Importante adempimento degli Uffici finanziari è senza alcun dubbio la redazione del piano economico finanziario, il quale si qualifica, da un lato, come strumento di valutazione economica, attraverso la comparazione tra costi e ricavi attesi dalla realizzazione del progetto, stabilendo se lo stesso è o non è conveniente, dall'altro come elemento di valutazione finanziaria, con riguardo alla capacità del progetto di servire il suo debito. Il modello deve verificare la convenienza a realizzare il progetto, attraverso l'esame della previsione iniziale dei costi e ricavi attesi, nonché la sussistenza di margini ulteriori, se si considerano anche gli oneri relativi all'indebitamento dell'impresa. L'analisi economica è diretta a valutare la redditività della gestione caratteristica dell'investimento.
Dunque il piano
non può tradursi in una mera tabella riassuntiva dei costi del servizio,
distinti in fissi e variabili. Tanto quanto non è sufficiente che gli elementi
richiesti dalla legge, siano indicati in una relazione allegata alla delibera
comunale.
E’ esattamente questo l’orientamento che i giudici del Tar
di Latina con sentenza n. 1 del 04/01/2017 prediligono, i quali rilevano che
l’art. 8 del Dpr. n. 158/99, prescrive al comma 2 che il “Piano finanziario”
debba comprendere: il Programma degli interventi necessari, il Piano
finanziario degli investimenti, la specifica dei beni, delle strutture e dei
servizi disponibili, nonché il ricorso eventuale all’utilizzo di beni e
strutture di terzi, o all’affidamento di servizi a terzi, le risorse
finanziarie necessarie, relativamente alla fase transitoria, il grado attuale
di copertura dei costi afferenti alla tariffa rispetto alla preesistente tassa
sui rifiuti. Inoltre, al comma 3 si aggiunge che al Piano debba essere allegata
una Relazione, nella quale siano indicati: il Modello gestionale ed
organizzativo; i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere
commisurata la tariffa; la ricognizione degli impianti esistenti; con
riferimento al Piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che
si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni.
Nella fattispecie in esame, i ricorrenti denunciano che il
Piano non contiene le indicazioni prescritte al comma 2 e che manca del tutto
la Relazione richiesta dal comma 3, e per i giudici contestualmente il piano
approvato dall’amministrazione comunale non è un documento di tipo pianificatorio,
come dovrebbe, ma una semplice tabella riassuntiva dei costi del servizio, distinti
in costi fissi e costi variabili, e con finale indicazione dell'incidenza
percentuale di questi ultimi sul costo complessivo. Nella Tabella non v’è
traccia di alcuno dei contenuti che l’art. 8 citato richiede per il Piano e la
Relazione. Ovviamente il problema principale non è l’assenza della relazione,
quanto quella dei contenuti essenziali del piano. Difatti, si può senz’altro
ammettere che la Relazione formalmente manchi qualora i suoi contenuti siano
rinvenibili nel Piano. Il problema reale è dunque che, per quanto il Piano e la
relazione possano essere sintetici, essi devono contenere le informazioni che,
in base all’art. 8, devono essere rinvenibili nel combinato del Piano e della relazione
approvati. Nella fattispecie del ricorso in esame, questi contenuti sono
assenti ed il Comune non può invocare la circostanza che essi sono rinvenibili
nella relazione richiamata nelle premesse della Delibera, questo perché tale relazione
non fa parte del Piano approvato, ne costituisce quindi un semplice atto
istruttorio.
Pertanto il solo richiamo nelle premesse della Delibera, delle
condizioni stabilite dall’articolo 8, comma 2 del D.P.R. 158/1999 non è
condizione sufficiente ai fini del rispetto della normativa e rende la Delibera
stessa illegittima. Vanificando pertanto tutto il lavoro eseguito e tutti gli
atti successivi a questa prodotti.