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25 gennaio 2017

IL RITORNO ALLA RIBALTA DELL'INGIUNZIONE FISCALE

Come abbiamo più volte ricordato, il primo febbraio è il termine entro il quale gli enti locali si troveranno ad adottare o meno la definizione agevolata prevista dal D.L. n. 193/2016, la quale si applica a tutti i ruoli messi in riscossione, inizialmente dal concessionario Equitalia, allargato poi con l’aggiunta dell’articolo 6 ter alle entrate, anche tributarie, delle regioni, delle province, delle città' metropolitane e dei comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale.

Cerchiamo dunque di trattare nello specifico quella che è la definizione dell’ingiunzione fiscale. Questa modalità di pagamento si farà sempre più spazio nello scenario della riscossione diretta, diverrà protagonista scavalcando lo strumento principale fino ad oggi utilizzato per la riscossione: la cartella di pagamento.

Difatti, con l’addio ad Equitalia l’Italia darà il ben servito alla cartella di pagamento, strumento di cui la sola Equitalia poteva servirsi per la riscossione avendone il monopolio. L’ingiunzione di pagamento, per anni costretta alla messa in ombra avrà la sua rivincita.
Andiamo dunque nello specifico, l’ingiunzione di pagamento, per la quale gli enti possono condonare le sanzioni, è disciplinata dal regio decreto 639/1910. Si tratta di uno strumento istituito per il recupero delle entrate patrimoniali. L’articolo 52 del decreto legislativo 446/1997, però, ne ha esteso l’ambito di applicazione a tutte le entrate locali, tributarie ed extratributarie. Dal 1° gennaio 1998 l’ingiunzione può essere utilizzata dalle amministrazioni territoriali, nonché dai concessionari iscritti all’albo ministeriale di cui all’articolo 53 del citato decreto 446, nella qualità di affidatari del servizio. Il ricorso all’ingiunzione, alternativo alla riscossione tramite ruolo, consente anche al concessionario privato di utilizzare le procedure esecutive disciplinate dal dpr 602/1973 (fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento mobiliare e immobiliare, presso terzi) qualora il debitore non provveda al pagamento. 

L’ingiunzione è un atto che può esser emanato dopo l’espletamento delle fasi di accertamento o liquidazione delle somme dovute all’ente impositore e presuppone un titolo esecutivo. Il procedimento di coazione consiste in un ordine di pagamento con cui l’ente impositore intima di pagare, entro un preciso arco di tempo, l’importo richiesto pena gli atti esecutivi. 
Ovviamente se la somma da recuperare è un tributo il contribuente può impugnare l’atto entro 60 giorni dinnanzi agli organi di giustizia ordinaria in relazione alla somma intimata. Qualora si tratti di un’entrata avente natura diversa il termine per ricorrere è 30 giorni. 
L’ingiunzione deve necessariamente contenere l’indicazione del petitum, ovvero della cosa richiesta, così da mettere a conoscenza il contribuente di ciò che gli si intima  e della causa pretendi, ovvero una precisa individuazione di ciò che si intende recuperare e delle ragioni poste a base della pretesa.


Queste indicazioni costituiscono requisiti indispensabili dell’atto.

L’articolo 7 della legge 212/2000, Statuto dei diritti del contribuente, dispone che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. Va necessariamente indicato il titolo che legittima la notifica dell’ingiunzione.


Sarà dunque semplice il ritorno alle origini seguendo queste semplici regole. 
 
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