Con la sentenza n. 3618/2016, che ha sancito l’imponibilità ICI delle piattaforme petrolifere, la Corte di Cassazione ha posto fine ad una diatriba in corso da anni, che ha visto i Comuni contrapporsi alle società petrolifere, in materia di applicazione dei tributi immobiliari, e all’Agenzia delle Entrate che ha sempre ritenuto che le piattaforme petrolifere non fossero da iscrivere in catasto. Dell’imponibilità ICI delle piattaforme petrolifere si occupa la nota 11 marzo 2016 dell’IFEL. Quindi, le piattaforme petrolifere sono soggette ad accatastamento e quindi assoggettabili ad ICI, e conseguentemente, anche ad IMU e TASI. I principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione autorizzano i Comuni che finora non abbiano provveduto ad accertare le piattaforme petrolifere a condurre tale attività con riferimento sia all’ICI che all’IMU-TASI. Per quanto riguarda l’ICI, trattandosi di omessa denuncia, nel corso del 2016 sono accertabili le annualità 2010 e 2011. Le piattaforme petrolifere devono essere considerate come “immobili”. Si tratta di beni immobili che insistono sul territorio dello Stato, visto che il fondo marino appartiene al demanio dello Stato ed il diritto al suo sfruttamento minerario è soggetto a concessione. Essi soddisfano quindi il presupposto dell’ICI. L’obbligo di accatastamento delle piattaforme petrolifere deriva direttamente dall’art. 4, R.D.L. n. 652/1939 che qualifica come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili “di qualunque materiale costituite” ed include tra questi anche “gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo”. Secondo la Cassazione, le piattaforme stabilmente assicurate al suolo demaniale marino devono essere accatastate, e secondo la Corte, le piattaforme petrolifere sono classificabili nella categoria catastale D/7.
La sentenza n. 3618/2016 effettua una significativa precisazione, laddove afferma che “tutti i fabbricati siti nel territorio dello Stato sono imponibili, soggiacciono all'imposta ICI e non può considerarsi condicio sine qua non ai fini impositivi, la iscrizione catastale in mancanza di una correlazione normativa tra "imponibilità" e "accatastabilità", essendo soggetti ad ICI tutti gli immobili, ancorché non accatastati e potendo essere determinata l'imposta in base ai criteri residuali”.
Per quanto riguarda le modalità di determinazione del valore, va anche considerato che le fattispecie in questione ricadono tra i fabbricati riconducibili al gruppo catastale D e interamente posseduti da imprese, fin quando la rendita catastale non sia attibuita. In mancanza di rendita, la determinazione della base imponibile deve essere effettuata utilizzando i valori di bilancio. Individuato il criterio di determinazione della base imponibile, la Corte di Cassazione si preoccupa anche di quali sono gli impianti da valorizzare nella base imponibile. Dopo aver chiarito che le piattaforme costituiscono un cespite economico indipendente e distinto rispetto alla centrale di terra, e quindi soggetto ad accatastamento autonomo e non quale pertinenza della centrale di terra, la Corte rigetta la tesi della non valorizzazione delle condotte petrolifere, in quanto poste nei fondali marini. I Comuni che finora non hanno provveduto ad accertare le piattaforme petrolifere potranno condurre tale attività con riferimento sia all’ICI che all’IMU-TASI. L’attività non necessita dell’intervento preventivo dell’Agenzia delle Entrate, in quanto la base imponibile può essere valorizzata sulla base delle scritture contabili della società proprietaria utilizzando i valori aggiornati meglio precisati nel nostro precedente articolo, ed in caso di mancata collaborazione, sulla base dei dati di bilancio pubblicati dalla Camera di Commercio. A decorrere dal 2016 le piattaforme petrolifere avranno una valorizzazione totalmente diversa, dovendosi escludere dalla rendita tutti gli impianti funzionali al processo produttivo, come previsto dalla legge di Stabilità 2016. La sentenza n. 3618/2016 nel chiarire l’inequivoca imponibilità delle piattaforme petrolifere, porta a ricomprendere anche questa fattispecie tra i casi di applicazione del ristoro derivante dalla nuova disciplina degli “imbullonati”. Tuttavia, il contributo di 155 milioni di euro previsto per compensare la riduzione di gettito conseguente al riaccatastamento dei fabbricati fa riferimento solo a fabbricati già accatastati al 1° gennaio 2016, non considerando invece l’ipotesi di fabbricati già esistenti, ma accatastati per la prima volta nel 2016 e valorizzati fino al 2015 sulla base delle scritture contabili, così come espressamente previsto anche ai fini dell’IMU.