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1 febbraio 2017

RIMBORSI EQUITALIA E QUOTE INESIGIBILI

In alcuni Comuni si sta assistendo ad uno strano fenomeno, stanno pervenendo al protocollo le richieste di rimborso presentate dall’Agente della Riscossione Equitalia. Nello specifico si tratterebbe del rimborso delle spese sostenute per le procedure cautelari ed esecutive indicate dalla tabella ministeriale 21 novembre 2000 adottata in attuazione dell’articolo 17 del D.Lgs. 112/99, il quale disciplina gli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione e ne ordina il sistema dei costi, individuando tre voci di costo:

1.       Il compenso sulle somme riscosse quantificato in una misura percentuale che varia sulla base del momento di riscossione (tre o sei per cento);
2.       le spese correlate all’attivazione di procedure cautelari ed esecutive nella misura attualmente fissata dal dm 21 novembre 2000;
3.       le spese di notifica della cartella e degli altri atti della riscossione che sono a carico del debitore, se paga, mentre sono a carico degli enti impositori se  il ruolo viene annullato per effetto di provvedimento di sgravio o in caso di definitiva inesigibilità.

La richiesta di pagamento relativa alle spese delle misure cautelari ed esecutive della tabella ministeriale, si trovano oggi disciplinate dal comma 3 del citato articolo 17 che è entrato in vigore il 22 ottobre 2015. La vecchia disciplina, applicata per le spese maturate fino a dicembre 2010 imponeva all’ente creditore, previo controllo della congruità della richiesta con i dati in suo possesso, di provvedere, entro il primo semestre di ciascun anno, al versamento al concessionario del rimborso spese relative alle richieste pervenute nell’anno precedente. Nella pratica, i comuni non procedevano al pagamento delle spese adducendo esigenze di accesso alla documentazione relativa alle procedure o comunque scarsa chiarezza delle informazioni. Né l’agente della riscossione poteva trattenere le somme dai riversamenti in quanto la norma non lo consentiva. E’ così che con il DL 98/2011 avviene una drastica rivoluzione, difatti con l’introduzione del comma 6 bis all’articolo 17, si prevede che il rimborso delle spese connesso a provvedimenti di sgravio o inesigibilità maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell’anno successivo sia erogato entro il 30 giugno dello stesso anno. In caso di mancata erogazione, l’agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare. Dunque da quella data in poi l’Agente della riscossione ha la facoltà di recuperare in tempi stretti (massimo un anno) tutto l’ammontare delle somme che il Comune avrebbe dovuto riversare.
Nel 2013, dopo non pochi dibattiti relativi all’applicazione di tale norma, giunsero i primi conti delle procedure notificate, del tutto privi di riferimenti alle cartelle e al codice entrata, e non correlate a una comunicazione di inesigibilità, termine che la norma esplicitamente utilizzava in modo tecnico. Mandando così in confusione l’intero apparato amministrativo del tutto ignaro e poco preparato alla materia. L’Ifel è così intervenuto con una nota del 20 Maggio 2013 nella quale segnalò che le richieste non consentivano di individuare le quote interessate da procedure cautelari e/o esecutive che fossero state qualificate come “inesigibili”, le uniche sulle quali maturava il diritto a trattenere le spese. Fu allora la stessa Equitalia a ribadire con propria nota che la formulazione del comma 6 bis afferisce a un concetto di inesigibilità temporanea e pertanto il rimborso spese è stato svincolato dalla comunicazione di inesigibilità di cui all’articolo 19. La vicenda si concluse con il consolidamento del meccanismo improntato da Equitalia che puntualmente, a marzo, presenta la tabella delle spese dell’anno precedente ancora carente degli elementi contabili minimi per associare la procedura al tipo di entrata. 
Nel 2015 con l’intervento del D.Lgs. 159/2015 che ha riscritto l’articolo 17, nulla è cambiato. Infatti è lo stesso decreto a rievocare l’applicazione del comma 6 bis in caso di mancata erogazione del rimborso previsto dall’articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come modificato dal presente decreto, resta fermo quanto disposto dal comma 6-bis dello stesso articolo 17, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Immutata è rimasta anche la modalità di presentazione del conto da parte di Equitalia: un elenco di procedure senza alcun riferimento né alla cartella né al tipo di entrata, carenza che, ai fini contabili, impedisce la corretta imputazione della spesa. Difatti è solo con una richiesta specifica rivolta via pec, che si ottiene il dettaglio per comprendere il codice entrata e le posizioni a cui afferiscono, cosa strettamente necessaria anche solo per apportare una banale verifica da parte degli uffici finanziari. Sembra dunque sempre più indispensabile una rivisitazione della vicenda, anche alla luce della nuova disciplina sulle inesigibilità riscritta dalla legge 190/2014 che muta completamente il quadro delle tempistiche e dei controlli sulle inesigibilità derivate da ruoli presentati fin dal 1.1.2000. Sostanzialmente, con la nuova disciplina gli enti impositori devono restituire le spese pregresse maturate dal 2000 al 2010 tenuto conto dei tempi di presentazione delle inesigibilità, ad eccezione dei comuni che invece beneficiano della deroga scritta nel comma 685. 
Il secondo capoverso fa salve le anticipazioni già ottenute dai comuni che quindi non saranno incluse nell’elenco a rimborso e perciò tanto meno restituite ai comuni riguardo quelle annualità in cui già operava il sopra analizzato comma 6 bis.

