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28 novembre 2016

NUOVA PROROGA PER COMUNICAZIONI DELLE INESIGIBILITA' DEI RUOLI NON RISCOSSI

Abbiamo già parlato della comunicazione delle quote inesigibili, denominati così quei carichi iscritti a ruolo che, nonostante l'attivazione delle procedure cautelari ed esecutive previste dalla normativa, non risultano incassabili. Notizia recentissima è che con il Dl n. 193/2016 nella versione approvata dalla Camera dei Deputati si introduce l'ennesima proroga al termine entro il quale Equitalia, e dal 2017 l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, deve inviare le comunicazioni di inesigibilità relativi ai carichi inclusi in ruoli non riscossi.
Ovviamente Equitalia, non può cancellare autonomamente questi carichi ma è tenuta a presentare una comunicazione agli enti creditori, dimostrando di aver operato nel rispetto della legge, ovvero, in altri termini, deve dimostrare che la mancata riscossione non è dipesa da cause a essa imputabile, come, ad esempio, la mancata notifica nei termini della cartella.

La normativa definita all’articolo 19 del Dlgs n. 112/1999 prevede l'invio delle comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, ma si tratta di un temine nei fatti mai applicato. E’ opportuna ricordare come il legislatore ha già abbondantemente legiferato in materia, in particolare per quanto riguarda i ruoli consegnati dal 2000 al 2013 era prevista una consegna delle comunicazioni di inesigibilità annuale a ritroso, a partire dal 2018. Ciò vuol dire che nel 2018 dovevano essere inviate ai Comuni le comunicazioni relative ai ruoli consegnati nel 2013, nel 2019 le comunicazioni relative ai ruoli 2012, per arrivare al 2031 per le comunicazioni relative al 2000. Per i ruoli consegnati nel 2014 quindi si rendeva applicabile il regime ordinario, con l'obbligo del concessionario di inviare le comunicazione nel 2017. Ma è con il nuovo Decreto Legge 193/2016 che i termini per la presentazione delle comunicazioni si allungano di ulteriori due anni, essendo previsto che: “Le comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa, sono presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2019”.
E’ chiaro come i tempi per i termini dei ruoli si prorogano a dismisura, arrivando persino al 2033 per la presentazione delle comunicazioni relative ai ruoli 2000, sempre che a quella data se ne abbia ancora memoria. Parliamo di un termine di trentatré anni dalla consegna di un ruolo per poter permettere all’ente di attuare quella che dovrebbe essere l’attività di controllo, irragionevole pertanto una previsione normativa così sviluppata. All’ente creditore risulta davvero impensabile adoperare la suddetta attività in questo lasso temporale.
Inoltre dati alla mano, scopriamo che si tratta di una considerevole mole di ruoli. Ammontano 841,6 miliardi di euro quelli affidati a Equitalia fino al 2015, di cui però, effettivamente riscuotibili, secondo Equitalia, sono solo 51 miliardi.
Il rischio di dinieghi di discarico da parte degli enti creditori può costare veramente caro, anche considerando che l'intervenuta prescrizione del credito addebitabile a Equitalia dovrebbe implicare il diniego del discarico, che può essere definito dalla stessa Equitalia con il pagamento di un ottavo del carico iniziale più gli interessi legali.

23 novembre 2016

PRESCRIZIONE E TRIBUTI LOCALI, VUOTO NORMATIVO: LA CASSAZIONE TENTA IL COLPACCIO

Le due sentenze della Suprema Corte n. 23397 e 23044 del 2016 hanno statuito sulla dibattuta questione della prescrizione delle cartelle relative ai tributi comunali. Cardini della Corte risultano essere l'inapplicabilità alle cartelle della prescrizione decennale da actio judicati prevista dall'articolo 2953 del codice civile e si afferma anche che la regola generale, in base all'articolo 2946 del Cc, è quella della prescrizione ordinaria decennale a meno che la legge disponga diversamente.

