Il Titolo I del Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n.
156 ha revisionato la disciplina degli interpelli in materia tributaria, si
tratta di un intervento che incide anche sull’attività precontenziosa degli
enti locali, il Ministero delle Finanze (con risoluzione n. 1/DPF del 29 gennaio
2002) aveva già avuto modo di precisare che la competenza a pronunciarsi
riguardo alle istanze d’interpello concernenti l’applicazione di fiscalità
locale spetta esclusivamente a Regioni, Province e Comuni. La legittimazione, i
presupposti ed il contenuto previsti per l’istanza d’interpello, l’attività
istruttoria dei Comuni ed il coordinamento con l'attività di accertamento e
contenzioso e l’obbligo per gli Enti locali di adeguare statuti e regolamenti.
Con la legge 11 marzo 2014 n. 23 (pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale Serie Generale n. 59 del 12 marzo 2014), il Parlamento aveva delegato
il Governo ad approvare, entro dodici mesi, decreti legislativi recanti la
revisione del sistema fiscale. La delega prevedeva azioni di normazione in
materia di revisione del catasto, di lotta all’evasione, di abuso del diritto
ed elusione fiscale, di semplificazioni, di sanzioni, di controlli, di
tassazione ed internazionalizzazione dei redditi d’impresa, di giochi, di
fiscalità ambientale, di Iva ed altre imposte indirette, di riscossione e di
contenzioso.
Nell’attuazione della delega con il D.Lgs. n. 156/2015, vi
sono diversi altri cambiamenti normativi, d’interesse degli enti locali, che
riguardano, direttamente o indirettamente, il processo tributario (la più
importante è, probabilmente, quella della mediazione
tributaria). Una delle innovazioni legislative di maggiore interesse per
gli Enti locali, riguardanti la gestione delle entrate tributarie e la fase del
precontenzioso, è la riforma dell’istituto dell’interpello, quale misura
indirettamente deflattiva delle controversie tributarie e, soprattutto,
finalizzata ad una corretta collaborazione tra contribuente e soggetto
impositore.
Grazie all’interpello, infatti, i cittadini-contribuenti
sono posti nelle condizioni di conoscere preventivamente gli orientamenti degli
Uffici. Gli Enti locali hanno avuto tempo fino al giugno 2016 per adeguare i propri statuti e gli atti normativi
da essi emanati ai principi dettati dalla riforma dell’istituto
dell’interpello. Qualora non lo avessero ancora fatto, devono provvedervi con
urgenza.
La presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze
previste dalla disciplina tributaria e, quindi, non sospende i termini per la presentazione del ricorso. La
risposta dell'amministrazione finanziaria, scritta
e motivata, è, però, vincolante anche
se con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'interpello, e
limitatamente al richiedente. Qualora
essa non pervenga al contribuente entro il termine previsto, s’intende che
l'amministrazione concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato
dal richiedente.
Qualsiasi atto, anche
a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta,
anche se desunta, è nullo.
Limitatamente alla questione oggetto della domanda
d’interpello, non possono essere irrogate sanzioni nei confronti del
contribuente che non abbia ricevuto risposta dall'amministrazione finanziaria
entro il termine previsto.
Quando l'istanza d’interpello concerne l'applicazione di
disposizioni normative dettate in materia di tributi locali, la competenza a
decidere riguardo a tale tipologia di domanda è attribuita esclusivamente all'Ente
locale, poiché titolare della potestà d’imposizione, nella quale è compreso
l'esercizio dei poteri di accertamento del tributo. L’Ente locale, quindi, è
l'unico soggetto che è giuridicamente
vincolato ad eseguire quanto ha espressamente affermato in una risposta scritta
o quanto implicitamente ha accettato attraverso il silenzio protrattosi oltre
il termine di legge, dalla presentazione dell'istanza.
L'Ente locale non potrà emettere, se non a pena di nullità, atti a contenuto impositivo o
sanzionatorio in difformità della risposta fornita, ovvero dell'interpretazione
sulla quale si è formato il silenzio assenso.
Dunque come si è detto, il Comune deve offrire al
contribuente una risposta, scritta e
motivata, in cui esterna la propria interpretazione della norma ed alla
quale rimane vincolato, con esclusivo riferimento alla questione
oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente. Il fatto che il
vincolo all’interpretazione valga limitatamente al richiedente non esonera
l’Ente dai suoi doveri di imparzialità e trasparenza. Non è, quindi,
ammissibile che, rispetto a fattispecie analoghe, il Comune dia risposte
differenti, senza che siano subentrati fatti nuovi.
Se la risposta non è comunicata al contribuente entro il
termine previsto, il silenzio equivale a
condivisione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche
a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o
tacita, sono nulli. Tal efficacia si
estende ai comportamenti successivi del contribuente, salvo rettifica della
soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza
esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante.
L’istanza
d’interpello deve contenere:
- i dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo
legale rappresentante, compreso il codice fiscale;
- l'indicazione della fattispecie di interpello;
- la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
- le specifiche disposizioni di cui si richiede
l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione;
- l'esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione
proposta;
- l'indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici
dell'istante o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere
effettuate le comunicazioni dell'amministrazione e deve essere comunicata la
risposta;
- la sottoscrizione dell'istante o del suo legale
rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato.
All'istanza di interpello dev’essere allegata copia della
documentazione, non in possesso dell'amministrazione procedente o di altre
amministrazioni pubbliche indicate dall'istante, rilevante ai fini della
risposta.
Nei casi in cui le istanze siano carenti di alcuni requisiti
(ad esclusione dei dati identificativi dell’istante o di una circostanziata e
specifica descrizione della fattispecie, essendo questi requisiti necessari a
pena d’inammissibilità dell’interpello), l'Amministrazione invita il
contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di trenta giorni. I
termini per la risposta iniziano a decorrere dal giorno in cui tale regolarizzazione
è stata effettuata.
L'istanza
d’interpello dev’essere presentata prima della scadenza dei termini previsti
dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di
altri obblighi tributari
Bisogna però tenere a mente che il provvedimento di rigetto emesso da un ente impositore a seguito di
un’istanza del contribuente non
rappresenta un atto autonomamente impugnabile dinanzi alle commissioni
tributarie.
Tale assunto è rintracciabile nella dottrina e nella giurisprudenza,
in quanto, le previsioni del Dlgs 156/2015 sembrano convalidare, nella
sostanza, la tesi da sempre portata avanti dal Fisco, secondo cui la risposta
all’interpello non è impugnabile in quanto
non è manifestazione di una specifica pretesa tributaria, ma rappresenta
piuttosto un atto endoprocedimentale,
e pertanto non vincolante per il contribuente, che può scegliere se adottare o
meno comportamenti uniformi alle indicazioni in esso contenute.
Il diniego espresso in relazione a istanze disapplicative non lede, infatti, diritti per i quali è necessario ammettere una tutela giurisdizionale;
quest’ultima deve, quindi, essere prevista solo in relazione agli eventuali avvisi
di accertamento.