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25 luglio 2017

SOCIETA' AGRICOLE COME L'IMPRENDITORE AGRICOLO PROFESSIONALE

Ci troviamo nuovamente ad affrontare la disciplina dell’esenzione Imu sui terreni condotti e/o posseduti da imprenditori agricoli e coltivatori. Analizziamo però l’intera materia partendo da quelli che sono i cardini normativi che hanno dato vita a tutto l’iter legislativo che negli ultimi anni ha contribuito a riempire ed affollare le aule delle Commissioni tributarie.
La legge 5 marzo 2001, n. 57 recante “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2000, sancisce al Capo II la previsione di una delega al Governo finalizzata alla modernizzazione del settore dell’agricoltura, delle foreste, della pesca e dell’acquacoltura. Questo è senza alcun dubbio il punto dal quale partire per un’analisi normativa e strutturale che ci proponiamo di affrontare nelle righe che seguono.
Così sono tre i decreti legislativi che hanno fatto seguito a questa previsione, tutti pubblicati nel Suppl. Ord. n. 149 alla G.U. n. 137 del 15 giugno 2001:
1) Il D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 226: Orientamento e modernizzazione del settore della pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57.
2) Il D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 227: Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57.
3) Il D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228: Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57.
Al D.Lgs. n. 228 del 2001 ha fatto seguito il D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, successivamente modificato dal D. Lgs. 15 giugno 2005, n. 101, il quale ha portato rilevanti novità che noi ricondurremo a quelle che appaiono più significative per la nostra analisi:
a) ha introdotto nel nostro ordinamento la figura dell´ “imprenditore agricolo professionale (IAP)”, che ha sostituito la previgente figura di "imprenditore agricolo a titolo principale", al fine dell´applicazione della normativa relativa al settore agricolo;
b) ha esteso tale qualifica anche alle società, e ha affidato alle Regioni l’accertamento e la certificazione del possesso dei requisiti per accedere alle provvidenze previste dalla normativa statale in materia di agevolazioni fiscali e previdenziali.
E’ inoltre con questa ultima revisione che si conclude la riforma agricola in coerenza con la politica agricola dell’Unione Europea.

Dunque, il decreto legislativo n. 228 del 2001 ridefinisce, all’articolo 1, comma 1, la nozione civilistica di imprenditore agricolo, sostituendo l’articolo 2135 del Codice civile. Secondo il nuovo articolo 2135: "1. E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. 2. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. 3. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonchè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge".

Con la nuova definizione di imprenditore agricolo il legislatore ha, dunque, inteso ricomprendere nell’area dell’impresa agricola ogni attività basata sullo svolgimento di un intero ciclo biologico ovvero di un fase essenziale del ciclo stesso.
Nell’ottica di completamento del processo di modernizzazione del comparto agricolo, si fa strada l’introduzione nel nostro ordinamento della figura, di derivazione comunitaria, dell’“imprenditore agricolo professionale”. L’imprenditore agricolo professionale (IAP) “colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”.

Dunque due sono i requisiti essenziali: 
a) che venga dedicata all’attività agricola almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo; 
b) che si ricavi dalle attività svolte almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro.

Nell’intento di superare le precedenti interpretazioni che limitavano il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo alla sola persona fisica, la legge di orientamento 5 marzo 2001 n. 57 e le disposizioni di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 228/2001, hanno esteso tale riconoscimento anche alle persone giuridiche. L’articolo 1, comma 3 del D. Lgs. n. 99/2004 ha previsto le seguenti condizioni affinchè le società vengano considerate imprenditori agricoli professionali:
a) nel caso di società di persone, qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari);
b) nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale;
c) nel caso di società di capitali, quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

Analizzata tale condizione vediamo come per analogia devono considerarsi parte delle agevolazioni inerenti i fondi coltivati anche tali categorie, a dar forza a tale tesi interviene la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna con la sentenza 1835/1/2017.
Innanzitutto l’articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011 dispone che, ai fini Imu, i soggetti che usufruiscono delle agevolazioni relativamente ai terreni sono anche gli Iap di cui all’articolo 1 del Dlgs 99/2004 iscritti nella previdenza agricola. Tale norma come ampiamente descritto annovera anche le società. La questione sollevata da un Comune emiliano nel ricorso scaturente la sentenza citata, consisteva nel limitare le agevolazioni alle sole persone fisiche, in quanto sono le uniche che possono essere iscritte in una gestione previdenziale.

In effetti relativamente all’Ici era così, in quanto la norma interpretativa contenuta nell’articolo 58 del Dlgs 446/97 limitava le agevolazioni alle persone fisiche iscritte nella previdenza agricola ai fini assicurazione per la invalidità e vecchiaia. Però si deve considerare che la norma sull’Imu richiama l’articolo 1 del Dlgs 99/2004 citato in precedenza, il quale contempla anche le società che possono ottenere la qualifica di Iap qualora l’oggetto sociale come su detto preveda l’esercizio esclusivo delle attività agricole
Secondo la prassi del Mef le società agricole con la qualifica di Iap possono usufruire delle agevolazioni in materia di Imu sui terreni, a condizione che la persona fisica che attribuisce la qualifica alla società sia iscritta nella previdenza agricola. Nello specifico i giudici emiliani hanno confermato l’applicazione dei benefici. Nella sentenza viene anche apprezzata l’ipotesi di incostituzionalità che si verificherebbe in caso di limitazione dei benefici alle sole persone fisiche. Anche la Cassazione con l’ordinanza 375/2017 ha parificato le società in possesso della qualifica di Iap alle persone fisiche. Ovvio è che la sentenza della Commissione assume particolare rilevanza proprio perché dal 2016 i titolari della qualifica di coltivatore diretto o Iap, con iscrizione nella gestione previdenziale, sono esenti da Imu sui terreni coltivati direttamente. 
 
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