Un aspetto molto dibattuto e mai formalmente chiarito dall’Amministrazione finanziaria attiene all’applicazione del principio del favor rei agli istituti generali previsti dalla disciplina delle sanzioni amministrative tributarie, recati dal D.Lgs. n. 472/1997.
La sentenza n. 384/8/15 della CTP di Bergamo, passata in giudicato per mancata impugnazione, rappresenta un interessante precedente per sostenere l’applicazione trasversale del favor rei a tutte le disposizioni che regolano le sanzioni amministrative tributarie, incluse, quindi, anche le disposizioni generali. Difatti, l’introduzione dell’applicazione della misura sanzionatoria più favorevole alle violazioni di natura tributaria - cd. principio del favor rei - è mutuata dall’analoga disposizione contenuta nel Codice penale. Tuttavia la formulazione dell’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 che recita così “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole [...]”, sembra porre dei limiti all’applicazione del principio unicamente alla determinazione della misura della sanzione, con una portata più limitata rispetto a quanto previsto dalla disciplina penalistica, laddove deve essere applicata qualsiasi norma che introduca un vantaggio di qualsivoglia natura per l’imputato.
Nel caso specifico, un esempio calzante viene riportato in relazione alla recente rimodulazione delle sanzioni previste per infedele dichiarazione, il nuovo minimo edittale del 90% previsto dal riformato art. 1, D.Lgs. n. 471/1997 troverà applicazione anche per le violazioni commesse in data antecedente al 1° gennaio 2016. Al contrario, la nuova sanzione prevista dall’art. 1, comma 3, D.lgs. n. 471/1997, che prevede l’aumento della metà dei minimi edittali per le ipotesi di infedele dichiarazione qualora l’infedeltà derivi dall’utilizzo di documenti per operazioni inesistenti, potrà essere applicata solo per i fatti commessi dal 1° gennaio 2016.
Si pone inoltre un’ulteriore dubbio, ovvero se la medesima disposizione possa avere una portata più ampia di quella che traspare dal dato letterale della stessa, giungendo così ad interessare la successione delle leggi che riguardino anche gli istituti generali recati dal D.Lgs. n. 472/1997.Potremmo controbattere con una risposta del tutto affermativa a codesto quesito andando ad analizzare le pronunce ufficiali dell’Amministrazione finanziaria in tema di ravvedimento operoso. In particolare, dovremmo posare l’attenzione sulla C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E in cui il Ministero delle Finanze ha precisato che: “In relazione al ravvedimento è opportuna un'ulteriore precisazione avuto riguardo alle disposizioni previgenti che ammettevano la regolarizzazione entro termini più ampi rispetto a quelli ora previsti dall'art. 13. Nelle ipotesi in cui il ravvedimento possa essere eseguito, in forza delle disposizioni previgenti, oltre i termini indicati nell'art. 13, il principio del favor rei impone di considerare siffatte previsioni ancora operative”.
Ed ancora l’Agenzia del Territorio, con circolare 27 aprile 2001, n. 4/T, in tema di ravvedimento operoso e in relazione all’innalzamento della misura percentuale necessaria per ravvedere una violazione di una norma tributaria, operata dal D.Lgs. n. 99/2000, ha precisato che:
“Tale modifica, peraltro, a differenza di quella concernente la lettera c) dell'art.13, traducendosi in un trattamento sanzionatorio più sfavorevole per il contribuente […] non può essere applicata retroattivamente, ma soltanto con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dall'11 maggio 2000, data di entrata in vigore del citato D.Lgs. 99/2000”.
Per ciò detto, il favor rei risulterebbe, quindi, applicabile anche ad una delle disposizioni generali regolate dal D.Lgs. n. 472, quella appunto recata dall’art. 13.
