La franchigia, in alternativa, scatta con valori dell'Isee inferiori ai 15mila euro
IL ROMPICAPO. Nei Comuni in cui si paga la Tasi non solo sull'abitazione principale ma anche sugli altri immobili l'applicazione diventa molto complessa
La possibilità per i Comuni di disporre l'assimilazione all'abitazione principale delle abitazioni date in comodato a parenti, è stata introdotta nell'Imu col Dl 102/2013, seppur limitatamente al secondo semestre del 2013.
Le novità del 2014:
Le regole fissate per l'anno scorso sono state riscritte dalla legge di stabilità per il 2014. In particolare, il comma 707 prevede ora che il Comune può assimilare all'abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado, che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di 500 euro, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con Isee non superiore a 15mila euro annui.
In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare.
L'abitazione in comodato deve essere utilizzata come abitazione principale, quindi con residenza anagrafica e dimora, da un parente in linea retta entro il primo grado, ovvero il comodato deve essere tra padre e figlio. Se il soggetto passivo dà due abitazioni in comodato, l'assimilazione opera solo per una.
L'intreccio normativo
Il nuovo sistema delineato dal legislatore risulta alquanto tortuoso, soprattutto a seguito dell'inevitabile intreccio che si è venuto a creare tra Tasi ed Imu.
La prima possibilità è quella di assimilare l'abitazione in comodato limitatamente al valore di rendita catastale non eccedente 500 euro. Questo vuol dire che se l'abitazione data in comodato ha una rendita catastale di 700 euro, la medesima abitazione sarà, fino a 500 euro esclusa dall'Imu, mentre i 200 euro di rendita eccedente la franchigia saranno da assoggettare ad Imu, ma con l'aliquota ordinaria e non quella prevista per l'abitazione principale o quella prevista per le abitazioni a disposizione. Sono queste le prime indicazioni fornite dall'Economia nelle Faq pubblicate il 4 giugno.
Se il Comune ha deliberato di applicare la Tasi solo sull'abitazione principale, allora la medesima abitazione sarà soggetta al nuovo tributo limitatamente alla quota di valore corrispondente ai 500 euro di rendita catastale, perché l'assimilazione opera solo per tale porzione di fabbricato. La restante parte non sarà soggetta a Tasi.
Se poi il Comune ha deliberato anche l'applicazione della Tasi sugli altri immobili, l'applicazione normativa assume connotati enigmatici, perché dovranno utilizzarsi per lo stesso immobile due aliquote Tasi, essendo la parte eccedente di 200 euro di rendita soggetta all'aliquota altri immobili.
La situazione è apparentemente più semplice se il Comune decide di scegliere la seconda possibilità di assimilazione, ovvero quella di prevedere che il comodatario, ovvero l'occupante l'abitazione, abbia un Isee non superiore a 15 mila euro, fermo restando che il Comune può solo abbassare il limite Isee, ma non aumentarlo. Ai fini Imu l'abitazione sarà esclusa, anche se con rendita superiore a 500 euro, salvo che non si tratti di abitazione di lusso. Infatti, mentre il Dl n. 102/2013 escludeva la possibilità di assimilare le abitazioni di lusso date in comodato, la nuova disposizione non riporta tale prescrizione, cosicchè sarà possibile concedere in comodato anche un A/8. La conseguenza, ai fini Imu, è che l'abitazione non sarà esclusa ma soggetta, come tutte le altre abitazioni principali di lusso, all'aliquota prevista per le abitazioni principali e spetterà anche la detrazione.
Il rebus Tasi
La Tasi dovrebbe essere dovuta sia dal comodante, che dal comodatario. Tuttavia, nelle Faq ministeriali si sostiene che in tutte le ipotesi di abitazione principale, l'obbligo di versamento Tasi ricada «interamente sul proprietario», soluzione, in realtà, non argomentata e poco aderente al dettato normativo.
Tale conclusione dovrebbe peraltro portare all'assurda conclusione che in tutti i casi di abitazione assimilata, ma comunque usata da terzi, anche se non locata, come quella degli anziani ricoverati in istituto, la Tasi non è mai dovuta dal detentore.
FONTE: IL SOLE 24 ORE, Di Pasquale Mirto