In mano ai Comuni la "gestione" della
tassabilità dei magazzini delle attività produttive di rifiuti speciali.
L'articolo 1, comma 649 della legge di stabilità 2014 (di cui la risoluzione
ministeriale 9 dicembre 2014 n. 2/Df ha recentemente offerto una interessante
chiave di lettura) dispone che il Comune, con regolamento, "individua le
aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di
materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati
all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di
assimilazione".
La tassazione delle superfici
La previsione si inserisce nell'ambito della disciplina della tassazione delle superfici ove si producono rifiuti speciali e rifiuti speciali assimilati, che caratterizza il comma 649, ma il relativo ambito applicativo ne risulta del tutto autonomo.
Infatti, mentre il primo periodo introduce il concetto della prevalenza della produzione di rifiuti speciali come condizione sufficiente a giustificare la detassazione delle superfici che ne sono interessate, i periodi successivi attribuiscono al comune potestà regolamentare in due precisi ambiti: uno attiene alla produzione di rifiuti assimilati che, se avviati al riciclo, possono dar luogo a riduzioni della quota variabile del tributo, l'altro attiene ai rifiuti non assimilabili, che danno luogo in via ordinaria alla esclusione dal tributo delle superfici di produzione.
La potestà regolamentare del Comune
Il terzo periodo del comma 649 interviene in quest'ultimo ambito, riconoscendo al Comune una precisa potestà regolamentare, finalizzata ad estendere l'ambito di detassazione (propria dei rifiuti speciali) a locali e aree che ordinariamente non lo sarebbero.
Si tratta di una deroga alla indisponibilità delle entrate tributarie dell'ente, che ha ingenerato aspettative ben oltre il dettato normativo: infatti il legislatore non ha esteso né in via generalizzata né in via diretta la detassazione dei magazzini, ma ha riconosciuto al Comune la potestà regolamentare di estendere il divieto di assimilazione a beni che non lo sarebbero.
Il terzo periodo del comma 649 interviene in quest'ultimo ambito, riconoscendo al Comune una precisa potestà regolamentare, finalizzata ad estendere l'ambito di detassazione (propria dei rifiuti speciali) a locali e aree che ordinariamente non lo sarebbero.
Si tratta di una deroga alla indisponibilità delle entrate tributarie dell'ente, che ha ingenerato aspettative ben oltre il dettato normativo: infatti il legislatore non ha esteso né in via generalizzata né in via diretta la detassazione dei magazzini, ma ha riconosciuto al Comune la potestà regolamentare di estendere il divieto di assimilazione a beni che non lo sarebbero.
Come correttamente affermato dal ministero si tratta di una autolimitazione su base regolamentare della pretesa tributaria del Comune in un ambito assai circoscritto: non tutte le attività produttive di rifiuti non assimilabili ne sono beneficiarie, ma solo quelle che il Comune andrà ad individuare in regolamento. Il riferimento poi è alla produzione di rifiuto non assimilabile che è cosa diversa dal rifiuto non assimilato.
In questo ambito opererà l'estensione della non assimilabilità prevista dal legislatore, che potrà riguardare i magazzini (ordinariamente tassabili) delle attività produttive dei rifiuti aventi le caratteristiche indicate, nei limiti di quelle che il regolamento comunale ammetterà al regime fiscale di favore. Con ciò si intende che la scelta regolamentare attiene non tanto alla declinazione di categorie di attività ammesse, ma alla individuazione specifica di attività in ragione del rifiuto speciale prodotto.
La natura della disposizione in commento, che si pone come deroga alla indisponibilità della pretesa impositiva, ne impone una applicazione strettamente limitata all'ambito previsto e dunque non riguarderà tutti i magazzini delle attività produttive di rifiuti speciali, né tutti i magazzini delle attività individuate dal regolamento, ma soltanto quelli di ‘materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio' delle attività produttive dei rifiuti non assimilabili individuati, con esclusione dei magazzini o di porzioni di essi che ospitano beni di altra natura, compresi quelli dei prodotti finiti, che non sono funzionalmente collegati all'attività che produce il rifiuto preso a riferimento, ma costituiscono il risultato del processo produttivo.
FONTE: IlSole24Ore
AUTORE: Nadia Bertolini e Pasquale Mirto