FONTE: ITALIA OGGI http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-05-28&atto.codiceRedazionale=14A04126&elenco30giorni=false
30 maggio 2014
TASI: PRONTO IL BOLLETTINO POSTALE
FONTE: ITALIA OGGI http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-05-28&atto.codiceRedazionale=14A04126&elenco30giorni=false
29 maggio 2014
IL CONIUGE NON ASSEGNATARIO PAGA LA TASI
Il coniuge non assegnatario della casa coniugale, in seguito a provvedimento di separazione o divorzio, non paga l'Imu ma deve pagare la Tasi. Il coniuge assegnatario, infatti, è titolare ex lege del diritto di abitazione solo per l'Imu.
Quindi, entrambi i coniugi sono solidalmente tenuti a versare l'imposta sui servizi indivisibili in caso di contitolarità dell'immobile. Il coniuge non titolare, che occupa l'immobile, invece, deve pagare solo una quota parte del tributo, nella misura che varia dal 10 al 30% a seconda della scelta fatta dal comune con regolamento,qualora non ne sia titolare. Sebbene Imu e Tasi abbiano la stessa base imponibile, il coniuge separato o divorziato non assegnatario dell'immobile, che non ha alcun obbligo per l'imposta municipale, deve pagare la Tasi per l'immobile assegnato dal giudice all'altro coniuge, se ne è proprietario o comproprietario. La disciplina della nuova imposta sui servizi indivisibili non riproduce la stessa norma prevista per l'Imu che esonera il coniuge non assegnatario dagli obblighi di legge.
Normalmente, è il possesso di diritto di un immobile che obbliga al pagamento dell'imposta municipale. L'unica eccezione è rappresentata dalla casa assegnata al coniuge con provvedimento giudiziale. Il legislatore, in sede di conversione del dl 16/2012, con una evidente forzatura ha posto a carico del coniuge assegnatario la titolarità dell'immobile.
L'articolo 4, comma 12-quinquies, del dl sulle semplificazioni fiscali (16/2012) prevede espressamente che, solo per l'Imu, l'assegnazione della casa coniugale a favore di uno dei coniugi, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, "si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione".
Che il semplice possesso non obblighi al pagamento lo ha chiarito più volte la Cassazione (sentenza 18476/2005).
Se il giudice avesse assegnato in passato l'ex casa coniugale, il coniuge assegnatario non sarebbe stato tenuto al pagamento dell'Ici. Il giudice non ha, infatti, il potere di costituire diritti reali di godimento sull'immobile. Tuttavia, la norma di legge che ha riconosciuto all'assegnatario la titolarità del diritto di abitazione non produce effetti per la Tasi. Per quest'ultimo tributo l'obbligazione è solidale e del pagamento, quindi, rispondono entrambi i coniugi se contitolari.
A differenza dell'Imu, però, l'imposta sui servizi indivisibili la paga, oltre al possessore di diritto, anche l'occupante dell'immobile, nella misura che varia dal 10 al 30% stabilita con regolamento comunale. Quindi, il coniuge assegnatario è tenuto comunque a pagare una quota parte dell'imposta nella qualità di detentore dell'immobile, ma solo se non risulti comproprietario dell'unità immobiliare, in base a quanto disposto dall'articolo 1, comma 681, della legge di Stabilità (147/2013). Va ribadito che la titolarità del diritto di abitazione vale espressamente solo per l'Imu.
Fonte: Italia Oggi
Quindi, entrambi i coniugi sono solidalmente tenuti a versare l'imposta sui servizi indivisibili in caso di contitolarità dell'immobile. Il coniuge non titolare, che occupa l'immobile, invece, deve pagare solo una quota parte del tributo, nella misura che varia dal 10 al 30% a seconda della scelta fatta dal comune con regolamento,qualora non ne sia titolare. Sebbene Imu e Tasi abbiano la stessa base imponibile, il coniuge separato o divorziato non assegnatario dell'immobile, che non ha alcun obbligo per l'imposta municipale, deve pagare la Tasi per l'immobile assegnato dal giudice all'altro coniuge, se ne è proprietario o comproprietario. La disciplina della nuova imposta sui servizi indivisibili non riproduce la stessa norma prevista per l'Imu che esonera il coniuge non assegnatario dagli obblighi di legge.