La giurisprudenza inoltre annovera così come sottolineato dalla stessa Cassazione pronunce che hanno ritenuto applicabile il termine decennale, confermandole, in quanto non si può considerare il pagamento delle imposte come un prestazione periodica, soggetta come tale alla prescrizione di 5 anni. Individuando anche la norma che prevede la prescrizione decennale della cartella, salvo la sussistenza di norme speciali che regolano il singolo credito in riscossione. Nello specifico si analizza l'articolo 20, comma 6, del Dlgs 112/99, che nel regolare le procedure di discarico delle poste iscritte a ruolo prevede anche che l'ente creditore dopo il discarico della cartella può riattivare la riscossione coattiva a condizione che non sia decorso il termine decennale. Vero è che secondo quanto statuito dalle Sezioni unite tale norma è applicabile soltanto alla riscossione fiscale perché il termine decennale è quello che si applica ordinariamente all'esercizio del potere di riscossione fiscale.

In tema di tributi locali non esiste alcuna norma che prevede il termine entro il quale si prescrive la cartella, essendo previsto un termine per la notifica dell'atto di accertamento e uno per la notifica della cartella o dell'ingiunzione, ma una volta che questa è stata notificata non si rinviene alcuna norma che regoli la prescrizione della stessa. Pertanto per analogia legis dovrebbe applicarsi, la prescrizione ordinaria decennale e non già quella breve di cinque anni, in quanto l'articolo 2948 Cc la prevede per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno e certamente non si può ritenere che un soggetto sia tenuto a pagare annualmente delle cartelle di pagamento, essendo la notifica della cartella un atto del tutto eventuale, conseguente a comportamenti evasivi.

Di contro però non possiamo non palesare la differenza rilevata tra l’assenza di norme sulla prescrizione dei singoli tributi locali, con una norma dettata in tema di sanzioni. Il Dlgs 472/97 all’articolo 20 recita che il diritto alla riscossione della sanzione irrogate si prescrive nel termini di cinque anni. La sanzione dunque riveste essenzialmente un accessorio all'imposta, pertanto i termini per l'iscrizione a ruolo e per la prescrizione della stessa dovrebbero necessariamente andare di pari passo. Salvo ritenere che l'articolo 20 sia applicabile autonomamente solo allorquando si deve procedere alla riscossione della sola sanzione, non collegata ad alcun tributo. Certo alla luce di quanto esposto e analizzato rimane solo il grande vuoto normativo che ci auspichiamo venga colmato non solo con la vasta mole di giurisprudenza che continuerà inevitabilmente a scaturirsi ma con l’intervento ad hoc del Legislatore. L’unico nelle condizioni di poter attuare una chiara e ben delineata linea da seguire.  

16 novembre 2016

NOTIFICHE A MEZZO POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA: IL DECRETO FISCALE E LA RIVOLUZIONE DIGITALE

Con il decreto fiscale è prevista un’innovazione non di poco conto. Dal primo luglio 2017 infatti gli uffici tributi degli enti locali potranno notificare gli avvisi di accertamento all'indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) del contribuente intestatario dell’atto. Il tutto viene a costituirsi come integrazione all’articolo 60 del Dpr 600/73, che a sua volta deve ritenersi applicabile anche ai tributi locali considerata la sua valenza generale relativa alla notifica degli atti tributari.
Per essere rigorosi dobbiamo far notare come ancor prima del decreto fiscale, in questi giorni messo ai voti, l’articolo 149 bis del Codice di Procedura Civile, in vigore dal 2010, prevedeva la possibilità di effettuare la notificazione a mezzo posta elettronica certificata, se non era fatto espresso divieto dalla legge. Essendo questa normativa di portata generale sarebbe applicabile dunque anche ai tributi locali, tuttavia la notifica a mezzo posta certificata prevista dal codice, rinvia alla figura dell’agente notificatore, pertanto l’ufficio non potrebbe procedere in maniera diretta nei confronti del contribuente così come viene a configurarsi la notifica mezzo pec.
Sembra finora che questo tipo di “privilegio” fosse riservato solo alla notifica delle cartelle esattoriali dagli addetti di Equitalia, ai sensi dell’articolo 26 del Dpr 602/73. 
La giurisprudenza ha fatto seguito con numerosi orientamenti, per un verso ritenendo inesistente la notifica effettuata a mezzo Pec, per altro verso ritenendola valida.

