Dal primo Luglio 2016 la Suprema Corte con sentenza n. 13542 statuisce un differente orientamento in materia di immobili posseduti da enti non commerciali e dati in comodato ad altri enti non commerciali, per lo svolgimento di una delle attività descritte nell’articolo 7, comma 1, lettera i del Dlgs 504/1992. La Corte di Cassazione invero in passato si era sempre espressa in maniera negativa sulla fattispecie, negando l’esenzione in caso di mancato utilizzo diretto da parte dell’ente possessore, anche in caso di concessione a terzi in comodato (cfr Cass. n. 22201/2008, n. 3843/2013, n. 8652/2015 e n. 8767/2015).
Per dovere di cronaca, però, dobbiamo ricordare che con la risoluzione n. 4/DF del 4 marzo 2013 il Ministero delle Finanze, aveva optato per un’apertura espansiva, dichiarando che in tutti i casi di immobili posseduti da un ente non commerciale dati in comodato ad altro ente non commerciale potesse operare l'esenzione Imu. Conseguentemente la stessa Cassazione con sentenza n. 25508 del 18 dicembre 2015 inizia a discostarsi dai precedenti giudizi riconoscendo il diritto all'esenzione per un immobile concesso in comodato ad un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell'ente concedente per lo svolgimento di un'attività meritevole prevista dalla norma agevolativa. E’ con tale sentenza che la corte inizia a giustificare questa “rivoluzione” di pensiero effettuando un’analisi giurisprudenziale di legittimità, sostenendo che seppur è vero che la giurisprudenza di legittimità è costante nel richiedere l'utilizzazione diretta del bene da parte del possessore, è altrettanto vero che le fattispecie analizzate in passato dalla Corte hanno riguardato ipotesi di locazione del bene ad altro ente (Cassazione n. 12495/2004, n. 7395/12, n. 14094/2010 ed altre). Si tratta, però, di affermazioni non del tutto fondate, perché esiste giurisprudenza di legittimità che ha negato l'esenzione anche in caso di concessione in comodato. Inoltre con la sentenza in commento la Corte non aderisce integralmente alla tesi ministeriale espressa nella risoluzione n. 4/DF del 2013, in quanto ritiene sussistente il diritto all'esenzione non in tutti i casi di concessione in comodato, ma solo nell'ipotesi di concessione ad altro ente che è incardinato nella stessa struttura organizzativa dell'ente possessore. E’ però con la sentenza n. 13542/2016 che la Cassazione dà continuità alla precedente interpretazione e così la riempie di forza. Individua una sorta di deroga al principio in base al quale l'esenzione opera solo se il fabbricato è utilizzato direttamente dall'ente possessore, riconoscendo il diritto all'esenzione nel caso di utilizzo da parte di un ente che sia strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura dell'ente concedente che è titolare del diritto di proprietà sull'immobile medesimo.
E’ però opportuno e inevitabile rilevare la confusione della Corte, che si trova alla disperata ricerca del particolare, dimenticando così la funzione cardine spettante a se stessa ovvero quella di garantire l'osservanza della legge, la sua interpretazione uniforme e l'unità del diritto in uno Stato nazionale. Basterebbero quindi tutti i precedenti pronunciamenti e le ordinanze che si sono susseguite a chiudere il caso a livello interpretativo, ma Cassazione e Dipartimento delle finanze hanno rimesso in discussione la lettura costituzionale, alimentando così un inevitabile e infinito contenzioso.