Uno dei problemi che sta investendo le Pubbliche Amministrazioni negli ultimi anni sta nella scelta dei gestionali ed il conseguente passaggio ad una nuova software house. Si perché nella gestione delle banche dati in alcuni casi, il travasamento dei dati viene ostacolato dalla precedente software house, che spesso cerca di ottenere facili e ingannevoli guadagni nel consegnare i dati all'ente che per tanti anni ha avuto come cliente.
Tale comportamento è assolutamente scorretto e apporta un notevole danno all'Ufficio, in quanto viene ostacolato un servizio, arrecando così ostacoli non solo all'amministrazione ma di ritorno anche al cittadino.
Finalmente il Tribunale di Catanzaro deposita la sentenza n. 2035/16 avverso il ricorso promosso dall'Ente ex articolo 700 Cpc (misura cautelare con funzione anticipatoria degli effetti della decisione di merito) che crea non solo giurisprudenza ma fa senz'altro chiarezza in questo mondo dai caratteri un po’ anarchici per così dire. Infatti il Tribunale, sezione specializzata in materia di Impresa, stabilisce la necessità che sia garantita la continuità dei servizi pubblici locali essenziali, rientrando in tale definizione i servizi: demografici; elettorali; stato civile; contabilità; gestione del personale, delle entrate tributarie ed extratributarie.
Le software house non possono interrompere l'erogazione dei servizi dei Comuni, ai quali per la rilevanza degli interessi collettivi coinvolti deve sempre essere garantita la continuità nell'erogazione dei relativi servizi, comportando altrimenti conseguenze di rilievo non solo civilistico.
Le conclusioni del Giudice, riconosciuta la meritevolezza e la fondatezza accoglieva il ricorso del Comune affermando importanti principi di diritto: la consegna al Comune del contenuto di tutte la banche dati sinora gestite su supporti magneto-ottici in formato Ascii decodificato, documentato e utilizzabile da chiunque; l'irreparabilità del pregiudizio della software house non può porsi in correlazione con quello molto maggiore che subirebbe il Comune, quale esponente della propria collettività.
La sentenza di fatto, espone una serie di principi estendibili a tutti i Comuni, che vanno dall'obbligo di restituzione della banca dati, alla necessità che essi siano decodificati e utilizzabili da tutti, escludendo che le software house possano tenere sotto scacco l'ente pubblico e la propria collettività di riferimento, servendosi di meri interessi economici rispetto al ben più importante interesse generale.
Non è infatti situazione remota e isolata quella in cui i comuni si vedono “ostaggio” dei propri dati informatici, impossibilitati a erogare servizi istituzionali e pubblici, tra l’altro essendo gli unici a poterli offrire ai cittadini.
Il giudice nel valutare l’interesse economico della software house e quello generale istituzionale del Comune, all'utilizzo dei dati degli archivi informatici, correttamente fa prevalere il secondo. Questo senza alcun dubbio aggravato dal danno in cui versa così l’intera collettività, la quale verrebbe privata dei servizi di rilevanza essenziale. La pronuncia pur essendo cautelare, pone in risalto i problemi sottesi alla proprietà dei dati degli Enti locali, ed al loro libero utilizzo tramite decodifica, superando le eccezioni afferenti alla violazione del diritto d'autore sul software e le banche dati.
La sentenza in esame ha avuto dunque il merito di aver dettato dei canoni generali estendibili a tutti i Comuni, riconoscendo e dando notevole importanza alla prevalenza dell'interesse generale e l'importanza dei dati, che devono essere restituiti e non possono essere codificati con piattaforme che rendono impossibile la loro utilizzabilità da parte dell'Ente locale, anche qualora il contratto sia ormai terminato.