E’ per questi motivi che si è richiesta la redazione di una normativa specifica, così da regolare e portare finalmente ad un allineamento la materia. Il decreto sembra allora aver inquadrato la problematica, anche perché parlare di dematerializzazione dei documenti e di una riforma digitale della Pubblica Amministrazione quando si continua con la circolazione di documenti cartacei incuranti dei principi di economicità ed efficienza parrebbe una poco edificante soluzione.
Orbene, nel dettaglio la novità prevede che la notifica di atti tributari destinati alle imprese e ai professionisti può essere effettuata direttamente dal competente ufficio, a mezzo Pec, in base alle risultanze dell'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (Ini-Pec). Si tratta del sito internet www.inipec.gov.it, diviso in due sezioni (professionisti, imprese).

È inoltre prevista la possibilità di effettuare la notifica a mezzo Pec agli altri soggetti che ne facciano richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere l'indirizzo Pec, in attesa della piena operatività dell'anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr). 
In prospettiva il sistema dovrebbe quindi coprire gran parte dei contribuenti, con conseguenti risparmi di tempi e costi.Resta comunque il fatto che la norma non è riferita espressamente agli avvisi di accertamento dei tributi locali, quindi andrebbe chiarita la sua portata applicativa anche per evitare un inutile contenzioso. La notifica a mezzo Pec inoltre dovrebbe riguardare anche le ingiunzioni fiscali, analogamente a quanto previsto dall'articolo 26 del Dpr 602/73 per le cartelle esattoriali.

14 novembre 2016

IL MEF APRE FINALMENTE AI RIMBORSI DEI TRIBUTI LOCALI

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il decreto ministeriale di ottobre ha finalmente sciolto le riserve sui rimborsi dei tributi locali e ha definitivamente aperto la strada al saldo degli stessi. 
Ricordiamo che nella circolare 1/DF di aprile 2016 si precisava che i Comuni avrebbero dovuto caricare i provvedimenti di rimborso già perfezionati su un'applicazione che sarebbe stata resa disponibile sul portale del federalismo entro il 28 aprile. Il caricamento sarebbe dovuto avvenire nei successivi 60 giorni, quindi entro il 27 giugno 2016 e lo Stato avrebbe effettuato il rimborso degli importi dovuti entro i 90 giorni successivi, riconoscendo sugli importi dovuti gli interessi legali. 
Quindi, entro il 25 settembre 2016 i contribuenti avrebbero ricevuto finalmente i rimborsi, tramite accredito sul conto. Giunti inevitabilmente al mese di ottobre sembra che con decreto ministeriale appunto il ministero abbia messo una definizione perentoria.

Ed è così dunque che gli ordini collettivi di pagamento verranno emessi dal Dipartimento delle Finanze e saranno contestualmente trasmessi alla Banca d’Italia gli elenchi informatici per l’effettuazione degli accrediti ai singoli contribuenti. 
La Banca d’Italia provvederà all'estinzione dell’ordinativo di pagamento solamente dopo aver verificato la corrispondenza dell’importo del titolo con il totale degli importi compresi nei predetti elenchi. Non solo, il Ministero non si è fermato qui, ha anche individuato le procedure di rimborso della quota IMU Stato.
E’ previsto così che il Dipartimento delle Finanze del Ministero disponga i rimborsi dei tributi locali che risultano a seguito dell’istruttoria compiuta dai comuni sulla base di specifiche liste che contengono sia le generalità di ogni soggetto avente diritto che l’importo dell’imposta da rimborsare nonché il codice IBAN del conto corrente.


