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14 gennaio 2019

FINE DELLO STATUS QUO DEL BLOCCO DEI TRIBUTI LOCALI: AL VIA GLI AUMENTI

I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno tempo fino al 28 febbraio 2019 per deliberare le tariffe e le aliquote dei tributi locali per l'anno 2019. Con comunicato del 26 novembre 2018, la Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'Interno ha reso noto che, con decreto del Ministro dell’Interno è stato disposto il differimento dal 31 dicembre 2018 al 28 febbraio 2019 dal termine per l’approvazione del bilancio di previsione 2019/2021 da parte degli enti locali. 

Il termine del 28 febbraio 2019 segue automaticamente lo spostamento in avanti della scadenza per l’approvazione del bilancio di previsione. 

Novità per quest’annualità è che non ci sarà un nuovo blocco delle tariffe e delle aliquote dei tributi locali, la legge di Bilancio 2019 non prevede - a differenza degli ultimi anni - limiti al potere degli enti locali di aumentare i tributi ad essi attribuiti. 

Fino al 28 febbraio 2019, quindi, Comuni, Province e Città metropolitane potranno deliberare le nuove tariffe ed aliquote dei tributi locali per l’anno 2019. 

Dunque, ci sarà almeno in via teorica un via libera agli aumenti di imposte e tasse locali e per il 2019 sarà consentito difatti innalzare il livello della pressione fiscale poiché alle amministrazioni locali non è più impedito di aumentare aliquote alle tariffe deliberate nel 2015. 

Tale blocco scadeva il 31 dicembre 2018 e non è stato prorogato così sarà possibile istituire nuovi tributi e ridurre le agevolazioni già concesse ai contribuenti, quindi lo status quo in cui permanevano le Pubbliche Amministrazioni viene definitivamente abolito. 

Pertanto, aliquote e tariffe dopo tre anni potranno essere rimodulate, sospendendo così il vincolo che ha imposto agli enti locali non solo di ritoccarle in aumento, ma anche impedito l’abolizione dei benefici fiscali già deliberati nel 2015 che comunque avrebbero inciso sul carico fiscale e avrebbero dato luogo a un innalzamento della tassazione. 

Relativamente alla maggiorazione Tasi, viene invece confermato il potere di mantenere la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille, solo però per i comuni che l’avevano istituita negli anni precedenti, 2016, 2017 e 2018 applicando la medesima aliquota, la scelta va effettuata con deliberazione del consiglio comunale.

9 gennaio 2019

COEFFICIENTI TARI 2019 INFERIORI O SUPERIORI DEL 50%?


La Legge di Bilancio 2019 ha portato numerose novità, nell’articolo in commento tratteremo la disciplina che riguarda la determinazione delle tariffe per ogni categoria omogenea, la quale determinazione si ottiene moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

Già la Legge di stabilità 2014 prevedeva che “Nelle more della revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158, al fine di semplificare l'individuazione dei coefficienti relativi alla graduazione delle tariffe il comune può prevedere, per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, l'adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b dell'allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento, e può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b del medesimo allegato 1.”

Con l'approvazione del comma 1093 della Legge di Bilancio viene modificato il comma 652 della legge di stabilità per il 2014 (articolo 1 della legge n. 147 del 2013), espressamente “1093. All’articolo 1, comma 652, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole: « e 2018 » sono sostituite dalle seguenti: « , 2018 e 2019 ».” e pertanto sarà possibile approvare i piani finanziari Tari 2019 con i coefficienti inferiori ai minimi o superiori ai massimi ivi indicati del 50 per cento.

Ricordiamo che è l’art. 1, comma 651, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a prevedere che: “Il comune nella commisurazione della tariffa tenga conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158”. 

In ordine alla determinazione della tariffa il citato dpr 158/99 dispone che la stessa è composta da: una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio e una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti.

Ma torniamo sul punto focale, ovvero che il provvedimento emanato con la Legge di Bilancio 2019 delinea gli scenari entro cui gli enti locali devono muoversi per la costruzione dei bilanci e la tenuta dei conti nell’anno 2019. Ricordiamo che operatori e amministratori dovranno approvare entro il 28 febbraio il proprio bilancio, ma anche avviare la gestione 2019.

Con l'approvazione del comma 1093 della Legge di Bilancio viene prorogata per il 2019 la modalità di commisurazione della TARI da parte dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario, ovvero in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti. (c.d. metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE). 

Difatti, in base al comma 652, il comune, in alternativa ai criteri previsti dal metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. Le tariffe, come detto in principio, per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

In base a quest’ultima norma, quindi, viene confermata la modalità di commisurazione della TARI basata su un criterio medio-ordinario e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.

La facoltà dunque che, presente da qualche anno, sembrava esaurirsi con il 31 dicembre 2017 prima e 2018 poi, con il conseguente obbligo per i comuni di rientrare nei range oppure di giustificare l’eccezione con elementi concreti connessi alla gestione del servizio viene di fatto anche per quest’anno prorogata.