Normalmente, è il possesso di diritto di un immobile che obbliga al pagamento dell'imposta municipale. L'unica eccezione è rappresentata dalla casa assegnata al coniuge con provvedimento giudiziale. Il legislatore, in sede di conversione del dl 16/2012, con una evidente forzatura ha posto a carico del coniuge assegnatario la titolarità dell'immobile.
L'articolo 4, comma 12-quinquies, del dl sulle semplificazioni fiscali (16/2012) prevede espressamente che, solo per l'Imu, l'assegnazione della casa coniugale a favore di uno dei coniugi, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, "si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione".
Che il semplice possesso non obblighi al pagamento lo ha chiarito più volte la Cassazione (sentenza 18476/2005).
Se il giudice avesse assegnato in passato l'ex casa coniugale, il coniuge assegnatario non sarebbe stato tenuto al pagamento dell'Ici. Il giudice non ha, infatti, il potere di costituire diritti reali di godimento sull'immobile. Tuttavia, la norma di legge che ha riconosciuto all'assegnatario la titolarità del diritto di abitazione non produce effetti per la Tasi. Per quest'ultimo tributo l'obbligazione è solidale e del pagamento, quindi, rispondono entrambi i coniugi se contitolari.
A differenza dell'Imu, però, l'imposta sui servizi indivisibili la paga, oltre al possessore di diritto, anche l'occupante dell'immobile, nella misura che varia dal 10 al 30% stabilita con regolamento comunale. Quindi, il coniuge assegnatario è tenuto comunque a pagare una quota parte dell'imposta nella qualità di detentore dell'immobile, ma solo se non risulti comproprietario dell'unità immobiliare, in base a quanto disposto dall'articolo 1, comma 681, della legge di Stabilità (147/2013). Va ribadito che la titolarità del diritto di abitazione vale espressamente solo per l'Imu.
Fonte: Italia Oggi
NOTA DI LETTURA DI ANCI EMILIA-ROMAGNA AL DL 16/2014
Fonte: Logos PA
TASI: GOVERNO ANCORA AL LAVORO PER IL RINVIO
Non c'è pace
per la Tasi. L'accelerazione che il premier Matteo Renzi, dopo il successo delle europee di domenica, vuole
imprimere all'attività di governo rischia di non riguardare il tributo sui servizi
indivisibili. Il decreto che dovrebbe sancire lo spostamento del termine di
pagamento della prima rata dal 16 giugno al 16 ottobre – facendo seguito al
comunicato di lunedì scorso del ministero dell'Economia – potrebbe non
essere all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri atteso tra domani e
venerdì. E slittare dunque alla prossima settimana. Per ora è solo una voce. Che ha trovato già una
prima conferma: il decreto non è stato discusso durante il pre-consiglio di ieri, e
riunioni tecniche sono proseguite nel pomeriggio e sono in programma anche
oggi. Ma questo indizio da solo non basta per parlare di "rinvio del
rinvio" sia perché il provvedimento potrebbe arrivare comunque "fuori
sacco" sul tavolo di Palazzo Chigi, sia perché il sottosegretario all'Economia,
Enrico Morando, ha ribadito ieri che il testo sarà varato «prestissimo».
