Negli ultimi giorni si è focalizzata l’attenzione intorno
all'applicazione della Tari e la sua corretta modalità di calcolo circa le
pertinenze all’area abitativa. A seguito dunque di quanto accaduto e delle criticità
riscontrate dagli uffici e l’esigenza di ripristinare una corretta modalità d’uso
procedendo ai necessari adeguamenti, analizziamo la disciplina della Tari,
partendo dai riferimenti normativi.
Al riguardo, l’art. 1, comma 651, della Legge 27 dicembre
2013 n. 147, prevede che “Il comune nella commisurazione della tariffa tiene conto
dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1999 n. 158”. Relativamente alla determinazione
della tariffa il DPR citato stabilisce che la Tari è composta da una parte fissa e una variabile.
La parte fissa è
determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, al
contrario la parte variabile è
commisurata alla quantità di rifiuti conferiti. Altra distinzione che viene
apportata è relativa alla tipologia, difatti le tariffe vengono divise in
utenze domestiche e utenze non domestiche.
In relazione alla tariffa, l’art. 5, comma 1 del DPR
158/1999 prevede che la parte fissa per le utenze domestiche è determinata
secondo quanto specificato nell’allegato 1 al DPR, ovvero, in base alla superficie
e alla composizione del nucleo familiare.
Per la parte variabile, sempre il comma 2 dello stesso articolo, sancisce che la tariffa è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati per kg, prodotta da ciascuna utenza.
Descritto il criterio secondo il quale vengono computate tali tariffe, passiamo ad analizzare il motivo principale della disputa che vede come protagonista l’utenza domestica e la relativa pertinenza. Per utenza domestica deve intendersi quella comprensiva sia della superficie adibita ad uso abitativo sia quella relativa alla pertinenza. A supporto di quanto espresso, e ribadito anche dalla circolare 1/DF del Ministero delle Finanze redatta in data 20 novembre 2017 proprio a supporto della corretta applicazione della norma, si evidenzia l’art. 16 del prototipo di Regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi possono ritenersi applicabili anche relativamente alla TARI, il quale prevede che, la quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti.
Per la parte variabile, sempre il comma 2 dello stesso articolo, sancisce che la tariffa è rapportata alla quantità di rifiuti indifferenziati e differenziati per kg, prodotta da ciascuna utenza.
Descritto il criterio secondo il quale vengono computate tali tariffe, passiamo ad analizzare il motivo principale della disputa che vede come protagonista l’utenza domestica e la relativa pertinenza. Per utenza domestica deve intendersi quella comprensiva sia della superficie adibita ad uso abitativo sia quella relativa alla pertinenza. A supporto di quanto espresso, e ribadito anche dalla circolare 1/DF del Ministero delle Finanze redatta in data 20 novembre 2017 proprio a supporto della corretta applicazione della norma, si evidenzia l’art. 16 del prototipo di Regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), i cui principi possono ritenersi applicabili anche relativamente alla TARI, il quale prevede che, la quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti.
Appare evidente che la quota fissa dell’utenza domestica
deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata a
quella delle pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli
occupanti dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un
valore assoluto. Dunque modalità corretta di imputazione relativamente alla
quota variabile appare computarla una
sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica.
Nel caso in cui tale calcolo non sia così effettuato è da
intendersi errato e non legittimo, pertanto rimborsabile al contribuente la
somma erroneamente versata. Il caso portato alla luce nei giorni scorsi è
relativo alla sì detta fattispecie, per la quale, il calcolo Tari sulla quota
variabile è risultato anomalo in quanto la quota variabile è stata calcolata
più volte sulle pertinenze dell’abitazione domestica.
Il caso della TARI
gonfiata sulla quota variabile, pertanto, nasce dall'errata applicazione della normativa visto che la quota
variabile TARI deve essere calcolata si sulla cantina e sul garage in quanto
pertinenze dell'abitazione domestica ma, come detto, una sola volta.
Il Ministero, con la circolare sopra menzionata, invita i
contribuenti che hanno riscontrato un calcolo errato della parte variabile
della Tari, a chiedere il rimborso
dell’importo dal 2014 ad oggi, anche se è meglio precisare che il rimborso è richiedibile anche per l'anno 2013 in cui vigeva la TARES, diverso Tributo, ma applicato con le stesse modalità della TARI.
L'istanza è comunque da proporre al Comune o al soggetto gestore del servizio rifiuti e dovrà contenere: tutti i dati sul contribuente, l’importo versato, l’importo da rimborsare e i dati della pertinenza che è stata calcolata erroneamente. La Circolare precisa, inoltre, che non è possibile chiedere il rimborso relativamente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), governata da regole diverse da quelle della TARI, che non prevedevano la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile. Né, è possibile procedere alla richiesta di rimborso laddove i comuni abbiano adottato in luogo della TARI, una tariffa avente natura corrispettiva TARIP, esattamente per il principio in base al quale la modalità di calcolo della tariffa non corrisponde con quello adottato per il calcolo della TARI e delle sue componenti.
L'istanza è comunque da proporre al Comune o al soggetto gestore del servizio rifiuti e dovrà contenere: tutti i dati sul contribuente, l’importo versato, l’importo da rimborsare e i dati della pertinenza che è stata calcolata erroneamente. La Circolare precisa, inoltre, che non è possibile chiedere il rimborso relativamente alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), governata da regole diverse da quelle della TARI, che non prevedevano la ripartizione della stessa in quota fissa e variabile. Né, è possibile procedere alla richiesta di rimborso laddove i comuni abbiano adottato in luogo della TARI, una tariffa avente natura corrispettiva TARIP, esattamente per il principio in base al quale la modalità di calcolo della tariffa non corrisponde con quello adottato per il calcolo della TARI e delle sue componenti.