È d'impatto l'intervento del legislatore che, nell'ambito del decreto legislativo 33/2016, attuativo della direttiva 2014/61/Ue sulla riduzione dei costi delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, ha deciso di dare una svolta all'annosa questione dell'accatastamento delle infrastrutture Tlc. Si tratta dei tralicci, ripetitori, stazioni radio base, antenne - oltre alle opere per l'installazione della rete - ancorati a muri o altri supporti oppure impiantati dentro aree recintate.
In passato sia l'agenzia del Territorio sia la giurisprudenza si sono occupate del trattamento catastale: la prima per affermarne l'obbligo di accatastamento (in forma autonoma o come variazioni di preesistenti unità immobiliari); la seconda talvolta si è adeguata alla posizione dell'Agenzia, più spesso ha invece accolto i ricorsi che ne sostenevano l'irrilevanza sul piano catastale, specie in virtù dell'assimilazione alle «opere di urbanizzazione primaria» (articolo 86, comma 3 del Codice delle comunicazioni elettroniche).
Con il decreto «Sblocca-Italia» del 2014 sembrava che la questione fosse risolta a favore di questa seconda interpretazione, essendo stabilito che le infrastrutture Tlc costituiscono opere di urbanizzazione primaria. La Cassazione però con la sentenza 24026/2015 in materia di Ici ha di recente sposato la tesi del Fisco. Invero, la Suprema Corte non ha minimamente affrontato il punto che il Dl Sblocca Italia mirava a risolvere e, con scarna motivazione, ha deciso per l'accatastamento dei ripetitori di telefonia mobile nella categoria D. L'articolo 12, comma 2, del decreto appena pubblicato rimette ordine: non solo le reti ad alta velocità in fibra ottica, ma tutte le infrastrutture comprese negli articoli 87-88 Cce, da chiunque possedute, sono da considerarsi beni diversi dalle unità immobiliari ai sensi del Dm 28/98 e per questo esclusi dall'accatastamento e dai tributi che ne conseguono (Imu, Tasi, Ici a suo tempo). Ciò che rileva, infatti, non è tanto l'autonomia funzionale e reddituale di queste infrastrutture, ma il fatto che il legislatore ne riconosca una «pubblica utilità». La norma, peraltro, dovrebbe avere portata interpretativa, visto che, secondo la relazione illustrativa, rappresenta un «chiarimento» volto a esplicitare quanto già previsto dal Cce. Natura questa confermata dalla sua collocazione sistematica, nell'art. 12 tra le «disposizioni di coordinamento», dove al comma 1 si ribadisce che in caso di discordanze prevalgono le norme del Cce. Per effetto, il Fisco e gli enti locali non solo dovranno escludere dall'accatastamento le nuove infrastrutture di telecomunicazione, ma anche rinunciare alle pretese di accatastamento già avanzate.
In passato sia l'agenzia del Territorio sia la giurisprudenza si sono occupate del trattamento catastale: la prima per affermarne l'obbligo di accatastamento (in forma autonoma o come variazioni di preesistenti unità immobiliari); la seconda talvolta si è adeguata alla posizione dell'Agenzia, più spesso ha invece accolto i ricorsi che ne sostenevano l'irrilevanza sul piano catastale, specie in virtù dell'assimilazione alle «opere di urbanizzazione primaria» (articolo 86, comma 3 del Codice delle comunicazioni elettroniche).
Con il decreto «Sblocca-Italia» del 2014 sembrava che la questione fosse risolta a favore di questa seconda interpretazione, essendo stabilito che le infrastrutture Tlc costituiscono opere di urbanizzazione primaria. La Cassazione però con la sentenza 24026/2015 in materia di Ici ha di recente sposato la tesi del Fisco. Invero, la Suprema Corte non ha minimamente affrontato il punto che il Dl Sblocca Italia mirava a risolvere e, con scarna motivazione, ha deciso per l'accatastamento dei ripetitori di telefonia mobile nella categoria D. L'articolo 12, comma 2, del decreto appena pubblicato rimette ordine: non solo le reti ad alta velocità in fibra ottica, ma tutte le infrastrutture comprese negli articoli 87-88 Cce, da chiunque possedute, sono da considerarsi beni diversi dalle unità immobiliari ai sensi del Dm 28/98 e per questo esclusi dall'accatastamento e dai tributi che ne conseguono (Imu, Tasi, Ici a suo tempo). Ciò che rileva, infatti, non è tanto l'autonomia funzionale e reddituale di queste infrastrutture, ma il fatto che il legislatore ne riconosca una «pubblica utilità». La norma, peraltro, dovrebbe avere portata interpretativa, visto che, secondo la relazione illustrativa, rappresenta un «chiarimento» volto a esplicitare quanto già previsto dal Cce. Natura questa confermata dalla sua collocazione sistematica, nell'art. 12 tra le «disposizioni di coordinamento», dove al comma 1 si ribadisce che in caso di discordanze prevalgono le norme del Cce. Per effetto, il Fisco e gli enti locali non solo dovranno escludere dall'accatastamento le nuove infrastrutture di telecomunicazione, ma anche rinunciare alle pretese di accatastamento già avanzate.