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14 giugno 2017

VALORE VENALE E RETROATTIVITA'

La Suprema Corte con ordinanza 13567 del 2017 ha statuito che la delibera con la quale la Giunta comunale, in tema di imposta comunale sugli immobili, determina i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, non si sottrae al principio di irretroattività e non viola i principi dello statuto dei diritti del contribuente.

Brevemente ricordiamo che il D.l. n° 201/2011 convertito dalla Legge n° 214/2011, c.d. Decreto Salva Italia, articolo 13 – Istituzione dell’Imposta Municipale Propria di tipo Sperimentale, ha richiamato, per la definizione di area edificabile, l’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo. n° 504/1992. La norma, integrata dal Decreto Legge n° 223/2006 convertito nella Legge n° 248/2006, art. 36, comma 2, stabilisce che “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. L’articolo 5, comma 5, sempre del D. Lgs. n° 504/1992 istitutivo dell’ICI ed espressamente richiamato dal Decreto “Salva Italia”, definisce che la base imponibile dell’area fabbricabile, alla quale applicare l’aliquota d’imposta, è costituita dal “valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”.

Il valore venale è il valore riferito alla somma dei valori dei componenti del bene, il procedimento di individuazione del valore venale rappresenta un processo di stima ed è limitato alla considerazione di elementi di valutazione oggettivi e stabili.
Il fatto controverso che ha scaturito la sentenza sopra menzionata, nasce dall'accertamento effettuato dall’ente impositore della maggiore annualità Ici dovuta sulle aree fabbricabili il cui valore dichiarato era stato rettificato in forza dei parametri contenuti nella delibera della giunta comunale del 2005 con effetto dal 1° gennaio 2000.

Invero, gli enti locali sono chiamati a deliberare visto l’art. 1, comma 169, L. n. 296/06 (Legge finanziaria 2007) le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In tale approvazione rientrano altresì le deliberazioni di Giunta comunale con le quali sono stati approvati, rettificati o confermati i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili presenti nel territorio comunale ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili.

Il contribuente, pertanto, impugnava l’atto tributario dinanzi al giudice di merito che lo accoglieva e la detta decisione veniva confermata in sede di appello. La sentenza della commissione tributaria regionale poggiava sul rilievo che le disposizioni tributarie non potevano avere effetto retroattivo, a norma dell'articolo 3, comma 2, Legge 212/2000 sicché la delibera del 2005 non poteva trovare applicazioni se non dall'anno imposta successivo. A tal punto l’ente locale non condividendo tale tesi impugna e propone ricorso per Cassazione. Quest’ultima sconvolgendo le decisioni sancite dalle corti tributarie soddisfa le ragioni della parte.  

L’ente in effetti ha sostenuto dinanzi alla Suprema Corte che la delibera della giunta comunale, con cui era stato rettificato il valore delle aree fabbricabili, era sottratta al principio di irretroattività, sancito dall'articolo 3 della legge 212/2000 posto che, trattandosi di regolamento comunale le norme da esso previste potevano essere utilizzate dal giudice per acquisire elementi di giudizio anche in relazione a periodi anteriori a quelli di emanazione del regolamento stesso senza che ciò comportasse applicazione retroattiva di norme ma solo l'applicazione dell'elemento presuntivo in esse contenuto.
Il giudice di legittimità ha così deciso favorevolmente per l’ente impositore, si è pertanto precisato che “in tema di Ici, è legittimo l'avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento del consiglio comunale, oggi Giunta, che, abbia indicato periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del comune qualora l'imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l'Amministrazione ed il giudice".
 
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