In alcuni Comuni si sta assistendo ad uno strano fenomeno,
stanno pervenendo al protocollo le richieste di rimborso presentate dall’Agente della Riscossione Equitalia. Nello
specifico si tratterebbe del rimborso delle spese sostenute per le procedure
cautelari ed esecutive indicate dalla tabella ministeriale 21 novembre 2000
adottata in attuazione dell’articolo 17 del D.Lgs. 112/99, il quale disciplina
gli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione e ne ordina
il sistema dei costi, individuando tre voci di costo:
1. Il
compenso sulle somme riscosse quantificato in una misura percentuale che varia
sulla base del momento di riscossione (tre o sei per cento);
2. le
spese correlate all’attivazione di procedure cautelari ed esecutive nella
misura attualmente fissata dal dm 21 novembre 2000;
3. le
spese di notifica della cartella e degli altri atti della riscossione che sono
a carico del debitore, se paga, mentre sono a carico degli enti impositori
se il ruolo viene annullato per effetto
di provvedimento di sgravio o in caso di definitiva inesigibilità.
La richiesta di pagamento relativa alle spese delle misure
cautelari ed esecutive della tabella ministeriale, si trovano oggi disciplinate
dal comma 3 del citato articolo 17 che è entrato in vigore il 22 ottobre 2015. La
vecchia disciplina, applicata per le spese maturate fino a dicembre 2010
imponeva all’ente creditore, previo controllo della congruità della richiesta
con i dati in suo possesso, di provvedere, entro il primo semestre di ciascun
anno, al versamento al concessionario del rimborso spese relative alle
richieste pervenute nell’anno precedente. Nella pratica, i comuni non
procedevano al pagamento delle spese adducendo esigenze di accesso alla
documentazione relativa alle procedure o comunque scarsa chiarezza delle
informazioni. Né l’agente della riscossione poteva trattenere le somme dai
riversamenti in quanto la norma non lo consentiva. E’ così che con il DL
98/2011 avviene una drastica rivoluzione, difatti con l’introduzione del comma
6 bis all’articolo 17, si prevede che il rimborso delle spese connesso a
provvedimenti di sgravio o inesigibilità maturate nel corso di ciascun anno
solare e richiesto entro il 30 marzo dell’anno successivo sia erogato entro il
30 giugno dello stesso anno. In caso di
mancata erogazione, l’agente della riscossione è autorizzato a compensare il
relativo importo con le somme da riversare. Dunque da quella data in
poi l’Agente della riscossione ha la facoltà di recuperare in tempi stretti
(massimo un anno) tutto l’ammontare delle somme che il Comune avrebbe dovuto
riversare.
Nel 2013, dopo non pochi dibattiti relativi all’applicazione
di tale norma, giunsero i primi conti delle procedure notificate, del tutto
privi di riferimenti alle cartelle e al codice entrata, e non correlate a una
comunicazione di inesigibilità, termine che la norma esplicitamente utilizzava
in modo tecnico. Mandando così in confusione l’intero apparato amministrativo
del tutto ignaro e poco preparato alla materia. L’Ifel è così intervenuto con
una nota del 20 Maggio 2013 nella quale segnalò che le richieste non consentivano di individuare le quote
interessate da procedure cautelari e/o esecutive che fossero state
qualificate come “inesigibili”, le
uniche sulle quali maturava il diritto a trattenere le spese. Fu allora la
stessa Equitalia a ribadire con propria nota che la formulazione del comma 6
bis afferisce a un concetto di
inesigibilità temporanea e pertanto il rimborso spese è stato svincolato dalla
comunicazione di inesigibilità di cui all’articolo 19. La vicenda si
concluse con il consolidamento del meccanismo improntato da Equitalia che
puntualmente, a marzo, presenta la tabella delle spese dell’anno precedente
ancora carente degli elementi contabili minimi per associare la procedura al
tipo di entrata.