Nel caso in cui il contribuente non abbia comunicato le proprie coordinate bancarie o postali per l’effettuazione del rimborso, lo stesso verrà erogato con modalità alternative a seconda delle circostanze (bonifico domiciliato presso gli uffici postali per il pagamento in contanti, vaglia cambiario non trasferibile della Banca d’Italia intestato al beneficiario del rimborso).
In caso invece di bonifici, vaglia cambiari non andati a buon fine, nonché nel caso di bonifici domiciliati non riscossi entro il secondo mese successivo a quello di esigibilità, le somme restituite sono riversate sul conto corrente aperto presso la Tesoreria centrale intestato al "Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni", per essere riutilizzate ai fini del rinnovo del pagamento a favore del creditore.

Possiamo quindi sperare che questa annosa questione abbia ormai preso la strada della definizione conclusiva e che ogni contribuente riceverà il rimborso dovuto.

9 novembre 2016

VALORE VENALE E AREE EDIFICABILI

La Suprema Corte con la sentenza n. 21154/2016, chiamata a giudicare in merito alla controversia relativa al valore venale di un terrreno attribuito ad un’area edificabile nonostante non fosse inserito nel piano particolareggiato, statuisce un principio cardine per tutta la giurisprudenza prodotta nel corso degli anni per detta materia. Un'area è considerata edificabile, ai fini dell'applicabilità del criterio fondato sul valore venale, se è qualificata come tale dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi.
I giudici si allineano così al consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità e all'interpretazione fornita dalla norma al Dlgs 30 dicembre 1992 n. 504, articolo 2, comma 1, lettera b), secondo cui, in tema di Ici, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, una volta riconosciuta da uno strumento urbanistico generale, non può ritenersi inficiata dalla mancanza di un piano particolareggiato o attuativo. 
Si tratta di un orientamento che recepisce quanto stabilito dalle Sezioni unite le quali hanno altresì osservato che un'area qualificata come edificabile dal Prg è sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile; le eventuali oscillazioni dovute all'andamento del mercato, allo stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o alle modifiche del piano regolatore possono incidere soltanto sull'entità del prelievo.

Rifacendosi sempre a un orientamento di legittimità in tema di Ici, i giudici sostengono che la delibera di giunta municipale che periodicamente determina, per zone omogenee, i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili può avere una portata retroattiva poiché non è configurabile come l'applicazione retroattiva di una norma impositiva, bensì come la determinazione presuntiva di un valore economico di mercato riferibile ad un delimitato arco temporale, ancorché antecedente all'emanazione della delibera medesima.
Per quanto riguarda l'applicabilità delle sanzioni in caso di inadempimento dell'obbligo tributario, i giudici ritengono che se sia l'edificabilità del terreno, sia la determinazione del suo valore venale si basano sull'applicazione di disposizioni non connotate da incertezza interpretativa in senso obiettivo non trova giustificazione l'esclusione dalle sanzioni. Il presupposto di non applicazione delle sanzioni trova infatti fondamento nella condizione d'inevitabile incertezza normativa tributaria; resta invece irrilevante l'incertezza soggettiva, derivante dalla non conoscenza del diritto o dall'erronea interpretazione della normativa.

Per quanto attiene infine alla determinazione dell'aliquota Ici, i giudici richiamano il principio espresso dalla precedente giurisprudenza della stessa Corte secondo cui la competenza è spettata al consiglio comunale nel periodo intercorso tra il 1° gennaio 1997 e l'entrata in vigore del Dlgs 267/2000 , il cui articolo 18 ha ripristinato l'attribuzione alla giunta comunale già originariamente prevista.

