Ci eravamo già occupati del canone concessorio patrimoniale
non ricognitorio. Vogliamo prima ricordare che per canone concessorio
patrimoniale non ricognitorio si intende un corrispettivo dovuto all’amministrazione
come controprestazione per l’uso del suolo pubblico, ed è differente da quello
definito ricognitorio, determinato senza tener conto dei parametri del
beneficio economico relativi all’occupazione del suolo. Il Consiglio di Stato,
con un recente parere del 2017, si è espresso nuovamente sul tema controverso,
ma in questo caso, i Giudici di Palazzo Spada hanno fornito un orientamento
totalmente contrario a quello espresso dagli stessi Giudici nel maggio scorso,
sul quale avevamo prontamente redatto l’articolo CANONE NON RICOGNITORIO: IL CONSIGLIO DI STATO INVERTE L'ORIENTAMENTO
Il parere in oggetto riguarda il ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica presentato da una società soggetta al canone
concessorio per richiedere l'annullamento del regolamento comunale per
l'applicazione del canone concessorio patrimoniale non ricognitorio.
La ricorrente, lamentava, tra i motivi di ricorso, la
violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 25 e 27
del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), che si occupano
della costruzione e della tutela stradale. In particolare, la società ritiene
illegittima la scelta del Comune di disciplinare il canone non ricognitorio
previsto dall'art. 27 del Codice della strada con lo strumento regolamentare,
avente per sua natura, applicazione indifferenziata su tutte le fattispecie,
atteso che la norma citata presuppone l'avvenuta formalizzazione di un rapporto
concessorio e, pertanto, l'emanazione, previa idonea istruttoria, di specifici
provvedimenti amministrativi puntualmente motivati sotto il profilo del
rispetto dei criteri normativi indicati al comma 8, e, quindi, dell'adeguata
proporzionalità tra il quantum previsto per l'occupazione e le caratteristiche
della stessa. Il regolamento sarebbe, inoltre, illegittimo, secondo tale società, in quanto assoggetterebbe al pagamento del canone tutte le
occupazioni permanenti del demanio e del patrimonio stradale del Comune, anche
quelle realizzate al di fuori della sede stradale, in spregio degli artt. 25 e
ss. del Codice della strada che, invece, limitano la debenza del canone alle
sole occupazioni relative alla sede stradale e alle sue pertinenze. Secondo la
ricorrente il canone non potrebbe, tra l'altro, essere richiesto non essendo
ancora stato adottato il decreto del Ministro dei lavori pubblici, previsto
dall'art 67, comma 5 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (recante il
regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della strada) per la
determinazione degli importi massimi per le occupazioni delle strade di
competenza statale poste in essere dai soggetti affidatari di un pubblico
servizio. Altresi', il canone in oggetto è contestato poichè, secondo il
ricorrente, si configura una doppia imposizione in capo al soggetto al quale è
richiesto anche il pagamento della TOSAP e del COSAP. Nel merito, i Giudici di
Palazzo Spada ritengono infondato il ricorso per i motivi che seguono:
1) sulla potestà regolamentare: è confermato il potere degli Enti di regolamentare
siffatta materia tramite lo strumento del regolamento ai sensi dell'art. 52 del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, al comma 1. Sottolineando altresì che, l'art.
27 del Codice della Strada statuisce di indicare, nei provvedimenti di
concessione o di autorizzazione, la somma dovuta all'ente proprietario delle strade ma certamente non vieta al
medesimo ente di stabilire con atto generale, anche a carattere normativo, i
criteri per il computo di detta somma;
2) sulla doppia imposizione: è esclusa la configurabilità della doppia imposizione, che si
ricorda è vietata in materia tributaria, in quanto il canone concessorio non
ricognitorio non può essere annoverato
tra le entrate tributarie. Il Consiglio di Stato, in questo caso, ribadisce
quanto già consolidato con precedente giurisprudenza, ovvero che il presupposto
della TOSAP è diverso, fondandosi sulla manifestazione di capacità contributiva
che deriva dall'attività svolta dal contribuente; diversamente il canone concessorio, si configura come
entrata patrimoniale in quanto presuppone una limitazione all'utilizzo del
suolo pubblico dalla quale l'Ente proprietario deve necessariamente trarre un
corrispettivo. Per quanto riguarda il COSAP, i Giudici di Palazzo Spada
ricordano come anche lo stesso regolamento comunale limita il prelievo sul
soggetto pagatore prevedendo la detrazione di ulteriori canoni versati.
Orbene, il Consiglio di Stato, con parere 1120 del 19/01/2017 invertendo nuovamente la
decisione presa a maggio 2016, ribadisce la
potestà regolamentare in materia, legittimando - ancor di più- la possibilità
dei Comuni che hanno istituito il canone di procedere alla riscossione dello
stesso.
Ci sembra evidenti quindi che la materia e la giurisprudenza
siano ancora in gran fermento e non si possa in alcun modo ritenere la
disciplina definita.