8 gennaio 2019

IL RITORNO DEGLI INCENTIVI PER L'UFFICIO TRIBUTI

Con il comma 1091 della Legge di Bilancio 2019 (145/2018) si è tornati un po' indietro nel tempo, adottando una misura a favore del personale comunale.  
Difatti coloro che si occupano del contrasto all’evasione dei tributi locali potranno tornare a godere di particolari incentivi. 

La discrezionalità viene meno e una condizione che invece è richiesta all’Ente sarà l’approvazione nei termini di legge del bilancio di previsione e del rendiconto. Ciò che determina l’incentivo sarà dato invece dagli accertamenti non solo emessi bensì riscossi esclusivamente per Imu e Tari, dunque non si parlerà di incentivo qualora gli accertamenti non vengano riscossi anche se divenuti definitivi. 

E’ per questo che sarà condizione restrittiva il rendiconto, perché da questo si vedranno le risultanze dell’attività di accertamento. 

La ratio della norma sta nell'incentivo all'azione di contrasto dell’evasione collegando ovviamente l’accertamento con la riscossione. Sarà dunque rilevante il livello di riscossione evidenziata durante l’annualità anche se non dovuta all’accertamento della stessa annualità d’imposta. 

A questa lettura potrebbe avvicinarsi quella per la quale bisognerebbe limitare l’incentivo agli atti di accertamento emessi e incassati nel medesimo anno, ma sarebbe del tutto irragionevole andando così ad escludere le rateizzazioni e gli accertamenti notificati a novembre che diventano definitivi e spesso vengono incassati a gennaio dell’anno successivo. 

Dunque, quello che realmente appare importante è che avvenga la riscossione e che ci siano maggiori entrate per l’ente locale derivante da attività di accertamento svolta dall’ufficio tributi, gioca dunque ruolo decisivo anche la riscossione coattiva. 

Differenza con gli anni passati sta nelle limitazioni che ora sembrano incombere sugli incentivi per il personale comunale, che ritroviamo sia in riferimento all'ammontare complessivo sia in riferimento alle quote distribuibili ai dipendenti. 

L’ammontare massimo previsto dell’incentivo è del 5% di quanto riscosso in seguito ad accertamenti e tale importo.

Le risorse destinate al personale dovranno essere considerate al lordo degli oneri riflessi e dell'Irap a carico del Comune. L'importo erogabile al singolo dipendente non potrà superare il 15% del trattamento tabellare annuo lordo individuale.

Inoltre la destinazione dell'incentivo non sarà limitata ai soli dipendenti che si occupano di Imu e Tari bensì ne potranno usufruirne tutti i dipendenti del settore entrate

Tutto sembra orientarsi sempre di più al principio delle performance e di premialità che, come nel privato cerca di incentivare e esortare le proprie risorse all'ottimizzazione del lavoro così da renderlo il più efficiente ed efficace possibile. 

Infine, si ricorda che tale disposizione non si applica qualora il servizio di accertamento sia affidato in concessione.

7 gennaio 2019

SIMULATORE GRATUITO DEI FABBISOGNI STANDARD TARI

I fabbisogni standard esprimono il peso specifico di ogni Ente Locale in termini di fabbisogno finanziario, sono stati calcolati con riferimento a ogni servizio e successivamente aggregati in un unico indicatore. Il fabbisogno standard complessivo di ogni Ente, quindi, non corrisponde a un valore in euro bensì è un coefficiente di riparto. Secondo i principi della legge n. 42/2009 il fabbisogno standard costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica. I fabbisogni standard, quindi, rappresentano i nuovi parametri cui agganciare il finanziamento delle spese fondamentali degli enti locali, per assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica.


La determinazione dei fabbisogni standard punta a promuovere un uso più efficiente delle risorse pubbliche e passa attraverso il D.Lgs. 216/2010, pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 294 del 17/12/2010, recante disposizioni in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, Città metropolitane e province. In attuazione della Legge Delega 5 maggio 2009, n. 42 e in stretto riferimento alla determinazione dei fabbisogni standard.

Si ricorda che i fabbisogni standard entrano in gioco in relazione alla tassa rifiuti ai sensi dell’art. 1, commi 639 e segg. della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Il comma 653 dispone, infatti, che “a partire dal 2016, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”.

La legge del 28 dicembre 2015, n. 208 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (c. d. legge di stabilità 2016), art. 1, c. 27, ha rinviato al 2018 il termine entro il quale i Comuni nel determinare i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti devono avvalersi dei fabbisogni standard. L’articolo in parola ha modificato l’art. 1 della legge di stabilità 2014, prevedendo: “a) al comma 652, terzo periodo, le parole: “per gli anni 2014 e 2015” sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017”; b) al comma 653, la parola: “2016” è sostituita -dalla seguente: “2018”.

La legge di bilancio 2018, poi, non ha prorogato l’entrata in vigore della disposizione e il Dipartimento delle Finanze ha, quindi, redatto le “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell'art. 1 della Legge n. 147 del 2013” l’8 febbraio 2018, ove si esplicita che “i fabbisogni standard del servizio rifiuti possono rappresentare solo un paradigma di confronto per permettere all'ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio rifiuti”.

