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5 dicembre 2017

FALLIMENTO: AL RIPARO I CREDITI PA

Con l’espressione “fallimento” si indica lo stato patrimoniale dell’imprenditore che non ha più la capacità obiettiva di far fronte alle obbligazioni aziendali. Caratteri del fallimento sono dunque:

- l’universalità: il fallimento coinvolge l’intero patrimonio del debitore, inteso quale complesso dei beni e dei rapporti giuridici presenti e futuri del fallito;
- la concorsualità: la procedura si svolge nell’interesse di tutti i creditori del fallito, i quali devono essere soddisfatti in egual misura, salvo il rispetto delle legittime cause di prelazione (par condicio creditorum).
L'istituto del “fallimento” è regolato dal r.d. n. 267 del 16/03/1942 (Legge Fallimentare), disciplina che ha subito profonde modifiche per adeguarla al diritto nazionale e comunitario, in un'ottica tesa a garantire (nei limiti del possibile) la conservazione dell'impresa come complesso produttivo.

Nel rispetto di questi principi ispiratori, il disegno di legge di riforma, approvato in Senato l'11 ottobre 2017, delega il Governo ad adottare uno o più decreti per riformare organicamente la disciplina delle procedure concorsuali, della normativa sulla composizione della crisi e da sovraindebitamento. Tra i principi ispiratori più importanti del disegno di legge quello indicato nel punto b) art. 1 prevede la sostituzione del termine “fallimento” con “liquidazione giudiziale.” Il Governo dovrà altresì eliminare dalla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la dichiarazione di fallimento d'ufficio (art. 3, comma 1, d.lgs. n. 270/1999).

Percorrendo la storia normativa di tale disciplina troviamo, la riforma del diritto fallimentare avvenuta con d.lgs. n. 5/2006; le novità apportate dal d.l. n. 83/2012 (convertito con legge n. 134/2012) relative al nuovo istituto del preconcordato; quelle del decreto n. 179/2012 (convertito con legge n. 221/2012); le modifiche della legge di stabilità n. 228/2012; la riforma dell'art. 161 nell'ambito del concordato preventivo, da parte del d.l. n. 69/2013 (c.d. decreto del fare), convertito con modificazioni dalla l. n. 98/2013; le innovazioni del d.lgs. 16/11/2015 n. 180; quelle del d.l. 3/05/2016 n. 59 e quelle apportate dalla legge n. 232 del 11/12/2016, in vigore dal 01 gennaio 2017, che offre la possibilità di proporre il pagamento parziale o rateale di crediti tributari, contributivi e Iva, in sede di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti.

Secondo il primo comma dell'art. 9 L.F., il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa. Secondo l'art. 16 del r.d. n. 267/1942, modificato dalla novella del 2006, il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale vengono nominati il giudice delegato per la procedura e il curatore e viene ordinato al fallito il deposito dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie nonché l'elenco dei creditori entro 3 giorni. La sentenza fissa inoltre il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui si procederà all'esame dello stato passivo (entro il termine perentorio di 120 giorni) e assegna ai creditori e dei terzi, che vantano diritti reali o personali sui beni del fallito il termine (entro 30 giorni prima dell'adunanza dei creditori) per proporre domanda di insinuazione al passivo in cancelleria. Tale domanda sarà poi valutata dal Tribunale insieme al curatore onde stabilire se le somme sono effettivamente dovute. Per presentare l’istanza di insinuazione al passivo e partecipare all’udienza non serve necessariamente l’avvocato. Ciascun creditore può adoperarsi autonomamente. Il fallimento del contribuente determina per l’ente locale, gli effetti comuni a tutti i creditori concorsuali, tra i quali: il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive collettive (art. 51 l.fall.), il concorso sul patrimonio del fallito (art.52) e la necessità di proporre domanda per l’ammissione al passivo come descritto per ottenere la qualifica di creditore concorsuale. Così, come per qualsiasi altro creditore concorsuale, la Pubblica Amministrazione ha l’onere di presentare tale domanda entro i termini e secondo le modalità previste dall’artt. 93 e ss della legge fallimentare. Se tali adempimento non verranno posti in essere non si avrà più alcun titolo per concorrere al riparto dell’attivo. La domanda deve contenere:

– una apposita richiesta di essere ammessi al passivo;

– i documenti che provano l’esistenza del credito (per es.: avvisi di accertamento, ingiunzioni ecc.);

La domanda deve essere inviata, come file allegato scansionato in pdf, esclusivamente sulla PEC (posta elettronica certificata) del curatore. Insieme alla domanda “scannerizzata” devono essere anche allegati i documenti che provano il credito. Nella domanda deve essere indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata sul quale ricevere tutte le comunicazioni. Le domande depositate o inviate a mezzo posta normale alla cancelleria non vengono esaminate, così come le domande inviate al curatore in formato cartaceo o in modalità difformi da quanto descritto.

Elemento caratterizzante la pretesa tributaria nell’insinuazione al passivo è quello per cui, al giudice fallimentare viene preclusa la possibilità di valutazione della stessa, essendo essa esclusivamente devoluta per espressa previsione dell’art. 2 del Dlgs 546/1992 alle giurisdizioni tributarie.

In conclusione la procedura di insinuazione al passivo per la riscossione di un credito verso un contribuente dichiarato in liquidazione giudiziale è l’unica strada percorribile per vedersi garantito il proprio credito e poterlo rivendicare in sede di spartizione dell’attivo. In tutti gli atri casi la pretesa tributaria decade e il nostro credito perderà di esigibilità
 
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