di canone del codice della strada;
− € 200 per la TOSAP, poiché la differenza tra gli importi dovuti a titolo di TOSAP e quelli dovuti per il canone del codice della strada (€ 1500 – € 1300) è pari a € 200.
Si deve ricordare, altresì, che in base alla disposizione dell’art. 17, comma 63, della legge n. 15 maggio 1997, n. 127, il consiglio comunale può stabilire agevolazioni, fino alla totale esenzione, della TOSAP per le occupazioni gravate da canoni concessori non ricognitori.
Si deve, inoltre, precisare che alla TOSAP si aggiunge l’eventuale contributo una tantum per le spese di costruzione delle gallerie di cui all’art. 47, comma 4, del D.Lgs. n. 507 del 1993, richiamato espressamente anche ai fini COSAP dall’art. 93 del D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259 per le occupazioni realizzate dagli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica”.
In merito ai criteri di determinazione dei valori va detto che mentre nella TOSAP e nel COSAP la discrezionalità dei comuni risulta fortemente limitata dalla suddivisione degli stessi in cinque classi per numero di abitanti e dalla fissazione di un minimo e un massimo, i principi relativi al canone di concessione dettati dall’art. 27, comma 8, del D.lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada)assegnano all’ente concedente un’ampia area di discrezionalità.
Al riguardo preme citare la recentissima TAR Lombardia, Sez. Brescia, 21/3/2014 n. 156 relativa ai criteri per istituire il canone previsto dal Codice della Strada (ex art. 27 del Dlgs. 30 aprile 1992 n. 285, per l’uso o l’occupazione delle strade comunali in particolare per la posa delle reti per servizi pubblici.
“L’imposizione di prestazioni patrimoniali sui servizi a rete non deve trasformarsi in un dazio che ostacola e rende più onerosa la circolazione delle merci… Per evitare la qualificazione come tributo ambientale, il canone deve essere riferito a un uso particolare di uno specifico bene pubblico.
Occorre inoltre che tale uso non sia già remunerato mediante altre prestazioni patrimoniali, perché se il canone costituisse mera duplicazione di queste ultime non potrebbe che essere considerato, per residualità, come tributo ambientale. Se l’atto di concessione del servizio prevede il pagamento di un canone, come nel caso della distribuzione del gas, il canone per l’uso o l’occupazione delle strade comunali può essere considerato assorbito solo se sia stato preso in considerazione come voce a sé dell’offerta (sotto forma di somma in aumento nella parte economica dell’offerta, o come equivalente monetario di prestazioni accessorie di manutenzione della rete stradale descritte nell’offerta tecnica). Diversamente, vi sono ancora margini per esigere un corrispettivo per l’uso particolare delle strade comunali; occorre però differenziare il canone dalla TOSAP/COSAP, che ha come presupposto l’occupazione di spazi pubblici. Non è sufficiente il fatto che la TOSAP/COSAP sia parametrata sul numero di utenze (v. art. 63 c. 2-f del Dlgs. 15 dicembre 1997 n. 446), né la mera sottrazione della TOSAP/COSAP al canone, ma è necessario individuare per quest’ultimo un’autonoma “base imponibile”.
I criteri per questa operazione sono contenuti nell’art. 27 c. 8 del codice della strada, la cui attuazione, mancando le direttive nazionali ex 67 c. 5 del DPR 495/1992, è rimessa all’iniziativa dei singoli enti proprietari delle strade. I criteri sono le soggezioni che derivano alla strada, il valore economico risultante dal provvedimento che autorizza l’occupazione, e il vantaggio che l’utente ne ricava. In sostanza sembra necessario individuare una quota del costo di manutenzione delle strade che possa essere riferita all’esclusivo vantaggio dei gestori dei servizi a rete e una quota dell’utile di questi ultimi (per l’attività di distribuzione svolta sul territorio comunale) che possa essere destinata a remunerare l’uso particolare delle strade, tenendo conto del risparmio conseguito rispetto alla collocazione delle reti al di fuori del tracciato stradale”.
Fonte: Giustizia Tributaria