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26 febbraio 2019

AGEVOLAZIONE IMU ABITAZIONE PRINCIPALE: LA RESIDENZA NON BASTA PIU'


Se in una stessa famiglia due coniugi o due persone unite civilmente svolgono lavori diversi, o comunque hanno esigenze differenti, è possibile che non vivano nella stessa casa pur non essendo separati, è dunque possibile, in questi casi, che abbiano residenze diverse. Non si tratta infatti, secondo la legge, di violazione dell’obbligo di coabitazione imposta dal diritto di famiglia (articolo 143 del Codice Civile).

Relativamente all’obbligo di coabitazione, questo è un dovere di entrambi i coniugi imposto per salvaguardare l’unità familiare tanto quanto il dovere di fedeltà, di assistenza morale e materiale e di collaborazione. La residenza si riferisce, invece, al luogo in cui una persona abita di solito e ha rilevanza, più che sullo stato di famiglia, sul fisco. Il fatto di avere due residenze diverse non implica infatti l’assenza di unità familiare in quanto si può trattare di una circostanza necessaria e inevitabile per motivi di lavoro e quindi proprio per assolvere a quei doveri di collaborazione di cui sopra.

Ora la questione si sposta sulla definizione di abitazione principale, rilevante nel caso di agevolazioni Imu e Tasi, che nelle abitazioni principali non si pagano (mentre si pagano per le seconde case). L’abitazione principale, ricordiamo, per la legge coincide con il luogo nel quale si ha residenza anagrafica e dimora abituale.

La residenza nell'abitazione però non sempre dà diritto all'esenzione dell'Imu.

La perde infatti la moglie se il marito usufruisce del bonus per un'altra casa. Solo uno dei due beni può infatti essere deputato a dimora reale della famiglia. Questo è il principio ultimo sancito dalla Cassazione con l’ordinanza n.5314 del 22 febbraio 2019. Per la Suprema Corte, in sostanza, la casa principale è della famiglia che è l'unica a usufruire del bonus.

La residenza, in tale fattispecie, è un parametro che passa in secondo piano. Ad avviso del Collegio di legittimità, “in tema di Ici (oggi Imu), ai fini della spettanza della detrazione e dell'applicazione dell'aliquota ridotta prevista per le abitazioni principali dall'art 8 del dlgs n. 504/1992, un'unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell'ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente e invece difetti nei familiari”.
Nel caso sottoposto all'esame della Corte, è stato accertato che solo la ricorrente aveva la propria residenza anagrafica nel Comune mentre il proprio coniuge, non legalmente separato, non solo aveva residenza e dimora abituale in altro Comune ma aveva usufruito in tale Comune dell'agevolazione in materia di Ici.

La Ctr, ritenendo possibile che ogni coniuge, anche non separato, potesse avere una propria abitazione principale non si è uniformato al principio di diritto ricordato in motivazione. Il sipario sulla vicenda si è concluso definitivamente di fronte ai Supremi giudici. Infatti la Cassazione ha accolto nel merito il ricorso del Comune e, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha condannato la contribuente a versare la differenza d'imposta.

E dunque ci si chiede, l’orientamento finora sostenuto dalla giurisprudenza, ovvero che se i coniugi hanno due residenze nello stesso comune, verrà considerata abitazione principale uno dei due immobili, mentre sull’altro andranno pagate regolarmente Imu e Tasi. Contrariamente se i coniugi hanno due residenze in comuni diversi, è possibile che entrambe le case vengano riconosciute come abitazioni principali, come si colloca?

L’ordinanza senza alcun dubbio farà discutere i giuristi e gli operatori del settore perché evidenza è che se la Legge debba, come giusto che sia, avere portata generale per poi analizzare la fattispecie specifica ogni qual volta ce ne sia il bisogno, è evidente che l’interpretazione restrittiva data dalla Suprema Corte ingessi tale circuito.

Se si considera abitazione principale solo e soltanto l’abitazione della famiglia che a sua volta potrà essere la sola ad usufruire del bonus appare chiaro come l’interpretazione per cui verosimilmente due coniugi aventi residenza in comuni differenti per reali esigenze lavorative o di fatto, come tra l’altro previsto dalla Legge, non vedano riconosciuti i loro diritti di agevolazioni sull’immobile abitato.

8 febbraio 2019

IRREPERIBILITÀ' ASSOLUTA NO ALLA RACCOMANDATA INFORMATIVA!!!

