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13 giugno 2016

L'AGGIO ESATTORIALE TORNA A FAR DISCUTERE

Si torna così a discutere di riforme che riguardano l’ordinamento tributario e in particolar modo per ciò che concerne la riscossione dei tributi. Quindi la questione dell’aggio esattoriale torna alla Consulta con due ordinanze della CTP di Milano e Roma.
Per la prima si mantiene il già consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale è illegittimo il compenso di riscossione richiesto nella cartella di pagamento. Detto compenso ai sensi dell'articolo 17 Dlgs 112/99 è pari a una percentuale dell'importo iscritto a ruolo, con Decreto ministeriale fissato nella misura del 4,56%. Originariamente il pagamento dell'importo controverso era richiesto al debitore solo in ipotesi di mancato pagamento della somma dovuta entro i limiti della cartella di pagamento. Con Dlgs 262/06 detto esborso è stato generalizzato essendo dovuto anche se il contribuente provvede al pagamento nei termini. Anche se l'adempimento è tempestivo il compenso è del 4,65 della somma iscritta a ruolo. Se il pagamento avviene oltre il termine il compenso aumenta fino al 9%. Da ciò deriverebbe che a parità di servizio l'importo del compenso relativo differisce a seconda del valore della lite, in contrasto quindi, con l'articolo 3 della Costituzione, per il quale al contrario tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.
La questione di legittimità costituzionale coinvolge l'articolo 17 del decreto legge per violazione dell'articolo 3 della Costituzione, per violazione del principio di eguaglianza del cittadino di fronte alla legge, laddove il compenso viene legato al valore della lite anziché alle prestazioni effettivamente svolte, per violazione dell'articolo 53 in quanto si rivoluzionerebbe il sistema fiscale, essendo di fatto lasciato all'arbitrio delle agenzie con la conseguenza che la previsione dei compensi nella misura del 4,56% non collegata ad alcune capacità contributiva, privando i contribuenti di dosare la propria contribuzione in base al reddito, scegliendo l'intensità delle proprie prestazioni lavorative, sia indiretto determinando una conseguente sfiducia nel sistema fiscale e ostacolando il libero esercizio delle arti e dei mestieri. Pertanto non si potrebbe più parlare della capacità contributiva legata ad ogni singolo contribuente. Verrebbe meno quindi il carattere esclusivo proprio dell’articolo costituzionale che rappresenta inoltre una chiara volontà di protezione del cittadino. Anche l'articolo 97 della Costituzione viene ritenuto violato, perché la frattura con il dettato costituzionale sotto il profilo del buon andamento della Pa si verifica al momento in cui il compenso risulti dovuto in assenza di una qualsiasi attività dell'agente della riscossione. I principi della imparzialità e della trasparenza delle scelte della Pa sono violati difettando la normativa dei criteri di trasparenza e «correlazione con l'attività richiesta e congruità con costi medi di gestione del servizio, corollari necessari del principio citato.
Al contempo anche la Corte di Roma ha sollevato la questione di legittimità dell’aggio portando però differenti risultati. La Corte ha infatti escluso l'incostituzionalità dell'aggio perché la legge riguarda la riscossione e non l'accertamento. Con ordinanza 147/15 la Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione, ma dal testo emerge un giudizio di infondatezza. Non è facile fare previsioni sull'orientamento della Corte, malgrado le affermazioni di principio finora fatte. Salvare l'aggio e riconoscerne la costituzionalità non è cosa facile, malgrado l'espediente dell'inammissibilità.



 
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