Sempre più contribuenti rintracciano nella rateizzazione la
migliore modalità di pagamento e assolvimento del debito che hanno maturato con
l’Ente nel nostro caso. E’ così che la maggior parte degli atti emessi dagli
Uffici finanziari viene riscontrato con una richiesta di rateizzazione da parte
del contribuente, alla quale l’Ufficio risponde in ottemperanza al regolamento
delle entrate specifico dell’Ente.
Il Regolamento è adottato nell’ambito della potestà
regolamentare attribuita dalla legge e disciplina le varie attività che il
contribuente e l’Ente impositore sono tenuti a compiere ai fini dell’applicazione
dei tributi di competenza del Comune, con particolare riguardo alle attività di
accertamento, anche istruttorio, e alla riscossione dei tributi medesimi. Le
norme del Regolamento sono finalizzate a garantire il buon andamento dell’attività
del Comune quale soggetto attivo del tributo, in osservanza dei principi di
equità, efficacia, economicità e trasparenza, nonché a stabilire un corretto
rapporto di collaborazione con il contribuente fornendogli adeguata
informazione sugli adempimenti relativi a tributi locali e sulle norme di
salvaguardia a suo favore, nell'osservanza dei principi dettati dallo “Statuto
del contribuente” (Legge 212 del 27 luglio 2000).
E’ dunque in questa sede che vengono espresse le modalità
che possono essere adottate per la definizione dell’eventuale rateizzazione.
Numero di rate possibili, scadenze, limiti e portata generale.
Prima di analizzare la fattispecie nel dettaglio ricordiamo
solo brevemente che l’impulso all’attività di riscossione viene data dall’atto
di accertamento emesso dall’ufficio in mancanza di un corretto pagamento da
parte del contribuente. E’ pertanto questo il titolo con il quale si perfeziona
l’atto e lo si notifica all’intestatario. Decorsi 60 giorni, dalla notifica del
suddetto, senza che a questo sia stata apportata modifica alcuna o
annullamento, la pretesa tributaria avanzata dall’Ente diviene definitiva, dunque
riscuotibile coattivamente. Tale potere è però limitato nel tempo, in quanto
gli adempimenti necessari a porre in essere tale procedura devono essere messi
in atto entro e non oltre il 31 Dicembre del terzo anno successivo alla
definizione. In caso contrario decade l’Ufficio dal diritto di riscuotere il
titolo.
Il contribuente a questo punto se riconoscesse legittima la
pretesa tributaria richiesta dall’ufficio può fare richiesta di pagamento
rateizzato. Dunque protocollare all’Ente una richiesta scritta che venga poi
valutata e accordata dallo stesso in ordine ai criteri stabiliti dal regolamento
comunale delle entrate, con il quale come asserito prima si disciplina tale
materia.
Vediamo che all’Ente viene riconosciuto dal Legislatore un
ampio potere regolamentare relativamente alla riscossione e dilazione di detti
atti. Pertanto l’ufficio che a sua volta gode di autonomia del potere dilatorio
non ha alcun tipo di limitazione nella redazione del regolamento e della
contestuale attuazione di un piano di rateizzazione eventuale. Per ciò detto, a
volte gli enti redigono regolamenti con dilazioni che potrebbero essere armi a
doppio taglio. Questo perché nel voler agevolare il rientro del debito del contribuente,
magari prevedendo delle scadenze a lungo termine con una rateizzazione superiore
alle “classiche” 30 rate si rischia quello che potremmo definire un “fortunoso
incidente” per il contribuente.
Difatti, tenendo a mente il principio tributario in base al
quale, tutti gli adempimenti necessari per porre in riscossione coattiva un
titolo devono essere posti in essere entro e non oltre il 31 Dicembre del terzo
anno successivo alla definizione e che trascorso tale termine essendo questo
perentorio decade il diritto dell’Ente stesso alla riscossione del credito. Se
si ipotizza una rateizzazione che superi il detto termine, non sarà più possibile avviare la riscossione coattiva emettendo l’atto propedeutico e pretendere il pagamento del debito rimanente se il contribuente fosse
stato inadempiente o avesse mancato il saldo di un congruo numero di rate, in
tale circostanza l’ente si troverebbe in un corto circuito normativo.
Passato l’intervallo temporale succitato, l’ente non ha più
la possibilità di remissione dell’atto, perde dunque la titolarità del credito
essendo scaduto il termine entro il quale porre in essere gli adempimenti
necessari a tale fine.
Si evince da ciò che il contribuente si troverebbe in tali
casi nella possibilità di non versare quanto dovuto senza incorrere in alcun
tipo di sanzione e/o provvedimento integrativo.
L’Ufficio potrebbe incorrere invece in un grave danno erariale costituito dalla
mancata attuazione di un corretto piano di ammortamento in quanto lo stesso ha
messo l’ente nella condizione di danno e mancato rientro della somma a lui
dovuta.