Tuttavia, a far propendere per uno slittamento di qualche giorno c'è anche la
circostanza che non tutti i nodi sono stati risolti. Se l'accordo sembra ormai raggiunto sullo
slittamento al 16 ottobre (anche se la nota dell'Economia parlava esplicitamente di proroga «a
settembre») del termine di versamento della Tasi nei Comuni che non hanno
inviato alle Finanze la delibera entro il 23 maggio, lo stesso non può
dirsi per l'altro tema ancora in ballo: decidere se estendere o meno il nuovo
calendario in due tempi anche all'abitazione principale. Per la prima casa
infatti la scelta del 16 ottobre finirebbe per rivelarsi invece un
anticipo, dal momento che la norma della legge di stabilità che l'ha
introdotto prevedeva, in assenza della delibera comunale, l'obbligo di
corrispondere l'imposta tutta insieme il 16 dicembre. In realtà sul tavolo c'è anche un'altra ipotesi:
spostare il termine della Tasi con un emendamento al decreto Irpef all'esame del
Senato. Con una controindicazione non da poco però. E cioè che, visti i tempi
ancora lunghi di conversione del decreto contenente il bonus da 80 euro, la
proroga rischierebbe di arrivare dopo la scadenza del 16 giugno
prevista dalla legge. Da qui il possibile compromesso di emanare comunque il
decreto Tasi e farlo poi confluire nel testo in discussione a Palazzo
Madama con un emendamento. Come confermato da uno dei relatori, Antonio
D'Alì (Ncd): «È capitato tante volte...» Affinché ciò accada saranno cruciali i tempi. Il
decreto Irpef, infatti, è atteso in aula martedì 3 giugno. Se il consiglio dei ministri
per il varo del decreto Tasi si svolgesse oltre quella data, l'unica
soluzione in mano all'esecutivo sarebbe quella di inserirlo in una
maxiemendamento su cui chiedere la fiducia dell'assemblea. La strada alternativa che
porta a una sua "traslazione" durante il prossimo passaggio
alla Camera non sembra praticabile perché costringerebbe il provvedimento con il
bonus da 80 euro a ritornare nuovamente al Senato. Per una terza approvazione
parlamentare che mal si sposa con una scadenza per la conversione fissata
al 22 giugno.
28 maggio 2014
CORREZIONE DATI CATASTALI ONLINE (CONTACT CENTER) - GRATUITO
Correzione dati catastali online (Contact Center)
Il "Contact center" invia automaticamente, all'indirizzo email indicato dall’utente nella richiesta, un messaggio di avvenuta presa in carico della stessa contenente anche il numero identificativo assegnatole, da citare in eventuali ulteriori comunicazioni.
La richiesta può essere trattata direttamente dal "Contact center oppure inoltrata all'ufficio provinciale competente. L'esito della richiesta è comunicato all'utente, tramite posta elettronica. Se la questione non rientra tra gli argomenti trattati dal Contact center, all'utente viene comunicato che il problema non può essere risolto tramite il servizio.
Attenzione: il servizio online è finalizzato esclusivamente alla correzione degli errori presenti nelle banche dati catastali e può essere utilizzato solo per alcune tipologie di richieste e segnalazioni.
Per avere maggiori informazioni consulta la guida al servizio.
Cosa si può correggere online
- Errore sulla persona a cui è intestato l'immobile. L'errore può riguardare: cognome e nome (per le aziende "denominazione"), codice fiscale, luogo e data di nascita (per le aziende "sede legale"), diritti e quota di possesso. Per presentare la richiesta occorre disporre dell’identificativo catastale dell'immobile (foglio, particella, subalterno) e degli estremi di uno dei seguenti documenti: atto notarile di acquisto (o altro atto pubblico), dichiarazione di successione, domanda di voltura catastale, denuncia al catasto di nuova costruzione o variazione. Questi dati sono contenuti sulla visura catastale e sui documenti citati (atto notarile, successione, ecc.).
- Errore sui dati dell’immobile. L'errore può riguardare indirizzo, ubicazione (n° civico, piano, interno, ecc.) o evidenti inesattezze nella consistenza (numero vani o metri quadri). Per presentare la richiesta occorre disporre dell’identificativo catastale dell'immobile (foglio, particella, subalterno) e degli estremi di uno dei seguenti documenti: atto notarile di acquisto, dichiarazione di successione, denuncia al catasto di nuova costruzione o di variazione o altro documento comprovante l'avvenuta variazione.
