Le sanzioni tributarie trovano spesso l’abbattimento con l’invocazione
dell’applicazione dell’articolo 10 dello statuto del contribuente. In questi
casi l’azione dell’ente impositore è vincolata all'indisponibilità della
pretesa tributaria prevista dalle norme costituzionali.
La Cassazione in più occasioni ha dichiarato non dovute le
sanzioni tributarie irrogate in situazioni di incertezza normativa oggettiva
caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza, al termine di
un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica
applicabile al caso di specie.
L’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento
nell'ignoranza giustificata, ma nell'impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza,
di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica
tributaria.
Tale incertezza viene addirittura disciplinata con la
Cassazione 18405 del 12 luglio 2018, nella quale si redige una sorta di
decalogo per identificare l'incertezza normativa che salva il contribuente dal
pagamento delle sanzioni. Fra i parametri individuati dagli Ermellini, la poca
chiarezza delle norme, giurisprudenza e prassi contrastanti. Ma non basta.
Perfino posizioni eterogenee in dottrina possono fungere da esimente.
La stessa Corte di Cassazione attribuisce al giudice la valutazione dell’obiettiva incertezza della norma, sent. Cass. 13076 del 24 giugno 2015, n. 11677 del 11 maggio 2017 e n. 3194 del 9 maggio 2018, l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal DLgs 472 del 1997 art.6 che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione.
Per la prima volta il Supremo collegio individua dei
concetti per lungo tempo rimasti magmatici e confusi. In sentenza si legge
infatti che l'essenza del fenomeno dell'incertezza normativa oggettiva si può
rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare
e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di
esempio e, quindi, non esaustivamente in dieci regole fondamentale: la prima,
la difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al
difetto di esplicite previsioni di legge (è senz'altro il caso più diffuso e
più facile per il contribuente da provare); la seconda, la difficoltà di
confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; la terza, la
difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa
individuata; la quarta, la mancanza di informazioni amministrative o nella loro
contraddittorietà; la quinta, la mancanza di una prassi amministrativa o
nell'adozione di prassi amministrative contrastanti; la sesta, la mancanza di
precedenti giurisprudenziali; la settima, la formazione di orientamenti
giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da
parte dei giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte
costituzionale; l'ottava, il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento
giurisprudenziale; la nona, il contrasto tra opinioni dottrinali; la decima,
l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di
norma implicita preesistente.
In questa motivazione la Cassazione, prima di arrivare a
queste regole più chiare e definite e che tracciano una strada più sicura per
chiedere l'esenzione dalle sanzioni, aveva ricordato che per “incertezza
normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica
oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i
formanti del diritto, tra cui in primo luogo, la produzione normativa, e che è
caratterizzata dall'impossibilità, esistente in sé e accertata dal giudice,
d'individuare con sicurezza e univocamente, al termine di un procedimento
interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale
effettuare la sussunzione di un caso di specie.
Ricordiamo che, In base all' art. 10 dello Statuto ("Tutela
dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente") i rapporti
tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio
della collaborazione e della buona fede.
Recependo i principi espressi nell'articolo 97 della
Costituzione in tema di buon andamento e imparzialità della pubblica
amministrazione, lo Statuto consente di includere tra le garanzie riconosciute
al contribuente anche quella che impone di valutare la sua buona fede
nell'adempimento dell'obbligazione tributaria. In particolare, un comportamento
conforme alle indicazioni fornite dall'amministrazione finanziaria, quand'anche
successivamente modificate dalla stessa, non può essere sanzionato in ossequio proprio
al principio di buona fede e collaborazione.