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26 settembre 2018

AFFIDAMENTI DIRETTI: DETERMINA A CONTRARRE ANCHE SENZA MOTIVAZIONE


Con l’introduzione del nuovo Codice dei contratti, si assiste alla sostanziale sparizione delle procedure in economica, le quali (per meglio dire) sono state fuse ed incorporate nelle procedure sotto soglia di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016.

Nell’art. 36, il legislatore ha precisato che l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 (221.000 euro) devono avvenire nel rispetto dei principi di cui all’art. 30, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016 (ovvero: economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità) nonché nel rispetto del principio di rotazione e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese.

Appare evidente, quindi, che i suddetti appalti si pongono al di fuori dall’obbligo tassativo del rispetto delle norme del Codice dei contratti, dovendone comunque rispettare i principi generali.
La particolare formulazione del periodo introdotto nell’art. 36, sorretto dal verbo “possono”, fa comprendere che nelle procedure sotto soglia non sia stato introdotto un obbligo, ma una mera facoltà, a differenza delle restanti procedure d’appalto, per le quali il vincolo appare evidente a causa della mancanza di una equivalente formulazione rispetto al periodo innestato nel comma 1 dell’art. 36. Il comma 2 dell’art. 36 fa preliminarmente salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie. In altri termini il legislatore invita le stazioni appaltanti a far uso delle procedure ordinarie, ovvero procedure aperte o ristrette, e solo in via subordinata a far uso delle procedure sotto soglia.
Il comma 2 dell’art. 36 dispone anche che fermo restando quanto previsto dagli articoli 37 e 38, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35, secondo le seguenti modalità:

a) per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici;
b) per affidamenti di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore alle soglie di cui all’art. 35, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno cinque operatori economici per i lavori, e, per i servizi e le forniture individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione, degli inviti.

Scompare dal testo dell’art. 36 l’obbligo di motivare la scelta dell’operatore economico al quale affidare gli appalti infra 40.000 euro (la precedente formulazione del Codice dei contratti era infatti la seguente: “Per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, mediante affidamento diretto, adeguatamente motivato”).

Il comma 2, ultimo periodo dell’art. 32 del Codice, come riveduto dal “Decreto correttivo”, dispone che “Nella procedura di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico professionali, ove richiesti”.

A sostegno di quanto sopra il Tar Molise, con sentenza 533/2018 statuisce che l’affidamento diretto entro i 40.000 euro integra una procedura ultra semplificata in cui, vista la previsione e la scelta legislativa, la speditezza dell’acquisizione prevale sul rigore formalistico classico della procedura a evidenza pubblica, con la conseguenza di rendere non necessaria un’adeguata motivazione.
L’approccio verso la fattispecie di detto affidamento è sempre meno rigido tanto che non è più richiesto neanche il confronto tra i preventivi, questo quanto stabilito dalle modifiche apportate dal decreto legislativo correttivo del codice. Lo stesso Consiglio di Stato, ha sottolineato che il disegno normativo dell’articolo 36 appare esaustivo e autosufficiente e che non necessita di altri atti e che i principi generali non contengono particolari limitazioni.

Pertanto l’affidamento diretto, attraverso la procedura negoziata senza bando non richiede motivazione adeguata specifica.

4 settembre 2018

PROPRIETA' O CONTROLLO DEI DATI TRIBUTARI? IL GDPR FA CHIAREZZA


Un’importante spunto di riflessione dopo tutto il clamore degli ultimi mesi dall’uscita del nuovo regolamento Europeo sul trattamento dei dati personali e sui diritti  garantiti dal Gdpr è tra ciò che viene per l’appunto garantito da questa figura e l’ordinario espletamento delle attività degli enti pubblici nell’acquisizione quotidiana delle banche dati tributarie necessarie appunto alla gestione delle attività riconducibili alle esigenze degli uffici.

Accenniamo brevemente che a decorrere dal 25 maggio 2018, entra in attuazione in tutta l’Unione Europea il Regolamento generale per la tutela dei dati personali (Gdpr).

