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8 febbraio 2016

PROROGA EQUITALIA: LA STORIA INFINITA


Ennesima proroga rilasciata agli affidamenti di Equitalia al 30 giugno con il Dl 210/2015 per la riscossione dei tributi comunali. Due sono le principali sfere da analizzare.

Occorre innanzitutto stabilire se la riscossione appartenga o meno alla categoria dei servizi «a rilevanza economica» e pertanto richieda la correlazione tra imprese. E’ senza dubbio la motivazione principale che viene utilizzata per riaffermare la gestione a termine di Equitalia, che non è soggetto controllato dai Comuni. Per questa ragione, si propone da anni periodicamente l'intervento di una sorta di consorzio obbligatorio tra Comuni, a cui il servizio andrebbe affidato in house. È tuttavia assai dubbio che la riscossione coattiva possa ritenersi un servizio pienamente contendibile sul mercato. In questo contesto, infatti, il soggetto incaricato esercita potestà pubblicistiche. Si pensi al fermo amministrativo dei veicoli o alla possibilità di disporre un pignoramento presso terzi senza l'intervento del giudice. Tanto dovrebbe bastare per ritenere non contrastante con i principi comunitari un assetto legislativo che disponga l'affidamento della funzione a un soggetto pubblico.
Un tale modello, peraltro, non dovrebbe mai essere obbligatorio per la generalità dei Comuni, dovendosi sempre lasciare aperta la porta alla scelta dell'ente di gestire in proprio la riscossione coattiva, anche avvalendosi del supporto di terzi, questi sì, scelti con gara. In altri termini, l'attuale modello non sembra in irrimediabile conflitto con le regole Ue.

La seconda sfera riguarda gli esuberi che si verificherebbero in Equitalia in caso di abbandono del settore. Qui però assistiamo ad uno slittamento della tecnicità per far posto al tema strettamente politico. E’ necessaria comunque una riforma della riscossione coattiva, la cui indifferibilità va oltre l'individuazione dei soggetti abilitati. È difatti prassi piuttosto diffusa tra i Comuni applicare l'aggio, in analogia alla cartella di pagamento, in sede di formazione dell'ingiunzione. La pretesa è inaccettabile in caso di riscossione diretta da parte dell'ente, poiché non è configurabile la remunerazione di un terzo, che è la funzione dell'aggio. Anche nell'affidamento all'esterno, l'aggio, in quanto commisurato a una percentuale degli importi riscossi, non può ritenersi un mero recupero di spese ma una prestazione patrimoniale imposta. In quanto tale, si legittima solo se previsto per legge, e ciò non accade per l'ingiunzione fiscale.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3413/2012, ha dichiarato l'illegittimità dell'aggio da ingiunzione, poiché la disciplina di quest'ultima sarebbe speciale rispetto a quella del ruolo. Osserva ancora il Consiglio di Stato che il divieto di oneri aggiuntivi a carico del contribuente, previsto nell'articolo 52 del Dlgs 446/1997, in caso di affidamento a terzi del servizio richiede il confronto tra i costi della gestione diretta e quelli della gestione attribuita ad altro soggetto.
 
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