L’edificabilità dell’area è questione che ha tenuta sempre
viva l’attenzione sia nelle Commissioni tributarie che negli uffici tributi
degli enti locali. Da sempre contribuenti e servizi tributi hanno dibattuto su avvisi
di accertamento per la maggior imposta dovuta ai fini ICI/ IMU per terreni
divenuti edificabili in base al Piano regolatore adottato dal Comune, ma non
ancora approvato dalla Regione e nei casi in cui mancava l'adozione di
strumenti urbanistici attuativi.
Tanto che, negli anni passati, come a tutt'oggi nonostante
la giurisprudenza sia pacifica nel merito, fiumi di contribuenti si recavano in
Commissione Tributaria, evidenziando che il loro terreno - seppur qualificato
come edificabile dal PRG - di fatto ed in concreto su quest'ultimo non era
possibile mettere neppure un "mattone", in mancata dell'approvazione
del piano regolatore da parte della Regione oppure in mancanza di strumenti
attuativi, con l'assurdo di dover pagare una maggiore imposta su un terreno
solo potenzialmente edificabile. Gli orientamenti giurisprudenziali formatesi
inizialmente in materia erano tutt'altro che uniformi fintantoché, a porre fine
alla diatriba, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con
la nota sentenza n. 25506 del 30 novembre 2006. A tale principio fa rinvio la
stessa Corte nel luglio del 2016 quando con ordinanza n. 14676, nel rigettare il
ricorso proposto da un contribuente, afferma espressamente come non si possa
"rimettere in discussione il principio, espresso dalle Sezioni Unite con
la nota sentenza 30 novembre 2006, n. 25506, secondo cui l'edificabilità di
un'area, ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base
imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione
ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune,
indipendentemente dall'approvazione di esso da parte della Regione e
dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi, principio di seguito
costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte..., in un quadro di
riferimento segnato anche da pronuncia della Corte costituzionale (ord. 27
febbraio 2008, n. 41), che ha dichiarato inammissibile la questione di
legittimità costituzionale della norma d'interpretazione autentica dell'art. 2
lett. b) del digs. 504/1992, rappresentata dall'art. 36, comma 2 del d.l. n.
223/2006, come convertito nella legge a 248/2006".
La disciplina delle aree fabbricabili ai fini dell'Imu ovviamente
non diverge da quella applicabile ai fini dell'Ici, ciò non toglie tuttavia che
le complessità non mancano, sia con riferimento all'esatta individuazione
della nozione, sia con riguardo al valore da dichiarare, ai fini del pagamento
del saldo. La normativa dell'Imu non contiene una espressa definizione di area
edificabile, nell'articolo 13, del Dl 201/2011, tuttavia, vi è un esplicito
richiamo alle definizioni recate, in ambito Ici, nell'articolo 2, del Dlgs
504/92. In proposito, deve essere ricordato che l'articolo 36, Dl 223/2006, ha
fornito una interpretazione autentica della nozione di area edificabile
valevole per tutte le imposte, Ici compresa.
Ne deriva che tale
interpretazione autentica mantiene validità anche in vigenza del nuovo tributo
comunale.
In virtù della disposizione appena richiamata si considera area edificabile il suolo che rientra nello
strumento urbanistico generale anche solo adottato dal Comune e non ancora
approvato dai competenti organi regionali. Indiscussa dunque rileva l’effettiva
e concreta possibilità di sfruttamento edificatorio del suolo, al contrario è
sufficiente la semplice astratta potenzialità
edificatoria.
Ciò non significa ovviamente che le reali prospettive di
edificazione siano del tutto ininfluenti. Esse esplicheranno effetti infatti
sotto il profilo della misurazione del valore del suolo. Così, per esempio, è
evidente che un suolo ricadente in un Piano regolatore generale per il quale le
prospettive di costruzione sono lontane nel tempo avrà un valore di molto
inferiore rispetto a quello attribuibile ad un suolo per il quale è stata già
rilasciata l'autorizzazione a costruire. Nell'Imu resta inoltre applicabile la
previsione di cui all'articolo 5, comma 6, del Dlgs 504/92, a mente della quale
se un fabbricato è oggetto di lavori di ristrutturazione straordinaria come
pure in caso di lavori di edificazione in corso, si tassa l'area di sedime dei
lavori sempre e comunque come area edificabile, anche in deroga alle regole
ordinarie.
Certo è che come per l’ICI anche ai fini dell'IMU vale la
regola secondo cui l'imposta si applica sul valore di mercato dell'area al primo gennaio di ciascun anno.
Questo criterio opera anche nell'ipotesi in cui un terreno agricolo diventa
edificabile in corso d'anno.
Allo scopo di facilitare il compito dei contribuenti, come
più volte si è detto, i comuni possono deliberare i valori di riferimento delle
aree. I Comuni possono, in primo luogo, deliberare valori che, se accettati dal
contribuente, proteggono da futuri accertamenti. In tale eventualità, occorre
una delibera consiliare. Resta tuttavia inteso che se il contribuente ha motivo
per ritenere eccessivi i valori comunali, egli potrà discostarsene. Inoltre, i
Comuni possono deliberare valori meramente orientativi dell'attività di
accertamento degli uffici (Cassazione, sentenza 13105/2012). In questa
eventualità, è sufficiente una delibera giunta. In tal caso, i contribuenti che
intendono adeguarsi ai valori di orientamento non sono garantiti dalla delibera
comunale.
Gli uffici tributari possono infatti rettificare i pagamenti
eseguiti sulla base di criteri diversi da quelli deliberati, a condizione che
motivino le ragioni della rettifica.
Tocchiamo per ultimo un altro tema “caldo”, il Comune è
tenuto a dare notizia agli interessati
con lettera raccomandata quando attribuisce la qualifica di edificabilità a un
suolo. In caso di omissione del comune, si ritiene che al contribuente che non
abbia adeguato i versamenti al maggior valore del suolo non potranno essere
comminate sanzioni (circolare n. 3/2012 del Dipartimento delle Finanze).