La Cassazione con la sentenza 14793/2018 ha sancito un
grande principio di diritto, il disconoscimento dell’abitazione principale ai
fini Ici svelata dai bassi consumi elettrici.
Tale decisione per analogia ricomprende anche la disciplina
Imu ed è di notevole interesse soprattutto per quanto concerne le abitazioni turistiche.
Ripercorrendo la qualificazione di abitazione principale
della norma dell’Ici appare chiaro come il soggetto passivo in tale fattispecie
fosse colui che avesse avuto la residenza anagrafica nel dato immobile, altra
precisazione era che l’abitazione sarebbe stata quella in cui si configurasse
la dimora abituale di contribuente e famiglia. Quindi, per l’Ici, poteva esserci
un’abitazione principale anche senza l’esistenza della residenza anagrafica.
Contrariamente nell’Imu, l’abitazione principale coincide
con quella in cui proprietario e famiglia dimorino abitualmente e risiedano
anagraficamente. Dunque non è condizione sufficiente la residenza occorre a
sostegno la dimora abituale come condicio sine qua non.
Detto ciò, la fattispecie esaminata dalla Cassazione basa la
sua analisi su elementi presuntivi, i consumi elettrici.
Tali elementi, a parere della Corte rivestono carattere di sufficiente
convincimento per ritenere superata la presunzione di residenza effettiva nel
Comune, fondata sulle risultanze anagrafiche, in quanto elemento sintomatico di
una presenza nell’abitazione oggetto d’imposizione non abituale.
Dunque, all’amministrazione viene riconosciuto il potere di
negare l’agevolazione “abitazione principale” se i consumi sono
sufficientemente bassi da condurre l’ipotesi di non essere la dimora abituale
del contribuente.
Nondimeno la sentenza riveste carattere d’importanza in
quanto individua indici presuntivi sulla sussistenza della dimora abituale
utili per rilevare i casi di occupazioni delle case turistiche. Difatti, diventano
indici di presunzione di tale “abitualità” non solo i consumi ridotti, bensì l’assenza
del medico curante e la frequenza scolastica dei figli in altro comune.
Va ricordato che sempre la Cassazione, ordinanza 8017/2017,
ha precisato che per ottenere l'agevolazione fiscale conta anche la categoria
catastale. Non spetta l'esenzione se l'immobile è inquadrato catastalmente come
ufficio o studio. La classificazione catastale dunque è decisiva e dal 2008 a tutt'oggi, sono escluse dal beneficio solo le unità
immobiliari iscritte nelle categorie catastali A1, A8 e A9 (immobili di lusso,
ville e castelli).