Nel 2015 con l’intervento del D.Lgs. 159/2015 che ha riscritto l’articolo 17,
nulla è cambiato. Infatti è lo stesso decreto a rievocare l’applicazione del
comma 6 bis in caso di mancata erogazione del rimborso previsto dall’articolo
17, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come modificato
dal presente decreto, resta fermo quanto disposto dal comma 6-bis dello stesso
articolo 17, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Immutata
è rimasta anche la modalità di presentazione del conto da parte di Equitalia:
un elenco di procedure senza alcun riferimento né alla cartella né al tipo di
entrata, carenza che, ai fini contabili, impedisce la corretta imputazione
della spesa. Difatti è solo con una richiesta specifica rivolta via pec, che si
ottiene il dettaglio per comprendere il codice entrata e le posizioni a cui
afferiscono, cosa strettamente necessaria anche solo per apportare una banale
verifica da parte degli uffici finanziari. Sembra dunque sempre più
indispensabile una rivisitazione della vicenda, anche alla luce della nuova
disciplina sulle inesigibilità riscritta dalla legge 190/2014 che muta
completamente il quadro delle tempistiche e dei controlli sulle inesigibilità
derivate da ruoli presentati fin dal 1.1.2000. Sostanzialmente, con la nuova
disciplina gli enti impositori devono restituire le spese pregresse maturate dal 2000 al 2010 tenuto conto
dei tempi di presentazione delle inesigibilità, ad eccezione dei comuni che
invece beneficiano della deroga scritta nel comma 685.
Il secondo capoverso fa salve le anticipazioni già ottenute dai comuni che
quindi non saranno incluse nell’elenco a rimborso e perciò tanto meno
restituite ai comuni riguardo quelle annualità in cui già operava il sopra
analizzato comma 6 bis.
La Corte dei Conti della Regione Calabria allo scopo di
verificare se Equitalia sud spa, nella
veste di Agente della riscossione delle entrate per conto di un Comune, sia
incorsa per propria colpa in ipotesi che abbiano determinato una perdita del
credito in capo all’Ente impositore, ha proceduto ad una disamina della
normativa che disciplina gli obblighi dell’Agente stesso: in particolare,
il richiamo all’art. 1, comma 163, della Legge n. 196/2006 il quale
stabilisce che “nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali, il relativo
titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza,
entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è
divenuto esecutivo”. La natura di titolo esecutivo, quale atto proprio del concessionario della
riscossione, è insita sia nella cartella esattoriale, sia nella ingiunzione ex
R.D. n.629/1910 ed il concessionario deve
rispondere di eventuali ritardi o negligenze nell’espletamento dell’incarico.
E’ così che trova, quindi, applicazione la norma che non riconosce il
diritto al discarico delle somme affidate nei casi in cui:
- sia decorso il termine di decadenza di cinque anni per
l’esercizio dell’attività di accertamento da parte dell’ente impositore;
- gli importi per i quali il concessionario non abbia notificato
il titolo esecutivo entro tre anni dalla data in cui l’accertamento sia
divenuto esecutivo;
- gli importi per i quali sia decorso oltre un anno dalla
notificazione della cartella senza che sia iniziata la espropriazione forzata
dei beni del debitore (tenendo presente
che il fermo ed il preavviso di fermo amministrativo non sono ritenuti
equivalenti all’espropriazione forzata, a mente della Risoluzione dell’Agenzia
delle Entrate n. 128 del 24 aprile 2002).
Preso atto che le tre fattispecie indicate sopra, secondo
quanto stabilito dall’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 112/1999, costituiscono
causa di perdita del diritto al discarico, norma che deve ritenersi applicabile
agli enti locali che abbiano affidato all’esterno il servizio di riscossione
delle entrate, la Corte dei Conti, con la sentenza n. 348/2016, depositata il
23 dicembre 2016, ha rilevato, sulla base della documentazione esibita, la
esistenza di un certo numero di partite per le quali l’Agente della Riscossione
non ha posto in essere nei termini di legge le procedure necessarie, provocando
un danno economico nei confronti dell’Ente. Pertanto, il Collegio ha condannato
la società concessionaria a rifondere il danno stesso, con gli interessi legali
maturati, oltre la restituzione degli aggi eventualmente trattenuti e la
condanna alle spese di giudizio.