Con il Decreto Legislativo 546
del 1992 si è normato e regolamentato il processo tributario in attuazione
della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.
413. Con tale disposizione si è pertanto ordinato l’intero sistema attuativo del
diritto tributario “processuale”.
In quest’analisi vogliamo però
definire un aspetto, alquanto dibattuto e di recentissima risoluzione a livello
giurisprudenziale, l’esecutività delle sentenze, o nella sua primordiale
accezione, la condanna dell’ufficio al rimborso, articolo 69 del citato decreto
546/1992.
Secondo un’interpretazione
dell’Agenzia delle entrate, l’art. 69 del D.lgs n. 546 del 1992, prima delle
modifiche apportate dal D.lgs n. 156 del 2015, doveva interpretarsi nel senso
che le sentenze emesse dal giudice tributario divenivano esecutive solo se a
favore degli Uffici; se risultavano a favore del contribuente il termine di 90
giorni previsto per il rimborso delle imposte veniva ritenuto un termine ordinatorio e non perentorio.
Il D.lgs. 156/2015 ha disposto un
identico trattamento tra Fisco e
contribuenti: le sentenze emesse dalla Commissione tributaria, a favore
del contribuente, divengono immediatamente esecutive. Il decreto ha dato pertanto concreta attuazione al regime di immediata esecuzione. Storicamente,
difatti, la sentenza emessa dal giudice tributario produceva effetti differenti
a seconda che il soccombente fosse il soggetto ricorrente o l’ente impositore.
Nel primo caso la pronuncia
diveniva esecutiva con la conseguenza, che in caso di mancato pagamento, le
relative somme venivano iscritte a ruolo per effetto della loro natura
dichiarativa derivante dall'infondatezza pronunciata dal Giudice tributario non
modificando, dunque, la situazione sostanziale. È quanto espressamente previsto
dal D.lgs 546/1992 art. 68 il quale dispone una gradualità nel pagamento della
prestazione richiesta in funzione del grado della Commissione. Tale
disposizione stabilisce, in particolare, che il tributo con i relativi interessi
deve essere pagato:
a. per i due terzi dopo la
sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;
b. per l’ammontare risultante
dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale e, comunque, non oltre
i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c. per il residuo ammontare
determinato nella sentenza della Commissione tributaria regionale.
Qualora, viceversa, il giudice
tributario avesse accolto il ricorso, o l’appello, del contribuente l’ente
impositore era tenuto a restituire quanto riscosso in eccedenza rispetto a
quanto dovuto con i relativi interessi entro novanta giorni dalla notificazione
della sentenza, art. 69.
Tale termine, prima della
sostituzione intervenuta ad opera dell'art. 9, comma 1, lettera gg), D.Lgs. 24
settembre 2015, n. 156, non avrebbe tuttavia avuto, secondo un discutibilissimo
orientamento dell'Amministrazione finanziaria, natura perentoria, ma
ordinatoria, ne derivava, secondo questa impostazione, che il contribuente pur
risultando vittorioso in giudizio, avrebbe potuto agire, per ottenere
l’esecuzione di tale sentenza, solo dopo che essa fosse passata in giudicato
secondo le norme del codice di procedura civile ovvero promuovendo il giudizio
di ottemperanza avanti alle Commissioni.
Il D.lgs. n. 156/2015 ha
riformulato il testo dell’art. 69 del D.lgs. n.546/92 ed ha così introdotto l’immediata esecutività delle sentenze
di condanna dell’Amministrazione Finanziaria al pagamento di somme in
favore del contribuente e di quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi
alle operazioni catastali. Orbene, attraverso la completa
riscrittura dell’art. 69 del D.lgs. n.546/1992 e l’estensione dell’immediata
esecutorietà delle sentenze non definitive a tutte le parti in causa (e non più
solo all’Amministrazione Finanziaria) si è inteso porre rimedio alla ingiustificata disparità di trattamento
esistente tra contribuente e Fisco. Infatti, mentre nelle liti di
impugnazione degli atti impositivi, a seguito di una sentenza favorevole
all’Amministrazione Finanziaria, quest’ultima, ai sensi dell’art. 68 del D.lgs.
n. 546/1992, aveva la possibilità di riscuotere, in via provvisoria e graduale,
le pretese erariali prima dell’insorgenza della res iudicata, al contrario,
prima della riforma, le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore
del contribuente e di quelle emesse su ricorso avverso gli atti non erano esecutive se non a seguito del passaggio in
giudicato della sentenza.