2 novembre 2016

LEASING E PASSIVITA' IMU: IL CAOS NORMATIVO RICHIEDE INTERVENTO DELLA SUPREMA CORTE

Con la sentenza n. 721/2016 la commissione tributaria provinciale di Modena si trova a statuire di nuovo sull’individuazione del soggetto passivo Imu nel caso di contratti di leasing risolti ma con immobile non riconsegnato. La giurisprudenza non ha ancora trovato la giusta via per porre una decisiva battuta d’arresto agli orientamenti contrastanti. E’ così che a volte si ritiene che il soggetto passivo debba essere la società di leasing, a volte che l'obbligazione tributaria rimanga in capo al locatario finanziario fintanto che non v'è riconsegna dell'immobile.
La normativa Imu in questione ripresa a chiare lettere dalla Commissione tributaria provinciale di Modena prevede che per “gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”. La norma è identica a quella dell'Ici, per la quale non si sono mai avuti dubbi sul fatto che la soggettività passiva fosse direttamente collegata all'esistenza di un valido contratto di locazione finanziaria.
Il caos giurisprudenziale nasce con un'indicazione fornita dal ministero dell'Economia nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione Imu, in base alla quale la società di leasing deve presentare la dichiarazione Imu solo successivamente alla data di riconsegna del bene, comprovata dal verbale di riconsegna. Il tutto si intreccia ancor di più con la nascita della Tasi, per la quale è espressamente previsto che in “caso di locazione finanziaria, la Tasi è dovuta dal locatario a decorrere dalla data della stipulazione e per tutta la durata del contratto; per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene al locatore, comprovata dal verbale di consegna”.
Conseguentemente il dibattito si condisce di tutti i pareri interpretativi sviluppati nel corso degli anni prodotti dalle vari commissioni tributarie. Inoltre prendono parte anche Assilea (Associazione italiana leasing) ritenendo che la soggettività passiva Imu dipenda dalla riconsegna del fabbricato e, dall'altro lato Ifel (con nota del 4 novembre 2013) e il Garante del contribuente della regione Emilia Romagna (con risoluzione 16 gennaio 2014, n. 1972) ritenendo al contrario che la soggettività ritorni in capo alla società di leasing con la risoluzione del contratto, indipendentemente dall'avvenuta riconsegna.
Secondo i giudici modenesi però, la problematica va risolta seguendo l'interpretazione letterale della norma, in base all'articolo 12 delle preleggi, che porta a ritenere che “il locatario è soggetto passivo finché è in corso il contratto e non anche dopo la sua risoluzione». Inoltre, il giudice evidenzia «che la diversa disposizione stabilita per la Tasi dall'articolo 1, comma 672 della legge 147/2013 ha chiaro carattere innovativo e non interpretativo rispetto alla disciplina dell'Imu che non a caso si uniformava confermandola a quella dell'Ici”.
D'altro canto la tesi contraria, che legge la disciplina Tasi con funzione di interpretazione autentica delle regole Imu, appare quanto meno singolare. Se il legislatore avesse ritenuto necessario disporre un'interpretazione autentica, l'avrebbe fatto direttamente sulla norma bisognevole di interpretazione e non su una disciplina relativa a un tributo diverso. Del resto le norme che riconoscono benefici e agevolazioni sono per loro natura di stretta interpretazione, ed essendo connesse agli specifici presupposti e scopi di ciascun sistema impositivo non possono transitare da un'imposta all'altra (Cassazione, sentenza 18022/2016). Peraltro in tema di Imu esiste un divieto normativo espresso, posto che il comma 703 della legge 147/2013 dispone che “l'istituzione della Iuc lascia salva la disciplina per l'applicazione dell'Imu”, e ciò impedisce quindi di far transitare norme previste solo per la Tasi nel sistema Imu.

Nonostante tutto è ovvio dunque che la disomogeneità e il caos interpretativo che deriva da questa materia potrà essere risolto solo con l’intervento decisivo e autorevole della Corte di Cassazione, nel frattempo la fattispecie sopra analizzata è condannata ad aumentare. 
 
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