Partendo da quanto disposto dalla Ctr Puglia con sentenza
3646/2017, torniamo sul caso analizzato dalla commissione, ovvero, la
legittimità dell’avviso di accertamento per il pagamento della Tarsu notificato
al proprietario di un edificio in costruzione, per il periodo anteriore alla
presentazione del Docfa. Accertato che i lavori erano ancora in corso e non era
avvenuta la variazione di toponomostatica per ultimazione del fabbricato, che
avrebbe coinciso con la dichiarazione Docfa, dobbiamo basarci sulla disciplina.
Il presupposto impositivo che regola la Tarsu è disposto
dall’art. 62 del Dlgs 507/1993, “La tassa
e' dovuta per l'occupazione o la
detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad
esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni
diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui
il servizio e' istituito ed attivato o comunque reso in maniera continuativa
nei modi previsti dagli articoli 58 e 59, fermo restando quanto stabilito dall'art.
59, comma 4”.
La Suprema Corte con sentenza 1963/2018 statuisce che «la
tassa è dovuta indipendentemente dal
fatto che l’utente utilizzi il servizio...
purché il servizio sia istituito e sussista la possibilità della utilizzazione».
Tale orientamento riveste carattere fondamentale per rilevare
la ratio della norma, l’imposta difatti è dovuta ogni qualvolta si instauri l’occupazione
e di conseguenza viene a concretizzarsi il principio della potenzialità del
bene a produrre rifiuti, una sorta di presunzione legale alla produzione di
rifiuti dell’immobile.
Pertanto, l’occupazione
è oggetto di obbligo di denuncia, al
momento del suo inizio (articolo 70 del decreto). La tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali
e aree scoperte.
Bisogna comunque riconoscere che sono ammesse delle deroghe
nelle ipotesi in cui i locali o le aree interessate non possano produrre rifiuti, per loro natura o per il particolare
uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obbiettive condizioni
di non utilizzabilità.
Relativamente al presupposto oggettivo dell’imposta sui rifiuti é
intervenuta in sede interpretativa la Circolare del Ministero delle Finanze 22
giugno 1994, n. 95/E la quale, specificamente in ordine al secondo comma
dell’art. 62 cit. ha precisato quanto segue: “Il comma 2 menziona esplicitamente i casi di esonero o esclusione
dalla tassa per la sussistenza di condizioni obiettive che impediscono la
presunzione di rifiuti riguardanti la natura o l'assetto delle superfici (ad
es. luoghi impraticabili o interclusi o in abbandono, non soggetti a
manutenzione o stabilmente muniti di attrezzature che impediscono la produzione
dei rifiuti), il particolare uso delle superfici (ad es. locali non presidiati o
con presenza sporadica dell'uomo o di produzione a ciclo chiuso, depositi di
materiali in disuso o di uso straordinario, o di cumuli di materiali alla
rinfusa, superfici destinate o attrezzate esclusivamente per attività
competitive o ginniche sempreché secondo la comune esperienza non comportino la
formazione di rifiuti in quantità apprezzabile ecc.) ovvero l'obiettiva
condizione di non utilizzabilità immediata, (ad es. alloggi non allacciati ai
servizi a rete, in analogia a quanto previsto dall'articolo 9, comma 6 del Dl
557/93 convertito dalla legge 133/94 o non arredati ovvero superfici di cui
comunque si dimostri il permanente stato di non utilizzo). Trattandosi di cause
di esclusione dal tributo e non di agevolazioni la mancata indicazione delle predette
circostanze nella denuncia comporta soltanto l'inversione dell'onere della
prova a carico dell'utente, che può produrla anche successivamente con diritto
a sgravio o restituzione del tributo.”.
Dunque, le eventuali situazioni che giustifichino esenzioni
o riduzioni tariffarie devono essere dichiarate dal contribuente nell’ambito
dell’onere informativo, proprio perché le esenzioni non operano automaticamente, ma devono essere di
volta in volta dedotte nella denuncia originaria (o in quella di variazione) ed
accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere
basata su elementi obbiettivi direttamente rilevabili o su idonea
documentazione.
Tornando dunque alla fattispecie in esame la Ctr ha ritenuto
che l’omessa denuncia di variazione non legittimasse l’emanazione
dell’accertamento nei confronti del privato, avendo egli dimostrato in giudizio
che in radice non sussistevano le ragioni di oggettiva utilizzabilità dell’immobile in quanto non ancora
ultimato e, dunque, con evidente impossibilità
di usufruire del servizio di smaltimento rifiuti, con il relativo obbligo
di pagamento della tassa.
Pertanto, nulla rilevava la mancata ultimazione dei lavori
alla potenzialità dell’immobili di produrre rifiuti e dunque non esentava in
alcun modo il contribuente dal pagamento del tributo.