La Corte dei Conti della Regione Calabria allo scopo di verificare se Equitalia sud spa,  nella veste di Agente della riscossione delle entrate per conto di un Comune, sia incorsa per propria colpa in ipotesi che abbiano determinato una perdita del credito in capo all’Ente impositore, ha proceduto ad una disamina della normativa che disciplina gli obblighi dell’Agente stesso: in  particolare,  il richiamo all’art. 1, comma 163, della Legge n. 196/2006 il quale stabilisce che “nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali, il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto esecutivo”. La natura di titolo esecutivo, quale atto proprio del concessionario della riscossione, è insita sia nella cartella esattoriale, sia nella ingiunzione ex R.D. n.629/1910 ed il concessionario deve rispondere di eventuali ritardi o negligenze nell’espletamento dell’incarico.
E’ così che trova, quindi, applicazione la norma che non riconosce il diritto al discarico delle somme affidate nei casi in cui:

- sia decorso il termine di decadenza di cinque anni per l’esercizio dell’attività di accertamento da parte dell’ente impositore;
- gli importi per i quali il concessionario non abbia notificato il titolo esecutivo entro tre anni dalla data in cui l’accertamento sia divenuto esecutivo;
- gli importi per i quali sia decorso oltre un anno dalla notificazione della cartella senza che sia iniziata la espropriazione forzata dei beni del debitore  (tenendo presente che il fermo ed il preavviso di fermo amministrativo non sono ritenuti equivalenti all’espropriazione forzata, a mente della Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 128 del 24 aprile 2002).

Preso atto che le tre fattispecie indicate sopra, secondo quanto stabilito dall’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 112/1999, costituiscono causa di perdita del diritto al discarico, norma che deve ritenersi applicabile agli enti locali che abbiano affidato all’esterno il servizio di riscossione delle entrate, la Corte dei Conti, con la sentenza n. 348/2016, depositata il 23 dicembre 2016, ha rilevato, sulla base della documentazione esibita, la esistenza di un certo numero di partite per le quali l’Agente della Riscossione non ha posto in essere nei termini di legge le procedure necessarie, provocando un danno economico nei confronti dell’Ente. Pertanto, il Collegio ha condannato la società concessionaria a rifondere il danno stesso, con gli interessi legali maturati, oltre la restituzione degli aggi eventualmente trattenuti e la condanna alle spese di giudizio.
 
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