Il Regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679 (General Data Protection Regulation o GDPR) è la normativa europea in materia di protezione dei dati. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea il 4 maggio 2016, è entrato in  vigore il 24 maggio 2016, ma la sua attuazione è avvenuta a distanza di due anni, quindi come detto sopra dal 25 maggio 2018.

Trattandosi di un regolamento, non necessita di recepimento da parte degli Stati dell'Unione ed è stato attuato allo stesso modo in tutti gli Stati dell'Unione senza margini di libertà nell'adattamento. Il suo scopo è, infatti, la definitiva armonizzazione della regolamentazione in materia di protezione dei dati personali all'interno dell'Unione europea.

Col regolamento europeo si passa da una visione proprietaria del dato, in base alla quale non lo si può trattare senza consenso, ad una visione di controllo del dato, che favorisce la libera circolazione dello stesso rafforzando nel contempo i diritti dell'interessato, il quale deve poter sapere se i dati sono usati e come vengono usati per tutelare lui e l'intera collettività dai rischi insiti nel trattamento dei dati.

Da qui, l'esigenza dell'ente pubblico di acquisire e gestire i dati necessari alla sua attività e del destinatario del trattamento di vedersi garantiti i diritti riconosciuti dal Gdpr. Se da un lato, infatti, è scontato che l'ente pubblico nell'esercizio della sua attività impositiva è sollevato dal rispetto di alcuni obblighi in ragione della finalità del trattamento effettuato, dall'altro non sempre lo stesso tratta i dati acquisiti con la dovuta cautela e assicura, anche al suo interno, la corretta gestione dei dati.

Ricordando l’evoluzione del pensiero tra proprietà del dato e controllo del dato, sottolineiamo come l'ente è tenuto a fornire al contribuente le informazioni significative che contengano la logica utilizzata e illustrino le conseguenze per l'interessato del trattamento, oltre alla necessità di acquisire il suo consenso esplicito, nei casi previsti. Dunque, l'esatta conoscenza delle modalità di esecuzione delle attività rappresenta l’ottemperanza al nuovo dettato normativo, ovvero la libertà di utilizzo del dato tanto che questo sia tracciabile.

Vista la nuova disciplina ciò che invece è divenuto indispensabile e sostanziale è l’acquisizione da parte dei responsabili degli uffici finanziari, della specifica autorizzazione del titolare del trattamento ai fini dell'applicazione della normativa (del sindaco) o dal responsabile per effettuare le operazioni di trattamento sui dati cui quotidianamente assolvono o ancor di più su quali basi sono gestiti gli affidamenti di attività di trattamento a soggetti terzi.

Nell'ambito della gestione del trasferimento del successivo trattamento dei dati a opera di soggetti terzi è opportuno effettuare una distinzione sostanziale tra attività svolte in concessione e attività svolte a supporto. Dal momento che non di rado si assiste ad affidamenti a supporto effettuati a soggetti iscritti all'albo dei riscossori, la distinzione non deve essere effettuata tanto sulla base della qualitas del soggetto che svolge la prestazione, quanto piuttosto sulla base del rapporto contrattuale instaurato.

Nel caso di una concessione avremo, infatti, la traslazione del potere impositivo sul soggetto affidatario che diventerà in forza del contratto sottoscritto anche responsabile del trattamento e, quindi, dovrà applicare le disposizioni concernenti la privacy come l'ente pubblico.
Nel caso in cui, invece, le attività siano svolte a supporto, sarà necessario ricostruire tutto l’iter per arrivare alla nomina del soggetto che effettua il trattamento come responsabile.
Nel caso in cui il trattamento sia effettuato non in concessione occorrerà, quindi, che il soggetto che opera il trattamento riceva l'autorizzazione a svolgerlo sulla base della nomina come responsabile del trattamento.

Diversamente il soggetto privato diverrebbe titolare di un autonomo trattamento senza avere acquisito la prescritta autorizzazione dall'interessato. A tal fine il nuovo regolamento impone che la designazione quale responsabile debba avvenire mediante contratto.
 
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