- Segnalazione di incoerenza per fabbricato non dichiarato. L'Agenzia ha il compito di individuare fabbricati non dichiarati in Catasto, richiedendo ai titolari di regolarizzarne la situazione. A tal fine l'Agenzia ha pubblicato gli elenchi dei Comuni e delle particelle di terreno nei quali è stata accertata la presenza di fabbricati o di ampliamenti di costruzioni che non risultano dichiarati in Catasto. L'identificazione dei fabbricati è avvenuta mediante un'attività di foto-identificazione da immagini territoriali, condotta in collaborazione con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), e successivi processi "automatici" di incrocio con le banche-dati catastali. Trattandosi di elaborazioni massive, è possibile che negli elenchi si riscontrino incoerenze quale l’indicazione, in qualche caso, di immobili già censiti in Catasto. Vi sono situazioni particolari (fabbricati non dichiarati) in cui i titolari non sono tenuti ad alcun adempimento. Con il servizio Contact Center è possibile segnalare queste situazioni, così da risolvere il problema senza ulteriori passaggi. Le segnalazioni possono riguardare solo immobili presenti negli elenchi pubblicati sul sito internet dell'Agenzia.
- Altri tipi di richieste. Si tratta di casi particolari, la cui individuazione richiede una approfondita conoscenza della materia catastale e buone capacità di diagnosi delle cause delle incongruenze. Pertanto, questo tipo di richieste è rivolto per lo più a tecnici professionisti. Queste le richieste consentite: registrazione atto Catasto fabbricati, assegnazione identificativo definitivo, informatizzazione planimetria, registrazione atto Catasto terreni , registrazione variazione colturale, rettifica duplicati di particella, passaggio particella terreni a ente urbano, segnalazione errori monografie dei punti fiduciali, correzione identificativo (da impianto meccanografico), assegnazione rendita catastale.
Cosa non si può correggere online:
- reclami per disservizi da parte degli uffici
- solleciti per la trattazione di atti presentati e non ancora evasi
- istanze di revisione della rendita catastale
- richieste di assistenza nell'utilizzo delle procedure informatiche
- richieste di informazione sullo stato di avanzamento delle pratiche (salvo quelle pervenute allo stesso Contact center)
- richieste di informazione generiche su procedimenti, indirizzi, ecc.
In questi casi l'utente può rivolgersi agli uffici Provinciali competenti per territorio.
TARI E UTILIZZO SUPERFICI CATASTALI
Ecco in breve la differenza delle superfici Tarsu e Tares rese disponibili dal portale SISTER per le Pubbliche Amministrazioni:
L'obbligo di utilizzare le superfici catastali per il calcolo della Tari relativa alle unità immobiliari a destinazione ordinaria scatterà solo a decorrere dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate che attesterà il completamento del lavoro di allineamento dei dati catastali con quelli toponomastici. Lo ha disposto l'art. 2 del dl 16/2014 (convertito dalla legge 68/2014), modificando la formulazione dell'art. 1, comma 645, della legge 147/2013.A tal fine, si utilizza il portale Sister gestito dall'Agenzia: attraverso tale piattaforma, vengono forniti i dati relativi a ciascuna unità immobiliare, con quantificazione della superficie catastale determinata ai sensi del dpr 138/1998. I comuni dovranno però porre particolare attenzione ai dati resi disponibili tramite detto Portale: da una parte vengono forniti i dati Tares, dall'altra quelli Tarsu. Con una importante differenza: i primi contengono «tutte» le superfici dell'unità immobiliare, calcolate secondo i dettami del citato dpr 138/1998, i secondi le superfici che partono dal calcolo dello stesso decreto, ma che seguono le istruzioni della determinazione emessa dall'Agenzia del territorio nell'agosto del 2005.La differenza sta nelle superfici scoperte pertinenziali delle abitazioni, escluse dal calcolo delle superficie catastali fornite ai fini Tarsu. Pertanto, le superfici dei dati metrici ai fini Tares sono al lordo delle superfici scoperte pertinenziali, mentre le superfici dei dati metrici ai fini Tarsu sono al netto delle superfici scoperte pertinenziali. Nella sezione del Portale dedicata ai dati Tares, è stata inserita, inoltre, la procedura con la quale i comuni che evidenziano discordanze rispetto ai dati in proprio possesso, possono inviare all'Agenzia le proprie informazioni, finalizzate appunto al corretto allineamento dei dati tra i due enti.
