Come abbiamo più volte ricordato, il primo febbraio è il
termine entro il quale gli enti locali si troveranno ad adottare o meno la
definizione agevolata prevista dal D.L. n. 193/2016, la quale si applica a
tutti i ruoli messi in riscossione, inizialmente dal concessionario Equitalia,
allargato poi con l’aggiunta dell’articolo 6 ter alle entrate, anche
tributarie, delle regioni, delle province, delle città' metropolitane e dei
comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale.
Cerchiamo dunque di trattare nello specifico quella che è la
definizione dell’ingiunzione fiscale. Questa modalità di pagamento si farà
sempre più spazio nello scenario della riscossione diretta, diverrà
protagonista scavalcando lo strumento principale fino ad oggi utilizzato per la
riscossione: la cartella di pagamento.
Difatti, con l’addio ad Equitalia l’Italia darà il ben
servito alla cartella di pagamento, strumento di cui la sola Equitalia poteva
servirsi per la riscossione avendone il monopolio. L’ingiunzione di pagamento,
per anni costretta alla messa in ombra avrà la sua rivincita.
Andiamo dunque nello specifico, l’ingiunzione di pagamento,
per la quale gli enti possono condonare le sanzioni, è disciplinata dal regio
decreto 639/1910. Si tratta di uno strumento istituito per il recupero delle
entrate patrimoniali. L’articolo 52 del decreto legislativo 446/1997, però, ne
ha esteso l’ambito di applicazione a tutte
le entrate locali, tributarie ed extratributarie. Dal 1° gennaio 1998
l’ingiunzione può essere utilizzata dalle amministrazioni territoriali, nonché
dai concessionari iscritti all’albo ministeriale di cui all’articolo 53 del
citato decreto 446, nella qualità di affidatari del servizio. Il ricorso
all’ingiunzione, alternativo alla riscossione tramite ruolo, consente anche al
concessionario privato di utilizzare le procedure esecutive disciplinate dal
dpr 602/1973 (fermo amministrativo, ipoteca, pignoramento mobiliare e
immobiliare, presso terzi) qualora il debitore non provveda al pagamento.
L’ingiunzione è un atto che può esser emanato dopo l’espletamento delle fasi di accertamento o liquidazione delle
somme dovute all’ente impositore e presuppone
un titolo esecutivo. Il procedimento di coazione consiste in un ordine di pagamento con cui l’ente
impositore intima di pagare, entro
un preciso arco di tempo, l’importo richiesto pena gli atti esecutivi.
Ovviamente se la somma da recuperare è un tributo il contribuente può impugnare
l’atto entro 60 giorni dinnanzi agli organi di giustizia ordinaria in relazione
alla somma intimata. Qualora si tratti di un’entrata avente natura diversa il
termine per ricorrere è 30 giorni.
L’ingiunzione deve necessariamente
contenere l’indicazione del petitum, ovvero della cosa richiesta, così da
mettere a conoscenza il contribuente di ciò che gli si intima e della causa pretendi, ovvero una precisa
individuazione di ciò che si intende recuperare e delle ragioni poste a base
della pretesa.
Queste indicazioni costituiscono requisiti indispensabili dell’atto.
L’articolo 7 della legge 212/2000, Statuto dei diritti del
contribuente, dispone che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei
concessionari devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche
che hanno determinato la decisione. Sul titolo esecutivo va riportato il
riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la
motivazione della pretesa tributaria. Va necessariamente indicato il titolo che
legittima la notifica dell’ingiunzione.
Sarà dunque semplice il ritorno alle origini seguendo queste
semplici regole.