Se in una stessa famiglia due coniugi o due persone unite
civilmente svolgono lavori diversi, o comunque hanno esigenze differenti, è
possibile che non vivano nella stessa casa pur non essendo separati, è dunque possibile,
in questi casi, che abbiano residenze diverse. Non si tratta infatti, secondo
la legge, di violazione dell’obbligo di coabitazione imposta dal diritto di
famiglia (articolo 143 del Codice Civile).
Relativamente all’obbligo di coabitazione, questo è un
dovere di entrambi i coniugi imposto per salvaguardare l’unità familiare tanto
quanto il dovere di fedeltà, di assistenza morale e materiale e di
collaborazione. La residenza si riferisce, invece, al luogo in cui una persona
abita di solito e ha rilevanza, più che sullo stato di famiglia, sul fisco. Il
fatto di avere due residenze diverse non implica infatti l’assenza di unità
familiare in quanto si può trattare di una circostanza necessaria e inevitabile
per motivi di lavoro e quindi proprio per assolvere a quei doveri di
collaborazione di cui sopra.
Ora la questione si sposta sulla definizione di abitazione principale, rilevante nel
caso di agevolazioni Imu e Tasi, che
nelle abitazioni principali non si pagano (mentre si pagano per le seconde case).
L’abitazione principale, ricordiamo,
per la legge coincide con il luogo nel
quale si ha residenza anagrafica e dimora abituale.
La residenza nell'abitazione però non sempre dà diritto
all'esenzione dell'Imu.
La perde infatti la moglie se il marito usufruisce del bonus
per un'altra casa. Solo uno dei due beni può infatti essere deputato a dimora
reale della famiglia. Questo è il principio ultimo sancito dalla Cassazione con
l’ordinanza n.5314 del 22 febbraio 2019. Per la Suprema Corte, in sostanza, la casa principale è della famiglia che
è l'unica a usufruire del bonus.
La residenza, in tale fattispecie, è un parametro che passa
in secondo piano. Ad avviso del Collegio di legittimità, “in tema di Ici (oggi
Imu), ai fini della spettanza della detrazione e dell'applicazione
dell'aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall'art 8 del dlgs
n. 504/1992, un'unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale
solo se costituisca la dimora abituale
non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il
diritto alla detrazione nell'ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile
solo nel ricorrente e invece difetti nei familiari”.
Nel caso sottoposto all'esame della Corte, è stato accertato
che solo la ricorrente aveva la propria residenza anagrafica nel Comune mentre
il proprio coniuge, non legalmente
separato, non solo aveva residenza e dimora abituale in altro Comune ma
aveva usufruito in tale Comune dell'agevolazione in materia di Ici.
La Ctr, ritenendo possibile che ogni coniuge, anche non
separato, potesse avere una propria abitazione principale non si è uniformato
al principio di diritto ricordato in motivazione. Il sipario sulla vicenda si è
concluso definitivamente di fronte ai Supremi giudici. Infatti la Cassazione ha
accolto nel merito il ricorso del Comune e, non ritenendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, ha condannato la contribuente a versare la differenza
d'imposta.
E dunque ci si chiede, l’orientamento finora sostenuto dalla
giurisprudenza, ovvero che se i coniugi hanno due residenze nello stesso
comune, verrà considerata abitazione principale uno dei due immobili, mentre
sull’altro andranno pagate regolarmente Imu e Tasi. Contrariamente se i coniugi
hanno due residenze in comuni diversi, è possibile che entrambe le case vengano
riconosciute come abitazioni principali, come si colloca?
L’ordinanza senza alcun dubbio farà discutere i giuristi e
gli operatori del settore perché evidenza è che se la Legge debba, come giusto
che sia, avere portata generale per poi analizzare la fattispecie specifica
ogni qual volta ce ne sia il bisogno, è evidente che l’interpretazione restrittiva
data dalla Suprema Corte ingessi tale circuito.
Se si considera abitazione principale solo e soltanto l’abitazione
della famiglia che a sua volta potrà essere la sola ad usufruire del bonus
appare chiaro come l’interpretazione per cui verosimilmente due coniugi aventi
residenza in comuni differenti per reali esigenze lavorative o di fatto, come
tra l’altro previsto dalla Legge, non vedano riconosciuti i loro diritti di
agevolazioni sull’immobile abitato.