In buona sostanza, tale
intervento di riforma ha comportato la completa riscrittura dell’art. 69 del
D.Lgs. n.546/1992, rinominando persino la sua rubrica da “Condanna dell’ufficio
al rimborso” ad “Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del
contribuente”.
E’ stata così disciplinata da un
lato, l’immediata esecutività delle sentenze di condanna dell’Amministrazione
Finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente e di quelle emesse
su ricorso avverso gli atti (sostituendo le
previgenti disposizioni contenute negli artt. 69 e 69 bis che prevedevano
l’esecuzione della sentenza solo dopo la formazione della res iudicata) e
dall’altro, la possibilità per il contribuente di ricorrere al giudizio di
ottemperanza al fine di ottenere l’esecuzione di tali pronunce. La procedura per l’ottenimento
della restituzione delle somme sarà identica a quella disegnata nell’art. 68,
co. 2, del citato decreto pertanto e a tal scopo: occorrerà innanzitutto
notificare la sentenza alla controparte e attendere il decorso di 90 giorni; ed
in caso di inerzia dell’ente impositore, si dovrà attivare il giudizio di
ottemperanza a norma dell’art. 70.
Nel decreto di revisione del
processo tributario, è stato previsto che la norma in tema di esecutività delle
sentenze a favore del contribuente, pur entrando in vigore il 01.06.2016, non fosse
applicabile fino all’approvazione del decreto ministeriale recante la disciplina della garanzia ivi prevista, che è stato pubblicato in data 6 febbraio 2017, n. 22.
Tuttavia, occorre precisare che per evitare il rischio che, una volta ottenuto il pagamento di una somma a titolo di rimborso (in virtù di una sentenza esecutiva impugnata dall’A.F.), non sia più possibile il recupero delle somme erogate in caso di successiva riforma della sentenza, il legislatore ha previsto a tutela dei crediti della PA, che il rimborso di somme di ammontare superiore a 10 mila euro, diverse dalle spese di lite, possa essere subordinato dal giudice alla presentazione di idonea garanzia anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante.
Tuttavia, occorre precisare che per evitare il rischio che, una volta ottenuto il pagamento di una somma a titolo di rimborso (in virtù di una sentenza esecutiva impugnata dall’A.F.), non sia più possibile il recupero delle somme erogate in caso di successiva riforma della sentenza, il legislatore ha previsto a tutela dei crediti della PA, che il rimborso di somme di ammontare superiore a 10 mila euro, diverse dalle spese di lite, possa essere subordinato dal giudice alla presentazione di idonea garanzia anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante.
L'intervento del legislatore
tributario, effettuato mediante il richiamato D.Lgs. n. 156/2016, ha quindi equiparato i diritti dei soggetti
passivi d'imposta a quelli dell'Amministrazione finanziaria ancorché
l'esecutorietà del rimborso può risultare subordinata, per gli importi
superiori ad euro 10.000, alla prestazione di idonea garanzia qualora le condizioni
di solvibilità del contribuente dovessero richiederla.
In caso di mancata esecuzione
della sentenza, il contribuente ha la facoltà di instaurare un giudizio d’ottemperanza avanti la
Commissione tributaria provinciale o, se il giudizio é pendente nei gradi
successivi, alla Commissione tributaria regionale.
Alla luce delle evidenziate
modifiche legislative le sentenze che dispongono il pagamento di somme a favore
del contribuente, incluse
le spese di lite, sono quindi immediatamente esecutive e il contribuente
ha diritto ad ottenere l’erogazione del dovuto entro 90 giorni, anche se la decisione non è
definitiva.