Pur a fronte dei chiarimenti forniti dal dipartimento delle Finanze nella risoluzione 1/2016, appare necessario definire in modo chiaro quale sia la natura degli immobili concessi in comodato ai fini della loro qualificazione nell'ambito dell'Imu.
Il dimezzamento della base imponibile non appare infatti coordinabile con la previsione per cui questi immobili potrebbero continuare a essere equiparati all'abitazione principale anche solo sotto il profilo dell'aliquota applicabile nel 2016; fino allo scorso anno, si prevedeva (comma 707 della legge 147/2013) che i Comuni avrebbero potuto considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado ivi residenti e dimoranti, limitando l'agevolazione alla quota di rendita non eccedente il valore di 500 euro o ai casi di nuclei familiari con Isee non superiore a 15mila euro annui.
Come chiarito dalla risoluzione 1/DF/2016, da quest'anno gli immobili concessi in comodato non potranno più essere considerati, sotto il profilo impositivo, come abitazioni principali, ma dovranno essere assoggettati a imposta come «altri fabbricati», in quanto utilizzati da un soggetto diverso dal proprietario; nella risoluzione è infatti correttamente chiarito che gli immobili concessi in comodato godranno del dimezzamento della base imponibile anche ai fini Tasi, ma dovranno comunque essere assoggettati a quest'ultima imposta (ovviamente nei soli Comuni che applicheranno la Tasi sugli altri fabbricati e solo con riferimento alla quota del possessore, se si considera che, dal 2016, il detentore che utilizza l'immobile quale propria abitazione principale è esente da Tasi per la propria quota, con un'agevolazione che si estende anche al comodatario), così confermando indirettamente che l'immobile concesso in comodato non potrà essere equiparato all'abitazione principale, in quanto, in questa ipotesi, dal 2016 avrebbe dovuto essere considerato esente anche da Tasi. Un'ulteriore complicazione in sede di definizione dei presupposti impositivi deriva dalla necessità che i Comuni individuino una specifica aliquota riferibile a questa tipologia di immobili, che non potrà essere rinvenuta nell'aliquota generale prevista per gli altri fabbricati. L'individuazione dell'aliquota applicabile agli immobili concessi in comodato incide infatti sul rimborso che lo Stato dovrà garantire ai Comuni, perché la quantificazione di tale minor gettito sarà necessariamente condizionata dall'aliquota che il Comune individuerà come applicabile. Sotto questo profilo, si deve evidenziare che, senza un'aliquota specifica, lo Stato potrebbe avere interesse a rimborsare agli enti locali soltanto il 50% dell'imposta determinata sull'aliquota di base del 7,6 per mille e non, invece, la quota di imposta effettivamente non versata dal contribuente, nel caso in cui l'aliquota generale prevista dal Comune per gli altri fabbricati sia superiore a quella media fissata per legge. In questo senso, costituisce un pericoloso precedente interpretativo quello dettato dallo stesso dipartimento delle Finanze nella risoluzione 2/2015, in cui, con riferimento ai terreni agricoli divenuti per la prima volta imponibili ai fini Imu nello scorso anno, a fronte della perdita da parte dell'ente locale della qualifica di Comune montano era stato chiarito che – in assenza di una specifica aliquota definita da parte del Comune per questi cespiti – ai terreni agricoli divenuti imponibili si sarebbe in ogni caso resa applicabile l'aliquota di base del 7,6 per mille, non avendo il comune stabilito un'aliquota specifica per i terreni agricoli e non potendo essere applicata l'Imu su questi terreni, sulla base dell'aliquota generale prevista per gli altri fabbricati.
Se si considera che, con l'applicazione di questa interpretazione anche al comodato 2016, lo Stato potrebbe ridurre al 3,8 per mille il rimborso dell'Imu non percepita da parte dei Comuni, anche nel caso in cui gli enti locali, tenendo conto del dimezzamento della base imponibile, abbiano previsto l'applicazione al comodato di una aliquota ordinaria superiore al 7,6 per mille, appare quindi evidente che i Comuni che vorranno applicare agli immobili concessi in comodato un'aliquota Imu superiore a quella di base dovranno provvedere a individuarla in modo specifico; in primo luogo per chiarire ai contribuenti che l'immobile concesso in comodato dovrà essere assoggettato a Imu sulla base di un aliquota ad hoc, diversa da quella applicabile all'abitazione principale, ma soprattutto per garantirsi che la restituzione da parte dello Stato del 50% di propria competenza venga effettuata sulla base dell'aliquota specifica individuata per questa tipologia di immobili e non invece sulla base dell'aliquota ordinaria.