Con le sentenze n. 13391 e n. 13392/2016 la Suprema Corte interviene sulle aree fabbricabili in comproprietà tra coltivatori diretti e soggetti che non esercitano l'attività agricola.
Insistendo sull’argomento ha ritenuto che l'agevolazione spetti solo al coltivatore diretto e a condizione che questi ricavi dall'attività agricola la parte prevalente del proprio reddito. Il problema nasce dalla cosiddetta "finizione giuridica" prevista dalla normativa Ici, richiamata anche dalla normativa Imu, in base alla quale non sono considerati fabbricabili, anche se lo sono per lo strumento urbanistico comunale, i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. In tema di aree fabbricabili in comproprietà però la Corte di cassazione si era già espressa in passato con la sentenza n. 15566/2010 nella quale si era ritenuto che l'agevolazione in questione andasse qualificata come agevolazione oggettiva, e come tale da estendere a ciascun contitolare, anche non coltivatore diretto e ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti. Tale principio è stato recepito da altre sentenze successive, come la n. 16639/2011 e anche dal Dipartimento delle finanze, nella circolare n. 3 del 2012. Non solo, non è mancato su tale questione anche l'intervento dell' Anci Emilia Romagna, che in prossimità della scadenza dell'acconto Imu, ha fornito un'interpretazione che sembra ora condivisa dalle sentenze in commento. La questione è infatti rilevante, perchè partendo dalla prima interpretazione, il comproprietario non coltivatore non deve corrispondere alcunché per l'area fabbricabile, essendo qualificabile come terreno agricolo condotto da coltivatore e quindi completamente esente dal 1° gennaio 2016. L'Anci Emilia Romagna ha criticato però, questa tesi ritenendo che l'agevolazione in questione abbia carattere soggettivo, quindi vediamo una rivoluzione di pensiero rispetto alla Cassazione n. 15566/2010, e vada riconosciuta solo al comproprietario coltivatore diretto, essendo peraltro normale in Ici/Imu che lo stesso oggetto imponibile sia attratto ad imposizione in modo diverso, a secondo della destinazione impressa da ciascun comproprietario. Basti pensare all'abitazione posseduta da due fratelli ed utilizzata come abitazione principale solo da uno.
Le sentenze della Cassazione vanno però oltre, riconoscendo, che le agevolazioni spettano solo al coltivatore diretto che ricava dall'attività agricola la maggior parte del proprio reddito. Non sarebbe, quindi, sufficiente il possesso della qualifica di coltivatore diretto e l'iscrizione alla previdenza agricola. Tale conclusione è supportata da un precedente specifico della Corte costituzionale che nello scrutinare la legittimità costituzionale dell'articolo 58 del Dlgs 446/1997, che non riconosceva alcuna agevolazione per il pensionato agricolo, ha ritenuto legittimo non riconoscere l'agevolazione a chi non trae dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito. Principio questo che era stato già recepito anche da Cassazione n. 12565/2010.