Italia Oggi - a cura di Matteo Barbero.
TARI A SCADENZE VARIABILI
I contribuenti per versare la tassa rifiuti devono attendere gli avvisi di pagamento spediti dal comune, che è competente a fissare numero delle rate e scadenze. E non possono essere sanzionati in caso di mancato pagamento degli avvisi bonari spediti a mezzo posta ordinaria. La sanzione può essere applicata solo se contestata con raccomandata. A differenza di Imu e Tasi, per il versamento della tassa sui rifiuti la legge non fissa le scadenze e demanda alle amministrazione comunali il potere di stabilire il numero delle rate e le date per il pagamento di acconti e saldi. La Tari, inoltre, non va versata in autoliquidazione e spetta agli enti il compito di inviare ai contribuenti gli avvisi di pagamento, magari allegando bollettini e modelli precompilati per semplificare gli adempimenti. Normalmente la prima spedizione avviene a mezzo posta ordinaria. Dopo l'omesso versamento in seguito alla spedizione degli atti, invece, si procede alla formalizzazione della pretesa tributaria, con la notifica tramite raccomandata con avviso di ricevimento e addebito delle spese relative. Solo l'omesso versamento delle somme richieste con la notifica dell'atto all'interessato fa scattare la sanzione del 30%. A partire da quest'ultimo momento l'amministrazione può provare che il contribuente sia inadempiente e assoggettabile alla sanzione per la violazione commessa. È evidente, quindi, che anche le scadenze possono non essere osservate qualora gli avvisi di pagamento non siano formalmente notificati. Acconti In questo periodo i comuni possono spedire, se non l'hanno già fatto, le richieste di versamento degli acconti della tassa anche se non hanno ancora adottato i regolamenti e determinato le tariffe, in attesa dell'emanazione delle delibere e dell'approvazione dei bilanci preventivi il cui termine di scadenza è stato prorogato al 31 luglio. Possono riscuotere la Tari in acconto calcolando gli importi in base a quanto pagato dai contribuenti l'anno precedente, nonostante manchi una norma ad hoc che attribuisca espressamente questo potere. Secondo il dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia (nota 5648/2014) non serve un'apposita disposizione legislativa per riscuotere gli acconti, in quanto il comma 688 della legge di Stabilità (147/2013) attribuisce alle amministrazioni locali la piena facoltà di stabilire liberamente le scadenze, prevedendo come unico limite il rispetto della previsione di un numero minimo di due rate semestrali. Modalità La tassa può essere versata, in base alle recenti modifiche introdotte in sede di conversione del dl sulla finanza locale (16/2014), con bollettino di conto corrente postale. In alternativa, è possibile pagare con F24 o tramite i servizi elettronici interbancari e postali. Tuttavia, nonostante il comune possa fissare liberamente numero delle rate e scadenze per il versamento, la legge impone che tassa rifiuti e imposta sui servizi indivisibili (Tasi) vengano pagate in momenti diversi. Inoltre, va assicurato ai contribuenti il versamento in almeno due rate a scadenza semestrale. Fermo restando che gli interessati possono pagare in un'unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Infine, è possibile delegare la gestione dell'accertamento e riscossione della tassa ai soggetti che hanno svolto queste attività nel corso del 2013, i quali possono esercitarle per tutta la durata del contratto, stipulato prima dell'entrata in vigore del nuovo regime di prelievo sui rifiuti, fino alla sua naturale scadenza.
FONTE: ITALIA OGGI
IL GOVERNO RIPARTE DA TASI E DELEGA FISCALE
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