Non c'è pace
per la Tasi. L'accelerazione che il premier Matteo Renzi, dopo il successo delle europee di domenica, vuole
imprimere all'attività di governo rischia di non riguardare il tributo sui servizi
indivisibili. Il decreto che dovrebbe sancire lo spostamento del termine di
pagamento della prima rata dal 16 giugno al 16 ottobre – facendo seguito al
comunicato di lunedì scorso del ministero dell'Economia – potrebbe non
essere all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri atteso tra domani e
venerdì. E slittare dunque alla prossima settimana. Per ora è solo una voce. Che ha trovato già una
prima conferma: il decreto non è stato discusso durante il pre-consiglio di ieri, e
riunioni tecniche sono proseguite nel pomeriggio e sono in programma anche
oggi. Ma questo indizio da solo non basta per parlare di "rinvio del
rinvio" sia perché il provvedimento potrebbe arrivare comunque "fuori
sacco" sul tavolo di Palazzo Chigi, sia perché il sottosegretario all'Economia,
Enrico Morando, ha ribadito ieri che il testo sarà varato «prestissimo».
Tuttavia, a far propendere per uno slittamento di qualche giorno c'è anche la
circostanza che non tutti i nodi sono stati risolti. Se l'accordo sembra ormai raggiunto sullo
slittamento al 16 ottobre (anche se la nota dell'Economia parlava esplicitamente di proroga «a
settembre») del termine di versamento della Tasi nei Comuni che non hanno
inviato alle Finanze la delibera entro il 23 maggio, lo stesso non può
dirsi per l'altro tema ancora in ballo: decidere se estendere o meno il nuovo
calendario in due tempi anche all'abitazione principale. Per la prima casa
infatti la scelta del 16 ottobre finirebbe per rivelarsi invece un
anticipo, dal momento che la norma della legge di stabilità che l'ha
introdotto prevedeva, in assenza della delibera comunale, l'obbligo di
corrispondere l'imposta tutta insieme il 16 dicembre. In realtà sul tavolo c'è anche un'altra ipotesi:
spostare il termine della Tasi con un emendamento al decreto Irpef all'esame del
Senato. Con una controindicazione non da poco però. E cioè che, visti i tempi
ancora lunghi di conversione del decreto contenente il bonus da 80 euro, la
proroga rischierebbe di arrivare dopo la scadenza del 16 giugno
prevista dalla legge. Da qui il possibile compromesso di emanare comunque il
decreto Tasi e farlo poi confluire nel testo in discussione a Palazzo
Madama con un emendamento. Come confermato da uno dei relatori, Antonio
D'Alì (Ncd): «È capitato tante volte...» Affinché ciò accada saranno cruciali i tempi. Il
decreto Irpef, infatti, è atteso in aula martedì 3 giugno. Se il consiglio dei ministri
per il varo del decreto Tasi si svolgesse oltre quella data, l'unica
soluzione in mano all'esecutivo sarebbe quella di inserirlo in una
maxiemendamento su cui chiedere la fiducia dell'assemblea. La strada alternativa che
porta a una sua "traslazione" durante il prossimo passaggio
alla Camera non sembra praticabile perché costringerebbe il provvedimento con il
bonus da 80 euro a ritornare nuovamente al Senato. Per una terza approvazione
parlamentare che mal si sposa con una scadenza per la conversione fissata
al 22 giugno.