La disposizione presenta tuttavia alcune difficoltà interpretative. Una prima lettura della norma, di natura restrittiva, potrebbe far ritenere che i comuni, nell'approvare i piani finanziari predisposti dai gestori, debbano considerare dei costi non superiori al fabbisogno standard del servizio rifiuti. Una tale interpretazione desta immediate perplessità. In primo luogo in quanto il principio cardine del sistema è la copertura integrale dei costi del servizio, come evidenziato dal comma 653 dell'articolo 1 della legge 147/2013. Ritenere che il piano finanziario non possa contenere costi in misura superiore al fabbisogno standard vorrebbe dire legittimare l'approvazione di tariffe che non coprono integralmente i costi effettivi che l'ente deve comunque sopportare, perché ricordiamo che le tariffe devono essere determinate con lo scopo di coprire integralmente i costi di gestione del servizio dello smaltimento dei rifiuti.

Peraltro, una simile interpretazione, in presenza di costi effettivi che difficilmente nel breve periodo possono ridursi al livello del fabbisogno standard, determinerebbe delle pericolose scoperture gravanti sui conti dei comuni. Potrebbe però anche verificarsi il caso del fabbisogno standard superiore al costo effettivo. In tale ipotesi, comunque, l'ente non potrebbe senz'altro caricare il piano finanziario di costi superiori a quelli realmente sostenuti.

Tuttavia non si può non rilevare come la disposizione, in effetti, non imponga di quantificare i costi inseriti nel piano finanziario in misura pari ai fabbisogni standard, ma solo di "tenere conto anche” delle loro risultanze nella quantificazione dei costi. Da qui nasce il dubbio.

Cosa vuol dire tenere conto “anche” dei fabbisogni?

Nell'atto che approva il piano finanziario e comunque nella relazione che deve accompagnare lo stesso va evidenziata la valutazione che si è fatta in merito all'incidenza del fabbisogno standard sul piano finanziario ed al suo rapporto con i costi effettivi, da un punto di vista sostanziale, al fine di realizzare un raffronto tra i costi effettivi riportati nel piano finanziario ed il fabbisogno standard è necessario quindi analizzare quali siano realmente le componenti di costo considerate nella costruzione del costo standard.

Pertanto, al fine di tenere conto dei fabbisogni nella costruzione del piano, l'ente potrebbe evidenziare come il dato del fabbisogno standard trovi corrispondenza solo con alcune voci del costo effettivo inserito nel piano finanziario. In sostanza, la presenza di un piano finanziario complessivamente superiore al dato del fabbisogno non necessariamente è indicativa del mancato rispetto della previsione normativa, laddove l'ente evidenzi l'assenza della coincidenza delle voci di costo riportate nel piano con quelle considerate invece nella costruzione del fabbisogno standard. Pertanto, in aiuto ai Funzionari dei tributi il portale http://www.fabbisognitari.it consente di calcolare il fabbisogno standard del proprio Ente semplicemente inserendo la quantità di rifiuti stimata per l'anno di riferimento (in assenza del dato, è sempre rilevabile il dato consuntivo nel MUD redatto dal settore ambiente) e la forma di gestione (diretta, consorzio, etc)  per ottenere il dato del fabbisogni standard in linea alla nota di approfondimento IFEL e Linee Guida MEF del 08/02/2018.

Questo documento diverrà un allegato alla delibera di approvazione del Piano Finanziario, nella quale delibera si darà atto che:

  • Il comma 653, con cui si dispone che a decorrere dall’anno 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard;
  • Viste le “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653, dell’art. 1, della Legge n. 147 del 2013” pubblicate in data 8 febbraio u.s. dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;
  • Verificato che il valore medio di riferimento, calcolato a livello nazionale, per la gestione di una tonnellata di rifiuti è stimato pari a € 294,64;
  • Rilevato che utilizzando l’allegato 2 “modalità di calcolo delle risultanze dei fabbisogni standard” proposto dalle linee guida interpretative del Ministero dell’Economia il costo unitario del Comune per la gestione di una tonnellata di rifiuti è pari a_____________________ per un costo standard complessivo pari a € ________________________-; 
  • Evidenziato che il costo complessivo del PEF (al netto dei costi amministrativi dell'accertamento, della riscossione e del contenzioso - CARC) pari a €________________ è risultato (inferiore o superiore a seconda del calcolo) al costo standard complessivo di cui sopra; 

DETERMINA 


  • Di dare atto che il costo complessivo del PEF (al netto dei costi amministrativi dell'accertamento, della riscossione e del contenzioso - CARC) è pari a ______________________ rispetto al costo standard di ___________________, calcolato a livello nazionale con le linee guida del MEF 8/2/2018 in € _____________________.




Con la tanto attesa Legge di bilancio 2019 non vi è stato alcun cambiamento rispetto al 2018, dunque, per l'anno 2019 i comuni devono avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi relativi al servizio di smaltimento dei rifiuti.

Ciò comporta pertanto una notevole restrizione nei confronti dei comuni e in generale degli enti locali e fa si che questi siano sempre più orientati verso una visione di una tariffa puntuale dei rifiuti, la quale nella determinazione dei costi relativi al servizio dello smaltimento dei rifiuti non tenga in considerazione dei fabbisogni standard.
 
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