Ora, possiamo ipotizzare un’applicazione generalizzata del principio anche agli altri istituti, quali ad esempio quello relativo alla definizione delle sanzioni in misura ridotta recato dagli articoli 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997?Anche per questo interrogatorio possiamo fornire una risposta affermativa, può essere ricavata difatti nella pronuncia della CTP di Bergamo (sentenza n. 384/2015), la quale ha precisato che la limitazione o le modifiche in peius alla misura della definizione agevolata delle sanzioni non possono essere applicate a fatti antecedenti alla data di entrata in vigore della disposizione modificativa, salvo che l’applicazione retroattiva non derivi da un’espressa previsione della legge.
Il caso allo scrutinio dei giudici bergamaschi riguardava un contribuente a cui era stata irrogata la sanzione per indebita compensazione di crediti prevista dall’allora vigente art. 27, comma 18, D.L n. 185/2008 (dal 1° gennaio 2016, art. 13 comma 5, D.Lgs. n. 471/1997), in misura pari al 100% del credito indebitamente compensato. Nella formulazione vigente alla data di commissione della violazione, tale disposizione non prevedeva alcuna limitazione alla possibilità di definizione agevolata della sanzione. Successivamente però, il D.L. n. 78/2009 (art. 10, comma 1, lettera a, n. 8), con decorrenza 1 luglio 2009 integrava la disposizione normativa con la previsione che “Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dall'articolo 16, comma 3 e 17, comma 2 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”. Nonostante la condotta fosse stata posta in essere antecedentemente al 1 luglio 2009, l’Agenzia delle Entrate negava il diritto del contribuente di definire la sanzione con riduzione a 1/3. Il contribuente, dopo aver pagato la sanzione in misura ridotta (1/3 di quella irrogata), proponeva ricorso avverso questa parte dell’atto di recupero credito, evidenziando che il comportamento dell’Ufficio comportava una violazione dell’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997, in quanto l’esclusione della definizione agevolata determinava l’applicazione di una misura sanzionatoria più severa di quanto fosse previsto dal sistema esistente all’epoca dei fatti. Inoltre, si evidenziava che quando il legislatore abbia inteso derogare al principio del favor reilo ha fatto in modo esplicito (come è avvenuto, ad esempio, per la modifica della misura della definizione agevolata delle sanzioni, che in base all’art. 1, comma 20, legge n. 220/2010 ha determinato un innalzamento del versamento necessario per la definizione delle sanzioni da 1/4 a 1/3; in tale ipotesi è stato esplicitamente previsto che la nuova misura trovasse applicazione per gli atti notificati dal 1° febbraio 2011, prevedendo, quindi, un inasprimento della misura della sanzione anche per fatti commessi antecedentemente). Infine, si invocava l’applicazione dell’art. 3, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, dove viene stabilito che “Salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo” ed, inoltre, l’impossibilità di considerare la novella in vigore dal 1° luglio 2009 quale norma di interpretazione autentica, in quanto lo stesso Statuto del contribuente stabilisce che: “l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tale le disposizioni di interpretazione autentica”.
La CTP di Bergamo ha accolto le doglianze del contribuente, evidenziando che nella fattispecie
“deve ritenersi ammessa la definizione agevolata in quanto solamente con l’entrata in vigore del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 tale possibilità è stata esclusa; e non vi è dubbio che tale disposizione avesse una portata innovativa in quanto integrava la fattispecie con un sostanziale inasprimento della sanzione. Né può ritenersi che la citata disposizione avesse efficacia retroattiva in quanto non possedeva affatto il carattere di interpretazione autentica di una precedente disposizione. Pertanto, non potendosi ritenere che nel 2008 fosse presente nel sistema una norma specifica che inibisse la definizione agevolata della sanzione, introdotta specificamente con la citata disposizione del 2009, deve affermarsi il diritto del contribuente alla definizione agevolata della sanzione”.
Dalla lettura della motivazione della sentenza sembra potersi affermare che
il favor rei sia un principio trasversalmente applicabile alle disposizione sanzionatorie tributarie, siano esse disposizioni che regolano le specifiche ipotesi sanzionatorie individuandone la misura, siano disposizioni generali, la cui modifica può comportare in ogni caso una misura della sanzione più aspra di quella prevista al momento in cui è stata commessa la violazione.