Principio da sempre sostenuto dal diritto tributario è
quello per cui Ici e Imu, in quanto imposte sulla proprietà dell’immobile e dunque,
presupposto d’imposta che rileva è la proprietà, siano dovute dal proprietario
dello stesso.
Il presupposto per l’applicazione dell’Imu, medesimo di
quello previsto dall’ICI, nel merito disciplinato dal comma 2, art. 13, D.L. n.
201/2011 prevede che “l‘imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504”.
Nel corso di questi anni, l’Amministrazione finanziaria ha
dato risposta al perché sorga l’obbligo di pagare l’imposta in esame. Difatti è
necessario che il rapporto che lega il soggetto all’immobile sia “qualificato”,
riconducibile, quindi, alla proprietà,
all’usufrutto o ad altro reale di godimento, o a un’altra situazione
giuridica specificatamente stabilita dalla legge come nel caso di locazione
finanziarie o concessione di beni demaniali.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25376 del 2008,
con riferimento alla nozione di possesso,
ha precisato che “il possesso è il
potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio
della proprietà o di albo diritto reale”.
In altri termini, la Suprema corte considera possesso di un
bene l’esercizio di un’attività che corrisponde
a quello di proprietà o di altro diritto reale di godimento e che in base
al comma 2, art. 1140 del codice civile, richiamato dalla predetta sentenza “si può possedere direttamente o per mezzo
di altra persona la quale però ha unicamente la detenzione della cosa”.
Secondo quanto sopra esposto, quindi, sono soggetti passivi
dell’Imu:
• il proprietario
dell’immobile;
• l’usufruttuario;
• il titolare del
diritto d’uso;
• il titolare del
diritto di abitazione;
• il titolare del
diritto di enfiteusi;
• il titolare del
diritto di superficie;
• il locatario di
bene in leasing;
• il concessionario
di beni demaniali.
Ricordando brevemente che, diritto di abitazione è un
diritto strettamente personale previsto dall’art. 540 del codice civile, il quale
stabilisce che “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono
riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di
uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali
diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora non sia sufficiente, per
il rimanente sulla quota riservata ai figli”. Che nel caso di locazione
finanziaria, si ricorda che, ai fini IMU, l’art. 9, D.Lgs. n. 23/2011,
richiamato dal D.L. n. 201/2011, stabilisce che è soggetto passivo dell’IMU il
locatario. Nel caso di concessione di aree demaniali, inoltre, il sopra
richiamato art. 9 stabilisce che soggetto passivo è il concessionario.
Si ricorda che, in base alle precisazioni della risoluzione
n. 1/DPF del 6 marzo 2003, nel caso di concessione di fabbricati esistenti
sull’area demaniale, il soggetto passivo dell’ICI (e per le medesime ragioni
dell’IMU) è il concessionario perché in tal caso non può parlarsi di locazione
e, quindi, di un rapporto di natura obbligatoria da cui scaturirebbe una
semplice detenzione del bene oggetto della concessione.
Nel caso, infine, di concessione del diritto di superficie,
secondo la suddetta risoluzione del Dipartimento delle finanze, soggetto
passivo rimane il concessionario, perché rimane proprietario superficiario,
ovvero del diritto di realizzare una costruzione su un’area che potrebbe anche
alienare o sulla quale può costituire diritti reali.
Detto tutto, la Suprema Corte con sentanza n. 6882 dell’8
marzo 2019 a sezioni Unite, ha sancito un principio al quanto rivoluzionario. Ici
e Imu possono essere pagate anche dal conduttore dell'immobile se questo
obbligo è previsto nel contratto di locazione. La clausola contrattuale che
impone all'affittuario di pagare le imposte locali non si pone in contrasto con
il principio di capacità contributiva e non viola la regola sul divieto di
traslazione del carico fiscale a un soggetto diverso dal soggetto passivo del
tributo. È dunque legittima la clausola contrattuale che pone a carico del
conduttore l'onere di pagare le imposte, il cui importo concorre a determinare
l'ammontare complessivo del canone dovuto al locatore.
Per le Sezioni unite della Cassazione, la clausola
contrattuale che prevede tale assolvimento a carico del conduttore non viola
l'articolo 53 della Costituzione, che sancisce il principio di capacità
contributiva. Allo stesso modo non si pone in contrasto con la regola di
intrasferibilità del carico tributario su un soggetto diverso rispetto a quello
individuato dalla norma di legge.
In effetti, l'Imu (e prima ancora l'Ici), come analizzato
avanti, è dovuta dal soggetto che sia possessore
di diritto dell'immobile proprietario, usufruttuario o titolare di altro
diritto reale di godimento. Non è soggetto passivo del tributo il
locatario, il comodatario, l'utilizzatore o l'occupante. Le Sezioni unite,
però, hanno giudicato corretta la sentenza impugnata che ha previsto «un'ulteriore
voce o componente (la somma corrispondente a quella degli assolti
oneri tributari) costituente
integrazione del canone locativo, concorrendo a determinarne l'ammontare
complessivo a tale titolo dovuto dalla conduttrice». Con «due distinte clausole
contrattuali» di un «unico atto», le parti hanno nella specie inteso
«determinare il canone in due diverse componenti».
I giudici in questa circostanza non hanno ritenuto nulla la
clausola volta a riversare l'onere tributario relativo all'Ici e all'Imu,
gravanti sull'immobile locato, su un soggetto diverso da quello passivo tenuto
per legge a subire il «relativo sacrificio patrimoniale».
Probabilmente perché, nonostante l'articolo 89 della legge
392/1978, che disciplina le locazioni, non indichi in alcun modo, «tra gli
oneri accessori a carico del conduttore, ivi tassativamente elencati, anche le
imposte patrimoniali relative ai beni locati», il contratto tra le parti può se
liberamente accettato e sottoscritto da entrambi essere modulato su tale
esigenza.