Più di quattro mila sono le amministrazioni che hanno evaso
il termine perentorio di adeguamento dei tempi di approvazione dei loro bilanci
preventivi. La scadenza del 31 marzo, prorogata in extremis al 30 giugno solo
per Province e Città metropolitane alle prese con le incertezze dei conti da
affrontare nel decreto enti locali, ha colto impreparati più di della metà
delle otto mila pubbliche amministrazioni, con il risultato di sospendere ad
ampio raggio le procedure di assunzione e l'indebitamento per investimenti.
Nei Comuni che potremmo definire “ritardatari”, in questi giorni arriveranno le
lettere dei Prefetti, che invitano giunte e consigli a procedere in 20 giorni
alla chiusura dei bilanci per non incappare nella procedura che porta al
commissariamento.
Il Viminale aveva intrapreso una monitorazione circa la
condotta delle approvazioni dei bilanci, volendo mettere fine a quello che
potremmo definire il cattivo uso delle proroghe. Hanno risposto a tale
interrogazione 5.500 Comuni e solo 2.570 hanno spiegato di aver archiviato la
questione approvando i preventivi sia in giunta sia in consiglio. Altri 1.392
sono in dirittura d'arrivo, con lo schema di bilancio approvato dall'esecutivo
e ora all'esame dell'assemblea, mentre 1.438 hanno spiegato di essere ancora in
alto mare. I Comuni italiani, però, sono oggi 7.981, ed è molto probabile che i
quasi 2.500 enti che non hanno risposto al monitoraggio del ministero
dell'Interno si trovino in larga maggioranza lontano dal traguardo. Un panorama
complessivo, quindi, indicherebbe circa 4mila Comuni ancora senza bilancio,
oltre ai quasi 1.400 che per ora hanno approvato solo lo schema in giunta.
La risposta del ministero al “ritardo” è lo stop
all'indebitamento e alle assunzioni di personale, comprese le stabilizzazioni
dei precari, ma non va persa di vista la questione strutturale degli
investimenti: senza preventivi approvati la spesa in conto capitale non parte,
e proprio per questa ragione il governo spinge a tagliare i tempi.
Visti i numeri però, non si può non rendersi conto di come
il problema dell’approvazione e della quadratura dei bilanci sia effettivo, la
condizione strutturale di incertezza che caratterizza la finanza locale, che
ogni volta fatica a trovare i numeri definitivi di riferimento su cui costruire
i bilanci sembra essere una caratteristica focale della disciplina.
Altro punto risulta essere il Fondo Tasi, in realtà,
l'accelerata del 2017 è stata netta, con la pubblicazione in dei dati sul fondo
di solidarietà comunale, diffusi dal ministero dell'Interno fra il 23 gennaio e
il 6 febbraio proprio con l'obiettivo di aiutare i Comuni. Però se tutto questo
corrisponde a verità, è anche vero che il Dpcm che ha distribuito la nuova
versione del fondo Tasi è arrivato solo a marzo, per non parlare del
provvedimento relativo alle intese regionali per distribuire fra gli enti gli
spazi finanziari per gli investimenti del pareggio di bilancio. Caso questo, ancora più problematico, dal momento che a
rallentare l'iter del decreto verso la «Gazzetta Ufficiale» non è stato il
confronto politico, chiuso a inizio dicembre, ma l'iter burocratico tra Corte
dei conti e Consiglio di Stato.
Sempre più chiaro sembra essere che il percorso verso la
normalizzazione sia ancora lungo a venire, ancora più complesso se non quasi
impossibile per quelle realtà territoriali strutturalmente più complicate, come
potrebbero essere le regioni a statuto speciale.