Soltanto il mese scorso nel tacito silenzio dei più è stato regolamentato con apposito decreto legislativo il nuovo diritto di accesso agli atti amministrativi, il quale sembra quasi voler dimenticare completamente il più antico diritto alla privacy dei cittadini. E’ così che chiunque sia interessato all'acquisizione di un atto amministrativo potrà farne semplice richiesta senza dover argomentare alcun tipo di motivazione. Viene quindi capovolta l’impostazione dell’accesso civico. Questo nuovo orientamento sembra si basi sulla volontà mista alla necessità di voler adoperare sempre di più in termini di massima trasparenza ogniqualvolta che ci si confronti con la Pubblica Amministrazione.
Assolutamente condivisibile la volontà e la ricerca concreta dunque della trasparenza ma è senza dubbio opportuno notare quanto i cittadini dovranno abituarsi a questo nuovo cambio di rotta. Cambio questo concretamente manifestatosi nel mese di maggio, quindi, quando l’esecutivo ha approvato il cosiddetto FOIA, ossia il Freedom of Information Act (la legge sulla libertà di informazione), che ridisegna il vecchio istituto del diritto di accesso agli atti amministrativi.
Sarà così che chiunque, dal vicino al concorrente di una gara d’appalto o perché no il partecipante ad un concorso, potrà chiedere ed ottenere con estrema facilità e senza alcun tipo di motivazione rilevante dati sensibili, strettamente personali facendo quindi intrusione nell'altrui privacy.
Il tutto è reso ancora più cristallino dalla cancellazione del silenzio-rifiuto. Difatti se la Pubblica Amministrazione non darà risposta al cittadino istante, la richiesta di accesso non potrà considerarsi rifiutata -come del resto era previsto dal vecchio istituto -, al contrario, verrà dunque paragonata al silenzio-assenso e di conseguenza accolta.
Come allora in questo scenario la privacy può scendere in campo?
In realtà quando c’è in gioco la massima trasparenza il concetto stesso di privacy si priva del suo vero e proprio contenuto, la ratio stessa ne perde significato. Questo perché seguendo la logica dell’interesse pubblico che quindi coinvolge gli interessi pubblici della collettività, ogni cittadino è titolare dello stesso diritto e quindi deve poter godere delle medesime possibilità. Quindi dovremmo accettare l’idea che i rapporti con la Pubblica Amministrazione non potranno mai essere affari privati, ma rapporti pubblici, aperti quindi all'esame e al giudizio erga omnes.
Fermo rimane l’apparente tutela riservata al controinteressato, il quale potrà sempre presentare opposizione, resa possibile dal fatto che l’amministrazione è tenuta ad avvisarlo della richiesta di accesso presentata da altri, ma visto che per poter effettuare un bilanciamento di interessi tra i due soggetti (richiedente e titolare dei dati) bisognerebbe conoscerne le motivazioni, cosa impossibile, come previsto dalla norma in esame, la tutela sembra essere un vero e proprio strumento privo di senso concreto.
Gli unici limiti che incontra il nuovo accesso civico, sono quelli di interesse pubblico o privato quando coinvolgono la riservatezza delle persone, la segretezza della corrispondenza o gli interessi economici e commerciali, che sembrano doversi applicare in via del tutto eccezionale. La tutela della riservatezza blocca, infatti, l’accesso civico solo quando ciò risulterà necessario per evitare un danno concreto alla tutela della protezione dei dati personali. Si tratta di concetti molto vaghi, lasciati alla discrezionalità dei singoli funzionari. E questi ultimi non hanno parametri per esercitare la discrezionalità.