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1338 del 18 gennaio 2019 chiarisce il principio per il quale, in tema di notificazioni, non deve essere inviata al contribuente la raccomandata informativa sull'avvenuto deposito dell’atto impositivo nella casa comunale nel caso di irreperibilità assoluta. Pertanto la notifica si perfeziona nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione nell'albo comunale. 

Ribadiamo che il combinato disposto dell’articolo 137 e 140 cpc, nonché DPR 600 del 1973, art 60, comma 1, lett. e), è stato costantemente interpretato, nel senso che, se il destinatario dell’atto di accertamento è temporaneamente assente dal suo domicilio fiscale e se non è possibile consegnare l’atto per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone legittimate alla ricezione, la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall'art. 140 c.p.c., richiamato dalla linea del DPR 600 del 1973, art 60, comma 1, lett. e). 

Dunque, per perfezionare la notificazione di un atto di accertamento ad un destinatario “relativamente” irreperibile, occorre: 

- Il deposito di copia dell’atto nella casa del Comune in cui la notificazione deve eseguirsi; 

- L’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione e dell’ufficio o dell’azienda del destinatario; 

- La comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto di accertamento; 

- Il ricevimento della lettera raccomandata informativa o, comunque, il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione di tale raccomandata. 

Relativamente “all'irreperibilità assoluta”, occorre: 

- il deposito di copia dell'atto di accertamento, da parte del notificatore, nella casa comunale; 

- l'affissione dell'avviso di deposito nell'albo del medesimo comune; 

- il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione nell'albo comunale. 

In relazione a quest'ultima modalità di notificazione, è stato evidenziato che lo stato di "irreperibilità assoluta" del destinatario, rende impossibile l'invio della raccomandata informativa dell'avvenuto deposito nella casa comunale, con la conseguenza che la notificazione, in tal caso, non necessita di tale ulteriore adempimento, prescritto per il caso di "irreperibilità relativa", e si perfeziona nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione nell'albo comunale" (Cass. n. 16696 del 2013). 

Dunque, l'invio della raccomandata informativa è reso impossibile dallo stato di "irreperibilità assoluta" del destinatario e pertanto conseguenza di ciò è che la notifica si perfeziona dopo il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione nel suddetto albo. 

Per meglio comprendere la nozione di “momentanea assenza” del destinatario. 

L’articolo 139 del codice di procedura civile, laddove indica i soggetti abilitati a ricevere l’atto in caso di momentanea assenza del destinatario (persona di famiglia, addetta alla casa o alla sede, portiere dello stabile, vicino di casa), che la giurisprudenza qualifica come irreperibilità relativa, va interpretato nel senso che la scelta non è demandata all'intermediario della notifica (ufficiale giudiziario, messo comunale). 

Deve, invece, essere rispettato l’ordine preferenziale delle persone alle quali il plico può essere consegnato e va dato atto dell’assenza del destinatario. Solo in caso di assenza di una persona di famiglia o di un addetto alla casa o alla sede che risulti espressamente dalla relata, l’atto può essere consegnato al portiere dello stabile o, in ultima istanza, al vicino di casa. Secondo la Cassazione (sentenza 3595/2017), il giudice tributario deve valutare questo aspetto fondamentale. Non può, infatti, ritenere regolare la notificazione a mani del portiere stante il successivo invio, ex art. 139 cit., di un avviso al destinatario mediante lettera raccomandata. In questa circostanza i giudici di piazza Cavour hanno assunto una posizione rigida, sostenendo che l’avviso non ha consentito di porre effettivamente il destinatario a conoscenza dell’avvenuta notificazione. Tra l’altro, l’Agenzia delle entrate non ha dedotto alcuna circostanza sanante in merito alla riscontrata nullità della notificazione. Quindi, ha ritenuto illegittima la notifica degli atti al portiere dello stabile in cui risiede il contribuente se l’ufficiale giudiziario non ha dato atto nella relata, oltre che dell’assenza del destinatario, che non è stato possibile consegnare il provvedimento impositivo (cartella, accertamento) a persona di famiglia, addetto alla casa o alla sede. 

Sebbene non sia imposto l’utilizzo di forme sacramentali, è necessario specificare nella relata di notifica che erano assenti sia il destinatario sia gli altri soggetti abilitati a ricevere l’atto, secondo la successione preferenziale tassativamente stabilita dalla norma di legge.
 
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